domenica 11 maggio 2008

GLI ANTICONFORMISTI DI ORIGINE STATALE - racconto di Marco Aru





























GLI ANTICONFORMISTI DI ORIGINE STATALE
pensieri e aneddoti di un maschilista moderno


“Il Cristianesimo è come un lungo treno, la cui lo-


comotiva è l’eternità. Per secoli questa locomotiva


ha trainato il Cristianesimo, ma negli ultimi anni la


locomotiva è stata accantonata e il guidatore è di-


ventato il Capo Cuoco. L’ unica cosa che sa dirci è


ciò che mangeremo domani a pranzo”.
KIERKEGAARD

LA MIA VITA CON LEI

I.

Non me lo spiegavo. Cercavo, cercavo freneticamente nella mia libreria. Qualcuno doveva aver spostato di qualche grado l'angolo di concezione delle cose, perché improvvisamente non mi ci raccapezzavo più. Eppure ero ancora io, l'Aristide, ma non trovavo più il mio “Muro” di Sartre e, dopo aver guardato meglio, mi accorsi che anche “Forte come la Morte” di Guy de Maupassant aveva traslocato.
Niente di così grave, eh? Solo piccoli luoghi comuni che evadono. Ma per uno come me, abituati come pochi all'abitudine, queste inezie sono l'autentico corollario della vita, e perderle significa “perdersi” e doversi ritrovare.
- Questa è Laura. - dissi ad alta voce, per far sentire, a mia moglie che era in cucina, le mie lamentele.
Laura è mia nipote. Ha ventitré anni e fa l'Università. Altro modo per arginare la dilagante disoccupazione. Quando viene a casa nostra, mia moglie, Dora Bertini in Pieroni, la fa accomoda-re. Ogni volta qualcosa va fuori posto. Può trattarsi di un vaso, della mia collezione di compact disc di musica classica, o di una video cassetta, ma inevitabilmente la confusione fa irruzione nella mia vita. E qualcosa sparisce. Queste era stata la volta di un paio di libri.
- Non te la prendere, - dice mia moglie dalla cucina - li riporterà.
Li riporterà, li riporterà! Ma sono miei! Uno me lo ha regalato Daniele Goldoni quando sono andato in pensione! Ci tengo alla mia roba io! Se non hai la supervisione, il controllo sulle tue cose, poi, piano piano, inizi a perdere tutto!
Incredibile. Cinquantotto anni a rimettere le cose al loro posto. Non c'è molto da divertirsi, ve lo assicuro. Una volta, per lo meno, si trattava di rimettere a posto questioni lacere o lasciate in sospeso! Oggi non mi resta che da risistemare i libri. Sulla mensola. Diritti. Ben allineati. Dopo aver vinto la tentazione di catalogarli seguendo l'alfabeto, li ho messi a posto secondo i periodi letterari. Sapete com'è, Petrarca e Pennac non hanno molto in comune. Ecco, sì, Proust con Proust, Gide con Gide, Malaparte con Malaparte, Irvine Welsh con............….
Irvine Welsh però non mi piace. E' uno di quelli che credono di essere originali se usano il turpiloquio. E' troppo di questi tempi, su! Di quelli che scrivono “pompino” invece che “rapporto orale”. Imparate da Moravia, stupidi! Lui scriveva sempre “rapporto orale”! E' per questo che i suoi libri si leggono una volta sola e poi finiscono a far da zeppe ai mobili. L'unico equilibrio che riescono a mantenere.
Proust non scriveva nulla, né “inculare” né “sodomizzare”. Ti faceva decidere a te. E infatti è ri-masto. Uno che usa il turpiloquio elegantemente è Aldo Busi, insieme a McEwan una delle poche ragioni per entrare in una libreria oggi e recarsi al banco delle nuove uscite. Le sue “parolacce” sono spontanee mica studiate. Si vede che se ne capisce. Irvine Welsh invece...................Non so se tenerlo lì o regalarlo a mia nipote. Almeno servirebbe a qualcosa. Irvine Welsh intendo, non Laura, eh? Per quanto anche la Tamaro....................
Mi hanno detto che fa arti marziali. Ecco, queste cose mi sfuggono. Come fa uno scrittore ad avere un debole per le faccende manesche? Bukowski era un rissaiolo ma perché beveva. Ogni volta che leggo la “Susanna” mi sembra di trovarmi davanti ad una di quelle femministe che fan-no le giornaliste, e che, sulle loro inutili riviste contraffattrici di realtà, quelle che regalano i quo-tidiani e che sono solo il modo per scaricare gli avanzi pubblicitari, berciano oziosamente di “di-ritti delle donne”. Una sorta di Dacia Maraini. Meno saccente forse. No poverina, la lascio lì. Ha già il suo daffare per combattere contro critici prezzolati che le danno addosso solo per com-piacere i loro “padroncini”. Qualche tempo fa è stata denunciata per plagio perché in un suo libro ha scritto “sepolcri imbiancati”. Quando l’ho letto ho creduto che il querelante fosse Gesù.
E Umberto Eco? Mah! Hanno più zeri i suoi “diritti” del debito pubblico nazionale. C'è gente in giro che dice che scrive bene. Certo Proust è un'altra cosa, eh? E Joyce allora? Beh, ma non ho letto molto di lui, giusto “Ulisse” e “Gente di Dublino”. Non importa. La goduria della Lettera-tura è tutta in ciò che non si è letto. Non si trae così tanto godimento come da quei libri di cui si sente tanto parlare in giro e che ognuno di noi cita senza aver mai aperto. L'altro giorno parlavo col Maurino, il mio vicino di casa, e per fare il saccente citavo continuamente “Bloom”. Dopo un po' mi fa:
- No, a me piace più Zagor del Comandante Mark.
Dice di essere appassionato di Letteratura. Mah! Eh sì, bisogna esser preparati per fare i vanitosi. E i Liala allora? Uno dovrebbe leggerli in spiaggia, sotto l'ombrellone, con l'aria d'essere un intellettuale. Finito, subito un Harmony. Più leggero, che da il senso appropriato del “di-simpegnato”. Ormai siamo tutti disimpegnati.
Cos'è caduto? Ah, niente, un Kafka. “La metamorfosi”. Questa poi.............. Mi fanno pietà quegli “anticonformisti di origine statale” che per essere originali asseriscono che la “Metamorfosi” sia un libro comico. Ma dai! Fosse quella di Ovidio potrei ancora capirlo, ma Kafka! Un recluso in libertà vigilata! Surreale, grottesco, fantastico può essere, ma comico proprio! Il grottesco è grottesco, non comico!
Chissà quale stravaganza ci può essere a perdersi il processo ontogenetico di uno che si trasforma in.........………..
Io non lo posso sapere, l'ho già letto. Peccato. Ma in cosa si trasforma poi? Se fosse in insetto tutto rientrerebbe nella norma e nei parametri immaginari del “convenzionale”, potrebbe vestirsi da donna e andare da Costanzo, oppure avremmo almeno la possibilità di vederlo a “Quark”! Che ridere. Che ridere? Che piangere semmai! Non ho mai letto niente di più triste. Una creatura normale, amato dai suoi simili, che una mattina si ritrova, viscido e schifoso, ad essere evitato da tutti, solo una futura preda per battipanni e scope. Ma è mia nipote! Laura! Sai che bello trovarsela fra le pagine? Tuc. Una bicellata. O, meglio ancora, paf! Primo Capitolo finito. Sì, usarla come “segnalibro”.
No, poverina, lei non c'entra. E' mia figlia, sua madre, che l'ha educata così. Mia figlia e quel-l'energumeno di suo marito, Francesco, mio genero. Esponente combattivo e indisponente del “nuovo che avanza”. Praticamente parte del resto. Non si muove di un passo se non ha l'an-tennina del cellulare ficcata su per il culo.
Ah! Giovani d'oggi! Non c'è niente da fare, irrecuperabili.
In Sardegna vanno sulla Costa Smeralda ad osservare i cosiddetti “Vips” che fanno la bella vita. Ci sono padroni di ristoranti e discoteche che pagano troie catodiche e mariti cornuti perché così sanno che i miserabili andranno nei loro locali a riempirsi gli occhi con quelle figure, a succhiare gli umori che gocciolano dai loro vestiti, ad annusare le scie lasciate da profumi esotici e da Mer-cedes catalizzate.
Ah, che invidia! Ah, che imbecilli. Che poi quelli che ci vanno non sono veri e propri artisti, gli artisti veri sono un'altra cosa, non si sprecano così. Pare proprio che Cortina e Porto Cervo in alta stagione siano frequentate solo da idioti. E loro li invidiano.
Quando ero giovane io il massimo era il pallone di cuoio o la ragazzina. Sì, insidiare lo stato verginale delle sedicenni. Oggi lo stato verginale devi insediarlo a tredicianni, dopo è tardi. Colpa delle madri rincoglionite che guardano la Tv e comprano il Tanga alle loro bambine undicenni e le fanno tatuare sulle tettine. Le italiane sono le donne meno raccomandabili per il matrimonio, perché sono le più vanitose, le più ignoranti, le più attaccate ai soldi e le più puttane. Fate la prova. Andate in Francia e chiedete a una diciottenne la storia della sua nazione. In Italia sette su dieci non la sanno. L'unica cosa che sanno fare è muovere il culo in discoteca o come riconoscere il miserabile dal danaroso.
Ai miei tempi era tutto diverso. Le cose di gran moda erano altre. L'ossobuco al Ristorante, per esempio. Oggi lo usano per tirar su tramezze. Il “nuovo che avanza”. Avanza anche l'ossobuco! E noi lo spediamo a quelli del terzo Mondo. Loro non fanno mai avanzare niente. Così muoiono come si deve. Decorosamente. In occidente ormai hanno la faccia di merda anche i cadaveri. Con le loro auto. Ai trecento orari contro i paracarri. Voglio vederli quando finirà la benzina..….…...
Mio genero. Francesco, si chiama. Bravo ragazzo, ma troppo moderno. Moderno, sì, soprattutto quando lava l'automobile. Dovreste vederlo. Chiavasse sua moglie come chiava l'auto il suo sarebbe un matrimonio perfetto. E come l'asciuga! SSSSSSSH! Con la pelle di daino. Eh sì, ci vuole la pelle di daino per essere moderni e stare al passo coi tempi. E io, stupido, che ho sempre creduto che il daino fosse un animale! Sono proprio a digiuno di cose moderne, è meglio ammetterselo. La colpa è di “Quark” eh?! Uno guarda quel programma e crede che quelle cose lì siano vere.
Pieno di pupazzetti, mio genero. Pupazzetti d'appendere dietro l'auto, di quelli che quando sei in coda ti fanno le beffe. Poi succedono i tamponamenti. Certo, è il minimo.
Quello che dell'auto non ho mai capito è il “parafango”. Cosa “para” che non “para” mai niente! Vai, in una stradina di campagna, e poi guardatelo il “parafango”! Tutto sporco di fango! Salvasse almeno i vetri! Macché! Neanche quelli! E poi ti tocca lavarli. E asciugarli. Con la pelle di daino.
Mio genero. Ora mi sta mettendo in croce per i documenti, la Carta d'Identità. Da quando quella stronza di mia moglie gli ha detto che l'ho persa mi si è attaccato al culo come una mignatta. Dice che la devo rifare urgentemente, perché i documenti sono importanti, sono la tua vita. Ma vaffanculo! La mia vita! Con la Carta d'Identità che ho perso mi ci sono sposato! Quarantanni fa! Neanche quando ho fatto domanda alle Poste me l'hanno chiesta. Allora avevo il Passaporto.
Ah! Viaggiare! No, io preferisco i libri. Si sporca un Cèline? Poco male. Lo fai viaggiare. Fino al termine della notte. Alla discarica. E lo ricompri. Vogliamo paragonare i viaggi che si fanno in auto a quelli che si fanno coi libri? Neanche a parlarne dai! “On the road”. Ventottomila lire per girare tutta l'America. Col tascabile dodicimila e cinque-cento. Poi scopri che gli americani ti erano più per simpatici prima di leggere il libro di Jack Kerouac. Ah, la Letteratura!
Ricordo che qualche anno fa mia nipote mi chiese se “Sodoma e Gomorra” di Proust era un libro di religione. Che ridere. Però anch'io, una volta, credevo che “La Pelle” di Curzio Malaparte fosse un testo di dermatologia per laureandi. Che rabbia a ripensarci.
In fondo però sono stato sfortunato. Come Georg Solti. Il più grande musicista di questo secolo è morto fra Lady Diana e Madre Teresa di Calcutta, così oggi nessuno lo ricorda più. Bisogna avere la sorte dalla propria anche quando si muore. Un gesto avventato e nessuno sa più chi eri, se sei mai esistito.
Io, fin da piccolo, ho sempre schifato la scuola, e ha iniziato ad affascinarmi proprio mentre la lasciavo per andare a lavorare. Apprendi-sta tipografo. Per poco tempo. Presi la terza media, il minimo, quello che bastava per farsi assumere alle Poste.
Oggi pare chiedano la laurea in Fisica Nucleare.
Peccato però. Avevo perfino imparato che la “selezione naturale” non è un romanzetto per abbo-nati. Ci si dimentica delle cose, ci si dimentica troppo in fretta, credetemi.
Ripenso a Solti molto spesso. O a quegli altri che sono morti senza una precisa collocazione poli-tica. Curzio Malaparte. Fascista della prima ora, poi pentito. Ma non è detto che un fascista pentito debba per forza di cose diventare comunista! Non importa, beccati la tessera del partito e crepa! O Fabrizio De Andrè. Cantautore. Apolitico. Apartitico. Ha scatenato la corsa all'acca-parramento. Oggi tutti sono “deandreani”. Un “sequestro”. Che schifo ragazzi!
Sovente mi piace pensare ad un suo monumento, in Piazza De Ferrari, al posto di quell'orribile fontana, ricettacolo di malattie e spacci d'ogni genere. Lui. In marmo. O forse in bronzo. Seduto su una sedia con in mano “Il Tempo ritrovato”, e la chitarra appoggiata alla spalliera.
Certo, i tossici non avrebbero più un catino dentro il quale vomitare, ma li si potrebbe far spostare più in là, verso Palazzo Ducale, museo dell'ignavia comunale, o direttamente in Via Garibaldi, “tazebao proendriale” di privilegiati fannulloni. Mia moglie, la mia Dora, sarebbe contenta anche lei. Potrebbe andare un po' a spasso, invece di starsene tutto il giorno davanti a quel rettangolo magico.
“Non puoi metterti con lui”.
“E perché no?”, chiede la protagonista.
“Perché è tuo fratello!”
“Beautiful” questo. Bella roba. Seguito da inevitabile quanto aberrante dibattito in studio. E allora anche tu sei catturato e ti fermi a guardare.
Entrano insieme. Un uomo e una donna. Prendono posto al centro della sala. Pare un processo. Lui si accomoda su una sedia di metallo. Tirato a lucido come una baldracca che il primo del mese aspetta i pensionati nell'androne del portone. Sa benissimo che fra qualche istante verrà messa in scena la ridicolizzazione della sua vita, ma pare non importarsene. A pochi metri da lui, rigorosamente in body, calze a rete e minigonna talmente corta da lasciar intravedere la marca della spirale, sua moglie. Ha fatto trecento volte all'amore con uomini che non erano lui. Tutt'intorno il pubblico.
- Carlo, tu sei troppo geloso. - rimbrotta una signora che sembra scappata da una tela del Botti-celli, con tre centimetri di trucco sulla faccia da somigliare ad un mimo.
- Carlo, se lei lo ha fatto è perché tu la lasci troppo sola, la trascuri. - bercia un'altra alzandosi per farsi ammirare, in tutto il suo disgustante orrore, dalla telecamera. Blusa scollata, minigonna schiappata, calze a rete e tacchi a spillo. Capelli uguali uguali ad una scultura svedese di ghiaccio e borsa di coccodrillo. Morto. Età: fra i sessanta e i sessantacinque.
- La moglie non è una proprietà privata. - interviene un cesso di ragazza vestita da mignotta che dice di avere ventanni e di lavorare in Banca.
Probabilmente non ne ha mai preso in vita sua.
- Carlo, sei troppo avaro! Cosa vuoi che siano la casa al mare, in montagna, l'auto, il computer, il telefonino, il parrucchiere tre volte la settimana, la pelliccia e qualche tradimento? E poi, portala a ballare, qualche volta a mangiare fuori, ogni tanto anche in vacanza sulla neve! Lo so che fai il metalmeccanico, ma non puoi negare a tua moglie un po' d'aria da respirare! Che diammine!
La conduttrice questa. Una stronzetta di quarantanni sposata al direttore di rete, il solito servo di partito allenato ai sotterfugi e ai colpi bassi. La Tv è il più grande ricettacolo di troie che sia mai stato creato sul pianeta più inquinato del sistema solare.
In guerra per il tradimento c'era la fucilazione. Nel matrimonio, che, sebbene non dichiarata, è pur sempre una guerra senza esclusione di colpi, ormai hanno più diritti i traditori dei traditi.
- Chiedo perdono! Giuro, non lo farò più!
Carlo, questo. Il marito tradito. Piange, Carlo. Un pianto ad uso e consumo dei media. Poi, nei saloni ovattati, o soltanto dietro le quinte, cinque milioni. Eh sì, bisogna essere cornuti per passarsela bene. Le donne sono come i cani. Hanno una chiara visione di chi comanda, ed è per tale ragione che è pericolosissimo mandarle a lavorare, non vedono l'ora di farsi inculare dal principale. E poi la sera, a casa, “caro” di qua e “caro” di là. Cristo ragazzi! Come abbiamo fatto?
E mia moglie:
- Ha ragione lei, poverina! In fondo gli ha chiesto solo una vacanza a Saint Tropez, mica la Luna!
Capito? Non erano lì per discutere dei tradimenti della moglie, ma del fatto che lui non la porta in vacanza a Saint Tropez.
Due secoli di femminismo; da Olimpia de Gouges alle “Letterine”.
- Dora, ma l'hai vista com'è? - dico io - Lo fa becco a Quarto Oggiaro, a Saint Tropez divente-rebbe più cornuto di un cesto di lumache.
- Ma che ne sai? La verità è che non la ama, e lei è andata con gli altri perché si sentiva sola e trascurata.
No, no, non sta scherzando, ci crede davvero.
Puttana. Puttane. Davvero, a sentirla parlare pare di essere miliardari. Le donne sono gli unici esseri viventi presenti nell'Universo che guardando una telenovela prendono parte ad una trasposizione, ad un'osmosi che riesce a farle bramare la ricchezza anche se hanno le pezze al culo. Ma non è tutta colpa loro. La Tv è capace di convincerci che la Fiat fa auto belle e affidabili.
Votavo a sinistra una volta. Cristo come mi fanno anguscia le vostre “donne liberate”! La sinistra si è messa a fare la destra avventizia ed ha finito per perdere voti. Così perde le elezioni. Se un libro presenta la copia e l'originale allo stesso prezzo è chiaro che la gente comprerà l'originale. Che poi non è che anche la destra sia così originale. Vogliono creare uno “Stato Azienda” nel quale i cittadini diventano azionisti, con un ordine preciso e un Capo indiscusso. Cazzo! Ma questo è il comunismo di Lenin prima e di Stalin dopo! Altro che essere originali!
Guardala, la mia Dora. Se non fosse così brutta sono certo che anche lei si farebbe scopare volentieri da un altro uomo. Sempre se non l'ha già fatto quando era giovane. Questi non sono tempi per cui sulla propria donna ci si può mettere la mano sul fuoco. Ma la colpa è nostra. “Calo del desiderio” e loro ti fanno le corna. Dicono le donne.
Questa non l'ho mai capita. Non sono loro a essere troie, siamo noi che abbiamo “il calo del desiderio”! Ci facessero cornuti con un’altra donna avrebbero anche ragione, ma dal momento che si scopano altri uomini..........................
- Ma non lo vedi che non è la verità? - dico rassegnato alla mia Dora - Spegni quel cazzo di coso.... Macché! Cambia canale. Piuttosto che darmi ragione.....……..
Sulla Rete nazionale c'è uno che vuole convincerci che l'umanità veste con gli abiti disegnati dagli stilisti. Una ragazza sfila. Tette niente. Culo niente. Braccia fini. Finissime. Sotto il vestito niente e così sotto quell'ananas che ha in testa e che spaccia sfacciatamente per cappello.
Poi è la volta degli uomini. Che diammine! Siamo o non siamo maschilisti! Sfilano in giacca e cravatta, con un cerchietto in testa, un anello al naso e un paio di scarpe a punta con le borchie. Quando si ferma e apre la giacca mi aspetto di trovarci una sveglia, sotto. E invece niente.
La Televisione. Il Televisore. Un elettrodomestico che parla, dice. La nostra fine è ormai vicina. E allora perché non comprarsi una Fiat 500?


II.


- Ma è sicura? Guardi bene, riprovi, per favore. - dissi all'impiegata del comune che mi stava dicendo che io non risultavo. Era impossibile. Mi ero sempre risultato in vita mia! Bah! Avevo ceduto alle pressioni di mia moglie e di mio genero ed ero andato in comune a rifare la Carta d'Identità.
Il computer, però, diceva che non esistevo più. E se lo dice lui puoi anche sputargli sul monitor e dargli un pugno sulla tastiera che non cambia mica idea. E' insensibile. Dalla nascita. L'autorità. Era diventata l'autorità, il computer.
- Riprovi signorina. Mi sembra un po' incapace. - dissi spazientito.
- Misuri le parole, - rispose quella - è dalle otto di stamani che sono qui, e non mi sto divertendo, glielo assicuro.
Le misurai. Sì sì, era proprio un'incapace precisa precisa. Aspettai un quarto d'ora. Dietro, fra i componenti della lunga coda, si sentivano i rumori più strani. Sbuffi, chiacchiericci isterici, sussurri che lentamente diventavano grida e perfino scorregge.
- Scusi, ne ha ancora per molto? - mi chiese un tizio dietro di me che aveva due larghe macchie di sudore che piano piano stavano conquistando la parte anteriore della camicia.
- Non so, non dipende da me. - chiesi profondendomi in uno sguardo compassionevole e complice, pronto, caso mai me lo avessero chiesto, a dar manforte a quel qualcuno che, stufo, avesse avuto l'intenzione di mal menare l'impiegata.
- Allora? - chiesi sgarbato alla donna dietro lo sportello.
Niente. A quanto pare non esistevo più.
- Dovrebbe fare un certificato di esistenza in vita. - disse quella.
- Perché io non basto? - insistei innervosito.
- Oggi non più. Sarebbe troppo facile presentarsi ad uno sportello e dire “Sono io”. - rispose la signorina - Non basta esistere, bisogna dimostrarlo.
Più epalogico di così! Mi dissi. Ho la pancia, prendo la pensione e, da quando sono in fila, mi puzzano tremendamente i piedi e le ascelle. Non esisto! Le farei pagare la mia bolletta della luce, per dimostrarle che esisto. Con quel cazzo di televisore sempre acceso.....................…
Oggi se non consumi non esisti. Infatti i più visibili sono i ricchi.
Siamo cascati nelle mani degli esperti, non c'è più niente da fare. Fanno irruzione in casa tua da quel cazzo di scatolone e ti mangiano la faccia. Ti afferrano per la giacca e urlano: “Compra! Compra stronzo che non sei altro! Altrimenti sei morto!”
C'è un mio vicino di casa che guarda le televendite nelle emittenti private e compra di tutto. Oro-logi, piatti, servizi di posate, bicchieri, pentole, televisori, videoregistratori, stereo, ciclette, idro-massaggio, elettrostimolatori.……...Si è perfino iscritto ad un corso di musica dodecafonica, dove s'illude d'imparare a suonare la ruota di una bicicletta. Ha la casa che trabocca di oggetti inutili, completamente subissata dalle scatole di cartone dei pacchi. Quando entri ti sembra di esse-re nell'atrio della stazione Brignole dopo una nottata orgiastica di barboni. E' diventato un appassio-nato di occulto. Non si perde una trasmissione di cartomanzia neppure se deve uscire. La regi-stra. E poi telefona. Sì, vuole sapere cosa gli riserva il futuro. Che idiota! Ha sessantasette anni, e se vuole glielo dico io cosa gli riserva il futuro! Gratis! Macché.
- E in Amore? Cosa devo aspettarmi?
Cosa ti devi aspettare? Non ti tira più da un secolo! Tagliatelo e buttalo via, no! E' in pensione e fa domande sul suo futuro lavorativo! Ha la gotta, la prostata, la cataratta, l'osteoporosi, la tachi-cardia, le vene varicose, e lui cosa chiede?
- La sfera della Salute cosa dice?
E cosa ti deve dire, idiota! Che sei un ricettacolo di malattie? O che puoi prenotare il posto al cimitero?
- Faccia jogging, fa bene. - risponde la Sibilla.
Incredibile! Lo portano in giro in due perché altrimenti cade da fermo! Niente. Alla fine si riem-pie di talismani, ciondoli, sfere di cristallo eccetera. Un giorno di questi mi aspetto di trovarlo sul parapetto del palazzo con una scopa in mano che tenta di spiccare il volo.
La rivoluzione delle cose ormai l'abbiamo persa. La nostra prima cocente sconfitta è stata il superamento del concetto di utilità, il resto è venuto da sé, ed è stata una debacle. Oggi non si può andare in centro per acquistare un paio di scarpe, perché puntualmente si torna a casa con decine di sacchetti pieni di stronzate inservibili che dopo pochi giorni si abbandonano negli angoli più bui dell'appartamento.
Nel frattempo dietro si picchiano perché una signora che stava in coda è passata avanti ad un ragazzo fregandogli il posto, questo se n'è accorto e la tratta malissimo, e lei, esposta al pubblico ludibrio, si è messa a piangere.
Allora molti cominciano a prendersela col ragazzo. Oggi le vittime che protestano vengono con-fuse coi carnefici. “Diammine”, dice uno, “siamo un villaggio globale! Cazzo, un po' di compren-sione!” Ma il ragazzo pare essere l'ultimo degli egoisti, sopravvissuto al turbillon di carità cristiana che da qualche decennio ha rincoglionito tutti quanti gli abitanti della terra. La signora, a corto di scuse, comincia a sterminare la famiglia. La sua famiglia. In mezzo a tanti disgraziati ce n'è sempre uno più disgraziato degli altri.
La madre era all'ospedale col cancro, il marito era invalido e con la sifilide all'ultimo stadio, anzi, forse quando tornava a casa lo avrebbe trovato già morto. La figlia era disoccupata da sei anni, e quando finalmente aveva trovato lavoro, si era accorta di non poterlo svolgere per un'in-fiammazione alla vescica che la costringeva a passare giornate intere sulla coppa del cesso. In più. Quella mattina le avevano avvelenato i gatti e li avevano dati in pasto al suo cane, che, a sua volta, era crepato di un'indigestione avvelenata. Insomma, quella signora si stava vendendo per meccanismo inferenziale e perfetto di cataclismi.
Ma il ragazzo non si fece abbindolare.
- Signora, quella del gatto l'ho 'nventata io!
Rispose che tutte quelle cose non c'entravano nulla con la coda allo sportello, e che se la metteva su quel piano, allora, più indietro e prima di lei, c'era una famiglia di bosniaci a cui i serbi avevano stuprato perfino il nonno e la cocorita. Ma la gente, sempre pronta a farsi intenerire, lo esortava a lasciarla passare perché lei era italiana. Eh sì, si può essere razzisti anche facendo solidarietà.
Un altro personaggio, approfittando della confusione, si infilò nella coda. Era appena arrivato. Dal fondo della lunga fila partì una Ola d'insulti e minacce palesi. Io me ne andai mentre tutti si ribellavano e si era ormai ad un passo dalla rissa. Uscii dalla coda e trovai sei poliziotti armati di manganello che tentavano faticosamente di riportare l'ordine. Erano stati avvisati da un cassiere ed erano arrivati in forze. Fra loro notai un inquilino del mio palazzo, tale Alessandro Vinciguerra. Era un ufficiale, ma non seppi distinguere con quale grado. Lo salutai e mi avvicinai a lui.
- Cos'è successo? - chiesi per rompere il ghiaccio.
- Niente, la solita storia. - rispose lui - Ogni mattina si picchiano per questioni di coda. Il giorno peggiore è il primo del mese, alle Poste, quando c'è da riscuotere la pensione. Sai che dobbiamo intervenire in forze altrimenti rischiamo di non riuscire a tenerli a freno?
- Lo so. - dissi io che alle Poste avevo passato gran parte della mia vita - Ed è per questo che io mi faccio mandare la pensione in Banca, per evitare quella che altrimenti sarebbe un'inevitabile rissa. I soldi ci fanno diventare matti.
- Eh sì, - rise lui - è proprio una questione di soldi. Pensa se invece che denaro dessero posti di lavoro. Sono sicuro che le Poste sarebbero vuote. Comunque questi del comune sono più tran-quilli. Forse perché loro hanno da ritirare solo documenti.
- A proposito di documenti. - dissi io felice d'aver raggiunto il nocciolo della questione che m'interessava senza darlo troppo a vedere - L'impiegata, qui, dice che non risulto più. Potresti dare una controllatina? Perché mi sembra un po' incapace.
- Certo, - rispose lui - vedrò di farti sapere qualcosa. Purtroppo siamo in mano a quegli aggeggi. Puoi sparire da un minuto all'altro senza accorgerti di nulla. - e rise.
- Ti ringrazio. - dissi - Fammi sapere qualcosa, allora. - Non ti preoccupare. - rispose, e detto questo diede una manganellata in testa ad un'anziana signora che proprio non ne voleva sapere di lasciare il posto appena conquistato in coda.
Tornando a casa passai dal Maurino, il mio vicino. Anche lui era in pensione, e anche lui mandatoci dalle Poste italiane. Sua moglie era ancora più brutta della mia. Lui la sopportava mal volentieri.
- Si è messa in testa di guadagnarsi qualcosa. - mi disse appena fui accomodato nella sua cucina - Ha detto che non vuole più fare la moglie e la casalinga. Vuole essere indipendente. A cin-quantatré anni ha scoperto il femminismo!
- Ah, ti capisco. - concordai per rincuorarlo - Non si ama mai così tanto la propria moglie come quando le si vuole impedire di trovarsi un lavoro. Fragatene. Almeno sarà lei a portare qualche soldo a casa.
- La vera anima di chi non vuole sottostare ai giochetti dei potenti oggi è l'Iconoclastia. Fidati. Rifiutare consapevolmente ogni forma di tecnologia. Tipo “Unabomber” ma senza “spedire” niente a nessuno. Secondo me ci tengono sotto controllo con la tecnologia, che oggi è diventata lo status symbol per eccellenza.
- Ma l'Iconoclastia da sola non può bastare. - dissi - Se compri la carne il Sabato e la devi mangiare la Domenica, dove la metti se non in frigorifero? Ci sono cose di cui non possiamo fare più a meno.
- Sul terrazzo, la notte. - rispose il Maurino che pareva prender questa questione assai seriamente - Il giorno dopo è fresca fresca, come averla tenuta in frigorifero. Devi solo avere l'accortezza di portarla in casa poco prima che sorga il sole.
Ero passato da lui per chiedergli un cacciavite. La televisione si era rotta. Faceva le righe e poi, tutto a un tratto, l'immagine è sparita. Quel pomeriggio provai a rimetterla a posto. Mia moglie aveva la faccia lunga. Si era già persa la puntata numero milletrecentocinquantasei di “Beautiful” ed era in ansia. Cos'era successo? La protagonista aveva ugualmente consumato l'incesto con suo fratello? E suo padre, era davvero suo padre? E sua madre, quanti amanti aveva avuto? La mia Dora era rimasta a quattrocentosedici, ma il numero era chiaramente provvisorio e destinato ad aumentare.
Che esagerazioni. Una persona normale non arriverebbe a quel numero di copule neanche con lo stesso partner e in tutta la sua vita. Soprattutto se ha una moglie come la mia Dora. Lei, pove-rina, era rimasta indietro di appena una puntata e tutto era cambiato.
Avevo aperto lo scatolone magico, togliendo il coperchio da tergo. Sembrava di entrare in una catacomba cristiana del nono secolo. O nella cantina di mio fratello Armando. Per un attimo ebbi l'impressione che i ragni avessero organizzato un torneo di calcetto a cinque. C'era tutto. Le por-te, i pali, perfino i guardalinee.
Soffiai. Mai gesto fu più avventato. Si alzò un polverone da cava di cemento e io urlai alla mia Dora di chiudere la finestra della cucina. Non volevo correre il rischio che il vicinato scambiasse casa nostra per un centro abusivo di smaltimento rifiuti tossici. Più che un elettricista ci sarebbe voluto un ambientalista di Greenpeace addetto alle decontaminazioni. Sembrava di stare a Mayak dopo la dismissione seguita alla passeggiata di Eltsin sui carri armati.
Quando il nebbione calò davanti a me si presentò un ammasso informe di fili e filetti, di bobine, o ritenute tali, e altri cilindretti. Il tubo catodico mi guardava fisso negli occhi con l'aria di voler dire: “E ora chi è lo stronzo fra noi due?” Sicuramente io.
Ma perché mi ero impelagato in una situazione simile? Non si è mai abbastanza pensionati da ritenersi esclusi definitivamente. Si è rotta la Tv? Bene!, avrei dovuto dire alla mia Dora. Avremmo avuto più tempo da dedicare a noi. Sì, ma per fare cosa?
Ricordai. Era stato dopo essermi posto questa domanda che decisi di tirarmi su le maniche e dare un occhiata al culo di quell'inibitore mentale. Cosa possono mai fare un marito e una moglie fuori dal letto grande? Le donne, e la mia Dora in particolare, hanno un'intelligenza subdola che va al di là di qualsiasi apparenza. Infatti per guardare un programma sul primo canale della rete nazionale chiedono ogni volta quale tasto devono schiacciare.
Poi ci sono cose che non ho mai capito.
Perché perdere tanto tempo davanti alla Tv per niente? Quando le emittenti televisive fanno le pubblicità dei programmi che nel futuro verranno messi in onda nelle loro frequenze e ci chie-dono di guardarli, noi dovremmo prendere il telefono e chiedergli quanti soldi son disposti a dar-ci. Sì, perché loro ci vendono. A milionate l'ora. Ai pubblicitari. Ci vendono senza averci comprati. E costiamo eh? Costiamo tanto! Dalle dieci alle dodici un prezzo, dalle dodici alle diciotto un altro prezzo, e dalle diciotto alle ventidue un altro prezzo ancora. Sempre più alto.
Dovremmo far entrare l'emittenti in competizione fra loro. Vuoi che guardo il tuo programma? Pagare! Altrimenti tengo la Tv spenta. Noi non siamo una notizia. Non possono venderci senza il nostro permesso. Non possono farci passare come veicolo per cui l'usufrutto è gratuito, come fanno i telegiornali con la scusa della “libertà di stampa” quando entrano gratis allo stadio o ai concerti. Per loro siamo un prodotto, e come prodotto, per venderci, dovrebbero prima acqui-starci. Come si fa coi grossisti per smerciare al dettaglio. E invece ci vendono a milionate l'ora senza averci comprati. Le agenzie dovrebbero aprire degli uffici per la compravendita dei tele-spettatori.
Strano che nessuno ci abbia ancora pensato. Fare i video-dipendenti ma di mestiere. Tu mi paghi e io ti guardo. Così puoi vendermi ai pubblicitari. Un nuovo lavoro. New Economy. Per arginare la dilagante disoccupazione. Lo fanno già coi telefoni cellulari no? Ti fai inserire le pubblicità quando parli al telefono, e in cambio hai dei vantaggi di costo. Pensateci un po'. Sarebbe la rovina delle televisioni. Tutto il meccanismo diventerebbe un cane che si morde la coda. Le televisioni ci acquisterebbero per venderci ai pubblicitari, che a loro volta ci acquisterebbero per venderci i prodotti. Sfido che le Televisioni sono un affare! Non pagano la merce che vendono! E' tutto guadagno, tirano fuori solo quella goccia nel mare per pagare i loro dipendenti. E' come se un calzaturificio desse lo stipendio alle sue commesse ma non pagasse le scarpe che vende. Sciopero dovremmo fare! Certo che tenere il televisore spento con questo catarro di moglie che mi ritro-vo……
Comunque sia.
Rovistai dentro quell'apparecchio per un paio d'ore, andando a tastoni. Certo, non volevo dar l'impressione di non capirmene affatto, anche se la mia Dora doveva già aver intuito qualcosa. Mi guardava con la stessa grazia con cui si guarda il proprio figlioletto che vuole spiegarci come si fanno i bambini. Non mi aveva ancora detto niente. Io stavo aspettando il momento in cui, stanca, mi avrebbe chiesto se poteva telefonare al tecnico. O “tennico”, nei circoli accademici. Resistetti. Per un paio d'ore resistetti. Poi, sfinito dall'assoluta carenza di alternative nel toccare fili e cilindri, mi arresi dicendole che se voleva poteva anche chiamare il tecnico. Non avevo finito di dirlo che lei era già attaccata al telefono ansiosa.
La sentii bofonchiare parole disperate. Era urgentissimo, diceva, si era appena rotta. Bisognava fare in fretta, bisognava salvarla! Sì, avevamo provato. Con la respirazione bocca a bocca sì, e anche col massaggio cardiaco, ma per il momento non dava segni di ripresa. Certo, l'avevamo anche aperta, per farla respirare meglio, ma stava agonizzando. Era ad un passo dall'abbando-narci definitivamente. Mia moglie rimase in silenzio per alcuni secondi. Ascoltava i consigli e, insieme, le scuse del “tennico”.
Mise giù il ricevitore e cadde nella disperazione. Non poteva venire fino a Lunedì. E chi se ne importa! Avrei dovuto dire. Era Venerdì. La situazione non era così semplice. Per la mia Dora significava perdere tutti i programmi demenziali del sabato sera e le gazzarre senescenti della Domenica pomeriggio. I suoi occhi trasmettevano disperazione e rabbia. Verso di me. Che razza di marito ero se non sapevo neppure aggiustare un televisore che si rompe? Era chiaro, mi sta-va accusando di essere un buono a nulla. Chissà, forse stava già pensando al divorzio. Mi avvi-cinai per consolarla.
- Su, vorrà dire che in questi due giorni usciremo un po' dal nostro gu-scio. Dove vuoi andare? Ti porto a mangiare fuori, se vuoi, e poi anche al cinema, o a teatro. Oppure vuoi andare in monta-gna? Sulla neve? Potremmo parlare un po', è tanto che non lo facciamo................
Niente. Non voleva fare niente di tutto ciò. Un improvviso rinvigorimento la scosse. Vidi il suo viso diventare paonazzo, quasi porpora. Come in un gesto di ribellione, di autosufficienza, la vidi muoversi verso il lavello. Si tirò su in punta di piedi e frugò nella credenza. Prese il piatto grande che era appeso al muro e ci mise dentro la farina con un mestolo d'acqua. “Dio mio”, pensai, “vuol mettersi a fare le sue abiologiche frittelle!” Le donne, quando perdono un amore, reagiscono sempre mangiando.
Mi sentii perso. Tentai di farla desistere dai suoi minacciosi intenti provando a dirle che non ce n'era bisogno, che non si deve forzar la gente a mangiare, che il cibo non è palliativo di nulla, non necessariamente! Macché! Era decisa. Mi aveva preso proprio di mira. Ero io quello che la tiranneggiava, il suo aguzzino.
- Ecco. - mi dissi a voce bassa - Non sei voluto andare alla Scuola Radio Elettra? Ora mangia le frittelle!
Rimuginando capii anche perché si dice in giro che i “tennici” della Tv sono dei grandi scopatori. Sì, una donna si sente persa, senza le sue cazzo di telenovelas e soap operas, così, quando il tecnico aggiusta il loro televisore, si sentono in dovere di dargli quel qualcosa in più, una specie di “mancia”, e siccome credono anche loro che in fondo “quella” sia la cosa più preziosa che hanno (e quindi il più alto prezzo che sono disposte a pagare) e che un uomo non sia mai in grado di rifiutare un'avance fatta da una donna, allora agognano di “darla”. Poverine.
Credo che le donne, per agguantare la giusta visione delle cose, quella che ormai non hanno più, dovrebbero guardarsi allo specchio mentre raggiungono l'orgasmo. Non c'è nulla di più ridicolo del viso di una donna quando gode. Tutte le loro pseudo sicurezze andrebbero a farsi fottere.
Fritte le frittelle mi sentii fritto anch'io. Provai a spiegarle che non avevo molta fame, ma lei non volle sentir ragioni. Anche perché io non forzai troppo la mano per paura d'offenderla. Mettete in mano ad una donna la complessità delle sue frustrazioni e la sua reazione sarà molto simile a quella di una poliziotta. Ebbi quasi la tentazione di tirare fuori i documenti, ma poi ci ripensai. Quel gesto poteva essere scambiato per arrendevolezza. Così, “sconfitto”, mi accinsi a “degu-stare” quella specie di “pastone da pescatori”.
Giovanni, un amico dei tempi andati che faceva il camallo al porto, mi diceva sempre che la “donna ideale” non esiste, che ce la facciamo da noi, che, in un certo senso, è come se fosse una creatura psicosomatica frutto dei nostri sogni. A lui, diceva, poteva andargli bene una donna qualsiasi, possibilmente muta e con la testa piatta, così nei “rapporti orali” ci appoggiava il “gotto” sopra.
Io non credo di essere maschilista fino a quel punto, e infatti la mia Dora non è femminista e ha la testa a punta come un cipresso.
L'umanità non è il frutto di un processo evolutivo, ma di una concatenazione più o meno casuale di eventi involutivi. Facevamo figli e hanno inventato il preservativo (cosa preserva?), facevamo movimento ed hanno inventato l'automobile (una caldaia bi-secolare che spreca tutto il carbu-rante non in energia ma in calore), ci abbracciavamo, ci baciavamo e hanno inventato il computer e Internet (un villaggio globale anonimo), eravamo veri, sinceri e hanno inventato un mezzo per trasformarci in falsi e bugiardi, il telefono cellulare (una ti può dire benissimo che ti ama mentre sta scopando con un altro), credevamo nella realtà e hanno inventato il televisore. Alla fine della guerra avevamo sempre fame e c'erano le “maggiorate”, oggi vanno di moda le diete e le ano-ressiche. Per fortuna nessuno dice più che la vita è una cosa meravigliosa, altrimenti ci trove-remmo ibernati o lobotomizzati dall'oggi al domani.
Mangiai avidamente tutte le frittelle dicendo a mia moglie che erano squisite. Una volta finite non ce ne sarebbero state più. In pratica lo stesso meccanismo mentale che s'innesca in quel tizio che esce di casa e va a buttarsi giù da un ponte.
Dora era contenta. Il guaio delle massaie quando propinano cibi caserecci è che loro, con la scusa del panettiere che non assaggia il suo pane, fanno mangiare tutto a te.
- Eh sì, questa volta mi sono venute proprio bene. - disse, meschinetta, degustandone una. A forza di non volerla offendere si è convinta di cucinare bene.
- Sì sì, è vero. - risposi concorde con l'acquiescenza del debole di fronte ai gradassi mentre, sotto sotto, spera che dandogliela vinta lo lasceranno in pace. Quella era la risposta che la mia Dora attendeva per portare a termine il suo disegno lucullial-criminoso. Le fece mangiare tutte a me promettendomi che la settimana successiva le avrebbe rifatte. Magari per festeggiare il televi-sore riparato. Sapete come si dice, le disgrazie non arrivano mai in solitudine. Avevo una tale malloppazza nello stomaco che se fossi andato al cesso certamente avrei tappato la braga.
Finita la cena con un buon caffè, restammo in cucina. Ci guardavamo senza aprir bocca. Era difficile trovare un discorso abbastanza diallagistico col quale far convergere i nostri interessi.
Mi fanno ridere quelli che dicono che il computer è il futuro, il modo più veloce e disinibitore per far comunicare le persone. Dovrebbero conoscere la mia Dora. E poi, far comunicare le persone non è la priorità. Conosco individui che spendono cifre folli per discorrere con uno del Nebraska che neanche conoscono e del quale ignorano perfino dove si trova la sua casa, che quando escono dal portone e incontrano un loro vicino non lo guardano neanche.
Scambiai qualche timida parola con la mia Dora.
Come stava nostra figlia, come stava nostro genero, come stava nostra nipote, Laura, e soprattutto quando mi avrebbe riportato i libri, quelli che mancavano dalla mensola. Insomma, chiacchiere da cronicario. Il prezzo del prezzemolo, il basilisco del basilico e altre simili amenità.
Dopodiché andammo a dormire.
Non presi subito sonno. La pensione è qualcosa che te lo leva, il sonno. Sentii la mia Dora che facevi discorsi intellettuali sull'incesto, sul tradimento giusto, sui titoli di coda, che secondo lei erano pellicola sprecata, sui dialoghi delle telenovelas brasiliane. Parlò di tutto, nel sonno, di tutto tranne che di me. Mi addormentai mentre intonava la sigla di “Un posto al sole”.
Certo che è difficile staccarsi da un programma quando l'hai iniziato a vedere da diverso tempo. E' come accettare d'aver sprecato un po' della tua vita. C'è gente che ha guardato la prima puntata del “Grande Fratello” ed è entrata in simbiosi con la casa; mangiavano insieme ai ragazzi, dormivano quando dormivano loro, e scopavano insieme a Pietro e Cristina. Pochissimo. Tre volte in tre mesi. Ci sono mariti che hanno sabotato il televisore, e altri che mandavano in videocassetta sempre la stessa puntata, quella della “tenda tirata”. Che programma ragazzi!
C'è chi si vergogna di dire che lo guardava. Credo che questo fatto sia una spia di quanto per i ragazzi che vi hanno partecipato sia controproducente. Se vogliono andare avanti con la Tv è meglio che non fac-ciano parola di aver preso parte a quel programma.
Io non ho vergogna di dire che ogni tanto lo guardavo. Voglio dire, vedo gli sceneggiati della rete nazionale, posso benissimo guardare anche quell'altro schifo di programma. Analfabetismo di ritorno per analfabetismo di ritorno..................................
Penso che quel che affascina è la psicosi da “cabina elettorale”.
Ognuno di noi ha sempre desiderato sapere quel che votano gli altri nel segreto, e il Grande Fratello te lo fa vedere. Il programma in sé non è nulla, come non sono nulla i ragazzi che vi partecipano. Per quanto riguarda i ragazzi la prima edizione era certamente migliore dell’ultima, seppur nella pochezza. Tre ragazzi su dieci erano siciliani, tanto che più che il Grande Fratello ti sembrava di guardare il Grande Picciotto. La Sicilia sta perdendo il potere della mafia, ma sta guadagnando quello della pena della disoccupazione. Una volta la disoccupazione “faceva il Carabiniere”, oggi fa il personaggio televisivo. Da questo punto di vista l’ultima edizione è stata più eterogenea.
Dunque, i ragazzi. Pietro e Marina, essendo i più bellocci, erano i due che più degli altri scate-navano “pruderie” di ogni genere. Pietro, per quanto la sua supposta bellezza poco m'interessi, era comunque simpatico e anche il più colto, mentre Marina, scarsissima in geografia, lasciava intuire ciò che sarebbe avvenuto alla sua uscita dalla casa. Ha fatto passare un indefettibile sillogismo secondo cui “se vuoi avere successo in vita ma non sai dove si trova Savona, non ti resta che mostrar le tette”. E infatti appena “libera” ha fatto subito un calendario. Certe cose proprio non riuscirò a capirle mai. Ma perché in Italia appena una donna ha un tantinello di successo subito fa vedere la guersa a tutta la nazione? Dev'essere una specie di osmosi peni-tenziale. Ringraziano in quel modo. Nell’ultima edizione si è tentato di fare la stessa operazione con Lorenzo e Tati, ma con scarsi risultati. Con rispetto parlando, sembravano la brutta copia dell’edizione precedente.
Ah, Marina! Certo non potevamo pretendere di vederla mentre faceva l'opinionista, eh?! Per quanto in fatto d'ignoranza non è che fosse meglio di Tati. O di tutti gli altri. Fra Maria Antonietta, che non sapeva dove si trova Napoli, e Salvo, che pareva esser stato paracadutato sulla terra direttamente da Marte, non c'era che l'imbarazzo della scelta. Nell’ultima edizione hanno evitato di mettersi così in discussione. Forse su “imbeccata” degli autori. Non c’è stato uno solo dei personaggi che ha azzardato una parola su un libro o sui massimi sistemi. Da questo punto di vista la prima edizione era molto più interessante. La più simpatica di allora era Roberta, una faccia di merda senza peli sulla lingua. Una volta uscita dalla casa lei il programma ha perso un buon cinquanta per cento d'interesse. Quello di oggi certamente Filippo-Romeo, anche se sampdoriano. Lorenzo, il “cuoco” della prima edizione, è stato il primo a rivestire il ruolo di amicone (a parte quelle volte che voleva fare il filosofo e più che “pietista” risultava “pieto-so”), panni rivestiti nella seconda da Francesco .
Il più antipatico di tutti nella prima edizione era senza ombra di dubbio Rocco, un elettrocala-mitato di Palermo convinto di essere intelligente. Una volta l'ho visto, insieme a Marina (che probabilmente s'intende di pene capitali come Hitler s'intendeva di democrazia), spiegare a Lo-renzo “il cuoco” perché bisogna essere contro la pena di morte. Io, che sono sempre stato contro, dopo cinque minuti di quelle spiegazioni avevo già la forte tentazione di passare dall’altra parte. Credo che sia proprio Rocco il prototipo dell'anticonformista di origine statale, la corrente di pensiero floscia secondo cui bisogna essere contro la pena di morte (anche se non è necessario saper spiegare perché), contro le guerre sbagliate, per la legalizzazione delle droghe leggere, per la libertà di scelta, insomma, una sorta di Maurizio Costanzo in uno specchio deformante. Alla Tv pare che per essere considerati intelligenti basti saper ripetere bene le cose che si sentono in giro. Povero Rocco, dicevano tutti che era frocio. Io non ci ho mai creduto. Per essere froci prima di tutto bisogna essere uomini. Il più antipatico del-l’ultima edizione, inutile dirlo, è Alessandro. Un contaballe nato, uno che non direbbe la verità neanche sotto l’effetto del Pentotal.
Francesca era la ragazza più carina del gruppo. Purtroppo per lei è “solo” carina, perché in quanto a interesse ne suscita come l'ontologia del pecorino sardo. Quando è uscita dalla casa ha detto che il Teatro Stabile di Bologna l'aveva contattata per un provino. Vorrei conoscere il responsabile di quel Teatro per chiedergli dove ha visto il talento recitatorio che serve per lavo-rare in teatro. Forse sulle prime pagine dei giornali. La più carina dell’ultima invece è Eleonora, e anche lei non smentisce il luogo comune secondo cui il “fascino fisico è inaccostabile all’interesse intellettuale”.
Cristina, la vincitrice, sembrava un pugile suonato che ha dovuto sopportare un “gong” lungo tre mesi. E’ quella che si è fatta scopare in diretta nazionale. Presumibilmente è per quello che ha vinto. Nonostante questo però, per quanto concerne l’essere “affamata”, non si può minima-mente accostare alla Mascia dell’ultima edizione, sempre in fregola come un marinaio.
Sergio, l’antitesi dell’uomo, il vero frocio della casa nella prima edizione, sempre attento alle cerette e alle cremine come una vecchia checca in andropausa, è passato alla storia come “ottu-sangolo”, e te lo vedi, stupidamente fiero di questo soprannome, con l'aria di chi ha capito che gli si sta facendo un complimento. Personalmente preferirei essere considerato un figlio di puttana. Il suo contraltare è sicuramente Lorenzo, lo scopatore di Tati, tardo come un sincrono audio-visivo dalla Luna.
Tutto sommato credo che allora come oggi si sia vista tanta ignoranza, ancor più esibizionismo, molto meretricio e nessun talento. Il “Grande Fratello” è una soap opera recitata male, senza copione e senza la guida di un regista. Non riesco ad immaginare niente di più ributtante, a parte “La Piovra”. Se questa è la Tv del Duemila che Dio ci liberi da tutti i Rondolino del mondo.
Dovrebbero fare un disegno di Legge (DDL, come dicono i politici che ormai riducono tutto all'osso, tranne il loro stipendio) sull'antitrust anche per quanto riguarda lo stile di vita sponso-rizzato dalle Tv.
Le telenovelas e le soap operas sembrano presentarci un microcosmo dove ognuno di noi può essere il protagonista. Per esserlo però deve soddisfare precisi requisiti, nell'ordine: essere ricco, bello, intelligente, avere successo in vita, in campo lavorativo, amoroso e medico (inteso come salute).
Andiamo, su! Dov'è questa gente? Su Marte? Per questo dico che monopolizzare la Tv con que-sta pubblicità ai vari altarini allestiti all'immagine è controproducente. Le persone guardano que-gli spettacoli e poi vanno a rapinare le banche per comperarsi una auto di grossa cilindrata o solo un bel vestito.
Anche il mondo del calcio avrebbe bisogno di un bel disegno antitrastico. In Italia le trasmissioni sportive parlano solo di Inter, Milan e Juventus. E i tifosi delle altre squadre s'incazzano. E fanno bene, intendiamoci. I conduttori di quelle trasmissioni si giustificano dicendo che sono quelle tre le squadre che hanno più tifosi, e che quindi solo così possono sperare di alzare gli ascolti. Se così fosse, perché il Delle Alpi, lo stadio dove gioca la Juventus, non fa più di diecimila spettatori a partita? La verità è che in Italia si dice di essere juventini come si dice di essere cattolici. E poi, non si può giustificare tutto con gli ascolti. Anche dare un rapporto orale in diretta alzerebbe l’audience, e non solo quello, ma non è una buona ragione per passarlo alla Tv! Come fanno le altre squadre ad aumentare il proprio numero di tifosi se alla Tv si parla sempre di quelle tre società? E' come se facessero pubblicità alla stessa marca di latte. E' certo che i cittadini ber-rebbero per lo più il latte di quella casa sponsorizzata alla Tv!
Il giorno dopo era Sabato. Il mio giorno. Mi offrii di andare al mercato insieme alla mia Dora, ma lei rispose che, dato che avevo così voglia di uscire, potevo anche andarci da solo. Quando a certi individui togli i loro luoghi comuni questi non sanno più come entrare né come uscire. Diventano dei vegetali e dove li metti stanno. Se c'è il sole si abbronzano e se piove si bagnano. La disaffe-zione ai gesti e ad alcuni percorsi che si sono stabiliti con sé stessi, è talmente difficile da rag-giungere che il nostro fisico può risentire della loro mancanza addirittura con alterazioni somati-che. Alla mia Dora faceva male un piede, aveva mal di testa la colite perfino, insomma tutti quei sintomi necessari ad impedirle di uscire con me. Compilò un biglietto con le cose da comprare e mise nella mia mano aperta cinquantamila lire. Si sa, la donna è l'Angelo del Focolaio, Regina del-la Casa, Sperperatrice di Fortune.
Era una bella mattina e mi diressi dal formaggiaio, o, più prosaicamente, dal “casatoio”. L'Adalgisa, la padrona della Formaggeria, mi aveva sempre appassionato. Aveva due tette enor-mi, tanto che spesso me l'immaginavo mentre, strizzandosi i capezzoli, produceva da sé il latte che vendeva. Era un donnone biondo, con spalle larghe e dritte, una buona parola per tutti, gli occhi chiari e una romagnolità da balera. Quando entrai mi salutò entusiasta e sorridente come sempre.
- Scìorbole! Mo vedi chi zè! Il zignor Ariztide! Mo coz'è che vuole da me, zignor Ariztide, qualcoza di frezco? Mo l'ho tenuto in zerbo per lei! Zono tutta frezca qua, ze vuol zentire.........
Ogni volta che entravo in quel negozio mi rimproveravo il fatto di non essere più molto giovane. Una così era da mangiare a piccoli morsettini, pezzo per pezzo. Quando varcavo l'uscio di quel locale lei sembrava volesse sbranarmi. Un giorno, però, rimasi fuori dalla porta, nascosto alla sua vista da uno scaffale, e sentii, e vidi, che anche con altri uomini si comportava in quella maniera. Era il suo modo di vendere. Normale.
C'era il Tabaccaio che per un pacchetto di sigarette sapeva discorrere di qualsiasi cosa esistesse sulla faccia della terra. Dalle guerre puniche a Tangentopoli, dalla politica internazionale al gol del Milan che l'han visto tutti ch'era in fuori gioco, dalla musica classica al jazz al rock progressivo degli anni settanta, dal Grande Fratello, quello vero, ai massimi sistemi. Sembrava di aver davanti uno di quei saccenti tutti Economia e faccia di merda. Era il suo modo di vendere, come l'Adalgisa imboniva con l'enormità delle sue tette e col suo culo.
Quando seppi che ciò che ritenevo un primato, i suoi complimenti e quelle che avevo confuso con avance, non erano che modi per appiopparmi latticini e yogurt, la delusione mi fece star male per alcuni giorni. Ma lei era fatta così. Quando cominciava ad usare quell'accento ti metteva nelle condizioni di comprarle di tutto.
Dopo aver girovagato per i negozi e il mercatino rionale del Sabato, tornai a casa. Due sacchetti in mano, che per noi erano pure troppi, e il giornale arrotolato stretto forte fra le dita. Mi aveva telefonato il mio amico poliziotto dicendo che nel pomeriggio sarebbe passato per mettermi a giorno sul conto della mia perduta identità.
La mia Dora, naturalmente, iniziò a rimproverarmi, per peso, per quantità, per prezzo, per fre-schezza e per tempo impiegato, ogni minima cosa acquistata. Lei è fatta così. E' il suo modo per sentirsi utile e importante, e io non me la presi più di tanto. “Non fosse neanche capace a far la spesa a cosa servirebbe?”, mi dissi bonario, per non incazzarmi.
Pranzammo. Guardando l'orologio. Era Sabato. Era il “nostro giorno”. O forse solo il “mio”. La notte avremmo dovuto restituirci i “debiti coniugali”, che, vecchi di una settimana, attendevano di rientrare in possesso del legittimo proprietario.
Dopo pranzo andai a letto. La pennichella. Non si è pensionati per niente. Mi svegliai quando sentii suonare il campanello. Era il mio amico poliziotto.
- Senti Aristide, - mi disse una volta accomodato in cucina - non abbiamo trovato niente ne-anche noi. Per il computer pare proprio che tu non esista.
- E cosa posso fare? - chiesi divertito.
- Devi andare in comune con due testimoni, diciamo tua moglie e tua figlia, e denunciarti come persona viva. Lo so che è un paradosso, - rise - ma non c'è altra soluzione.
- Beh, - risposi io - più che un paradosso è un raddoppiamento inutile. “Persona viva”. Un morto è morto, e come tale non è più niente e nes-suno, nemmeno più una persona. Forse solo un ricordo in chi lo ha conosciuto e stimato.
- Lo so, ma tu non sei morto, sei vivo, e quindi niente i meno adatto ad essere ricordato.
- Altrimenti? - chiesi.
- Altrimenti cosa? - rispose lui chiedendo.
- Se non faccio denuncia che sono vivo?
- Risulterai inesistente. Neanche morto, inesistente.
Non che mi stessi muovendo, ero seduto in cucina, ma mi fermai ugualmente a pensare. Avrei dovuto dirlo al Maurino. Si sarebbe sbellicato dalle risate. Lui, anticonformista e antimodernista sanguigno, mi avrebbe sicuramente dato un consiglio appropriato. Salutai il mio amico poliziotto dicendogli che gli avrei fatto sapere qualcosa. Poi andai verso la radio. Erano le diciotto. C'erano i risultati degli anticipi del Campionato di Calcio.
La radio è diversa dalla Tv, lascia più spazio all'immaginazione, alla fantasia, ti coinvolge di più. La Tv ti aiuta a demandare. Deleghi, quando sei lì davanti, non solo l'azione ma anche il pensiero. Perfino il Calcio è diverso alla radio. Ti sembra sempre che la tua squadra del cuore non abbia meritato di perdere. Invece alla Tv vedi in diretta quello che combinano, e t'incazzi. Anche i calciatori alla Tv sembrano più antipatici. Sì, prendono quel modo di fare classico del personaggio televisivo. Se i loro tifosi li contestano si offendono, permalosi e presuntuosi. E i giornalisti sportivi? Mai visto una categoria tanto “leccaculo” come i giornalisti sportivi! Neanche quelli che si occupano di politica sono così “servi sciocchi”.
Fanno le interviste. Pongono sempre le stesse domande, e puntualmente ricevono sempre le medesime risposte. Praticamente fanno un servizio inutile. E noioso. Inutile perché non c'è niente di nuovo, e noioso perché già visto centinaia di volte. Hanno una paura fottuta di dire come stanno le cose. Che quel calciatore ha giocato male, che l'allenatore ha sbagliato a sostituire il centravanti, che i Presidenti gestiscono le squadre solo per farsi pubblicità e, in alcuni casi, per non finire in galera.........................…..
Si capisce, è chiaro, campano per la considerazione di quei personaggi, e dandogli addosso di-cendo la verità vedranno rifiutarsi le proposte fatte per intervistarli. Poi parlano della violenza negli stadi. E per i tifosi non hanno alcuna pietà, eh! Vai giù! Dagli del delinquente, del razzista, del teppista! La verità è che la violenza negli stadi è l'altra faccia dei dieci miliardi dati ad un calciatore. Bisogna essere quantomeno ingenui per credere che i calciatori meritino quelle cifre folli. Tutto è un'esagerazione, e la violenza o il razzismo rientrano in quest'esagerazione. Il tifoso urla “negro di merda” a un calciatore per la stessa ragione per cui quel calciatore guadagna dieci miliardi l'anno. Esagerazione. Anche perché se così non fosse quel calciatore di colore sarebbe oggetto di mire razziste anche cambiando squadra. E invece vediamo che quel tifoso, il quale gli ha urlato “negro di merda”, quando se lo ritrova nella sua squadra del cuore diventa subito un suo fan. Ma i giornalisti questo non ci arrivano a capirlo. E come s'incazzano quando, parlando di doping, gli metti in discussione la regolarità del loro cazzo di sport! Hanno il terrore che qualcuno gli rompa il “giocattolino”.
I personaggi televisivi sono ancora più meschini dei calciatori. Mentre i giocatori di Calcio campano egregiamente per la religiosità dei loro tifosi e se gli togli il Calcio non sono più niente e nessuno, i personaggi televisivi, convinti di avere qualcosa a che fare con l'arte, non sono niente e nessuno proprio perché sono personaggi televisivi. Per non parlare delle “scosciate” che credono di fare dell'arte anche se annunciano i numeri al Lotto o se fanno un ridicolo balletto con le sole mani. Credo fermamente che “quelle donne in Tv” non siano diverse dalle prostitute; anche loro campano per il povero di mezzi.
I personaggi che mi lasciano completamente basito sono quelli che parlano di “Tv intelligente”. Una contraddizione in termini. Ogni volta mi chiedo se non mi stanno prendendo per il culo. “Tv intelligente”. Un ossimoro, l'accostamento di due contrari. La cultura è pensiero pensato, pon-derazione, e la Tv, proprio per le sue prerogative, è velocità d'esecuzione, e quindi non da l'op-portunità al ragionamento, è l'esatto contrario della ponderazione.
I programmi alla Tv, anche quelli seri, sono “bandi urlati per poveri deficienti”, le “bambole catodiche” sono per maniaci, per deviati, per alienati mentali. Le tribune politiche anche.
Le tribune politiche somigliano all'esegesi talmudiane. Parole, parole, giri e rigiri, viaggi inter-minabili di concetti astratti, che quasi mai hanno a che fare con la vita vera, per tornare tutti al punto di partenza. Basta che un “pincopallino politico” qualsiasi dica una risibile irriverenza, e subito si scatena un meccanismo inferenziale fatto di precisazioni, battute e controbattute, derisioni, minacce e interminabili tavole rotonde. Se uno ha un'idea e sa per chi votare, basta guardare cinque minuti di tribune politiche televisive per essere conquistato una volta per tutte all'astensionismo. Che non è sempre “deresponsabilizzarsi”, ma può anche essere una scelta politica, perché votare non è un “dovere” ma un “diritto”. Uno può benissimo fare politica e non votare mai. Per non parlare poi degli “spot elettorali”, che ti presentano quella parte politica come “il paese delle meraviglie” e i politici che ne fanno parte sempre in procinto di fare qualcosa, di muoversi, con l'inevitabile risultato di farci perdere peggio che Alice.
Comunque sia.
Dopocena mi stavo preparando per la “folle nottata”. Lo so, la mia Dora non è tutto questo po' po' di donna, e se per caso qualcuno dovesse vederci mentre scopiamo sono certo che non man-gerebbe più per un mese, ma la sessualità senile non è diversa da quella adolescenziale, per quanto riguarda le fantasie. E' solo limitata dal fisico. A me, per esempio, mi basta chiudere gli occhi per ritrovarmi a sedici anni, con l'Elvira, una signora che vendeva bibite al porticciolo di Nervi, e che servì a molti ragazzi di quell'epoca e della mia età come “nave scuola”.
Mia moglie, con alcuni rigiri, riuscì a portarmi dal Maurino a guardare la Tv. La Maria, sua moglie, è qualcosa di ributtante anche per uno come me, sposato alla Dora. Non avevo parti-colarmente voglia di vedere la Tv, ma negandomi avrei dato la possibilità a mia moglie, che già vedevo distratta e fredda, d'imbronciarsi e voltarsi dall'altra parte quando saremmo andati a letto. Loro guardarono la Tv, mentre io e il Maurino ci appartammo fuori, sul balcone, a scambia-re quattro chiacchiere.
- Sai che per il nostro Stato io non esisto più? - dissi subito al mio vicino incuriosito dalla faccia che avrebbe fatto.
- Come sarebbe a dire? - chiese.
- Sarebbe a dire che non risulto più in comune ma solo all’INPS e in Banca. Per il computer io non esisto. Non mi trovano, mi hanno perso. - dissi sorridendo.
- Come come? Ti da per morto?
- Non proprio. Diciamo che un morto è molto più vivo di me. Non esisto proprio, né come cada-vere né come persona in carne ed ossa. Sembra incredibile, ma il computer mi ha dimenticato, e quindi mi ha dimenticato anche la società e lo Stato. Tranne che per la pensione. Infatti me la continuano a mandare.
- Incredibile! - esclamò il Maurino - Parlano tanto di “villaggio globale” e se ti distrai un momen-to perdi perfino il cesso dentro cui stavi cacando. E cosa dovresti fare per tornare in vita?
- Dovrei presentarmi in Comune con due testimoni che dicano che sono vivo, che sono proprio io. - Non vorrai farlo sul serio, mi auguro! - disse il Maurino.
- E perché non dovrei farlo?
- Ti rendi conto che ti è capitata una fortuna incredibile? - insisté entusiasta - Qualcosa che io so-gno dalla mattina alla sera? Non esistere. Stupendo. Non esistere e quindi non essere con-trollato.
- Perché chi è che ci controlla?
- Chi ci controlla? Tutti! Echelon, in primo luogo. E poi tutti i suoi fratelli minori. Ci seguono attraverso il computer, il telefono cellulare, il televisore, l'automobile, le migliaia di microcamere con cui hanno riempito le strade e gli uffici, siamo perfino tutti schedati, a prescindere dalla nostra fedina penale. Quando andiamo da un concessionario a comprare un sistema d'allarme satellitare, in quali mani credi che ci stiamo mettendo? Per non farci rubare l'automobile devono pur sapere dove si trova, no? E così sanno dove ci troviamo noi. In ogni momento del giorno e della notte.

Il solito paranoico!
- Ma io non ho né auto né telefonino né computer! - dissi.
- Lo so. E qualcosa di molto più importante non hai adesso, l'identità. Pensa, potrai esistere senza essere rilevato dall'Auditel, senza che Emilio Fede ti dica per quale partito voterai, senza essere invitato da Maurizio Costanzo, senza avere problemi di cuore e senza guardare il Grande Fra-tello. Sei diventato agnostico, impersonale. Proprio come un Dio moderno. Questo tuo “status”, per così dire, era già avanzato perché non possedevi tutto quel corollario di modernità che fanno di un abitante del terzo Millennio una sorta di prigioniero in libertà vigilata, ma ora è compiuto! Echelon! Altro che “1984” di Orwell! Quello a confronto è uno scherzetto da bambini dell'asilo! Sai che ci controllano attraverso il telefonino? Un Grande Orecchio che ascolta tutto quello che diciamo. E se non usiamo quello ci intercettano tramite il computer. Agguantano i nostri mes-saggi, le nostre E-mail, in partenza. Il “Carnivoro”, un sistema messo a punto dall'FBI di com-puters intercettori. Hanno addirittura costruito dei computers che sono in grado d'intercettare i tuoi messaggi anche se non li spedisci. Il centro d'intercettazione è nella tastiera. Tu scrivi una minaccia al tuo capo ufficio, ma poi ci ripensi e non la mandi. Ebbene, loro t'intercettano ugual-mente. Non so cosa se ne facciano di messaggi tipo: “Tua moglie è una troia” o “Sei un cornuto”, ma li intercettano lo stesso. Forse è per questa ragione che ora vogliono inserire il computer nel televisore.
Il computer non è alla portata di tutti, è difficile da usare e ha un prezzo che non tutti si possono permettere di pagare. Così ce lo metteranno direttamente dentro il televisore, magari dicendoci che è un nostro diritto averlo. Verranno a spiarci in casa nostra. Ci diranno quali prodotti dob-biamo comprare, cosa dobbiamo guardare alla Tv, cosa dobbiamo leggere, quali individui dob-biamo frequentare per “il nostro bene”, perfino quali numeri dobbiamo giocarci al Lotto col resto della mortadella. Un sistema di sublimazione che è già stato messo in atto coi dischetti che ti regalano le testate giornalistiche. E poi. Ti sei mai chiesto perché quando porti il televisore ad aggiustare subito ti arrivano a casa volantini con le offerte dell'ultimo mese del negozio di elettro-domestici sotto casa tua?
- Ehm, devo giusto comprare un televisore nuovo. - dissi io imbarazzato - Il nostro si è rotto.
- Lo so. Altrimenti tua moglie non avrebbe mai messo piede in casa nostra. - rispose il Maurino sorridendo – Comunque attento a quello che fai. Fossi in te non lo comprerei e resterei anonimo. Ma sì, via ogni tecnologia! Via! - alzò la voce il Maurino.
- E quali vantaggi avrei secondo te? - chiesi.
- Innanzi tutto sfuggiresti alle tentazioni di partecipare ai giochi a premi, alla pubblicità e alle varie sublimazioni, e solo per questo motivo saresti un soggetto da studio. Potresti dirci se le sublimazioni intaccano il nostro modo di vivere pratico. Sai che la Tv è in grado di farci deside-rare perfino uno stile di vita diverso dal nostro e superiore alle nostre possibilità? Non ti accorgi che c'è gente che per andare in ferie ad Agosto campa undici mesi all'anno a panini con morta-della? E poi scanseresti le multe, le richieste di donazioni per le varie ricerche, i certificati elettorali, quelli dell'Unità e i Testimoni di Geova! Che si-tuazione strana è la tua. Sembra quasi un gesto del destino. Tu non hai l'auto, non hai il cellulare, non hai il computer, e adesso non risulti neanche come persona vivente. Secondo me dovresti provare a rimanere in questo stato per qualche tempo.
Ma io avevo la testa altrove, non ascoltavo più. Il Telegiornale era finito. Come ogni sera lo pre-sentava una smorfiosetta che non avrei scopato neanche col cazzo di un altro. Una volta era anche passabile, ma dopo aver sostituito le sue labbra con un paio di pneumatici sembrava sempre distribuire bacini a destra e a manca. Penso a quel poveretto che la sposerà e passerà la vita a difendere il suo onore di marito da tutti quelli che hanno confuso un “gommato Pirelli” con un'avance.
La mia Dora sembrava soddisfatta. Era voluta andare dalla vicina di casa, nonostante si salutassero appena, per non perdersi il programma del Sabato sera, quello in cui si distribuiscono miliardi per telefono. Lo presentava una signora bionda, la stessa da trentanni. Non ricordo più come era da giovane, probabilmente una bella donna, ma oggi ha la stessa imponenza di una mongolfiera che quando ti passa sopra riesce a coprirti il sole. Sempre fasciata in un abito stret-tissimo, a volte mi aspetto di vederla esplodere da un momento all'altro. Devo dire che ulti-mamente mi appare un po' circospetta. Cammina come una che si è cacata addosso. Ha un marito che somiglia all’ingrandimento di una mutazione genetica in un testo di Biologia. Probabilmente i suoi genitori lo avevano battezzato con l'acqua dei ravioli, ignorando che per certi “freaks” ci vuole prima di tutto l'anticrittogamico.
Toccai il braccio di mia moglie facendole segno che era ora di andare. La “seconda serata” non si può guardare in casa degli altri. Soprattutto se è Sabato. Lei, riluttante, si alzò e salutò la vicina, che, con mal celato entusiasmo, ricambiò calorosamente.
Chissà, forse anche suo marito aspettava la “dose settimanale” di fegatini crudi. Credo che alla nostra età sia un po' come andare a mangiar pesce alle Feste dell'Unità. Non sai mai cosa ti aspetta. Io, poi, non ho mai sopportato le donne che prima di far l'amore vanno a lavarsi. Quando le lecchi sanno di bagnoschiuma alle alghe, e ti sembra di stare al ristorante cinese. Il bello di una scopata è proprio gustare i sapori, sentire gli odori, assaporare i capelli in bocca, gli umori, il sudore altrui. Oddio, dipende sempre da chi ti stai scopando, ma in genere è così. Altrimenti è meglio farsi una sega. Anche meno di spreco. Sei sicuro che vieni come e quando piace a te. Non c'è alcuna preoccupazione per l'altro. Non ci sono tempi diversi né il timore di fare brutte figure. Puoi arrivare quando vuoi, non devi attendere l'or-gasmo del partner, orgasmo che alla nostra età arriva sempre più tardi, e nel frattempo ti tocca di tenerlo duro. Insomma, una faticata neanche troppo appagante.
Entrammo in casa. La mia Dora si diresse subito in cucina. Vidi che riempiva un pentolino d'acqua calda.
- Cosa fai? - chiesi.
- Ho mal di pancia. Mi faccio una camomilla. - rispose lei.
- Una camomilla? Proprio stasera?
- Perché cos'è oggi? La Festa Nazionale degli Ipertesi?
- Non ricordi neanche che è Sabato! - risposi smontato.
- E allora? Non pretenderai di salirmi sopra e d'infradiciarmi tutta! - disse la mia Dora - Non ne ho voglia stasera. Ho passato una giornata d'Inferno. Sono stanca.
- Non hai mai rinunciato ai “nostri Sabati”. Cosa ti prende? – domandai sospettoso.
- Non sono rilassata come dovrei, ecco tutto. E poi, bisognerà pur iniziare ad abituarsi, no?
- All'astinenza?
- Già. Altrimenti è come timbrare il cartellino.
- C'entra il televisore, vero?
- E' l'unica maniera per non annoiarsi. - rispose la mia Dora.
- Ma chi l'ha detto? Non è vero! Io leggo, e mi diverto molto più di te che guardi quella cazzata di aggeggio! - dissi alzando la voce. Stavo per perdere le staffe.
- Ho capito! Ho capito! - disse lei - Vai, vai a letto. Ti raggiungo fra una mezzora.
- Guarda, se non vuoi fare niente non facciamo niente. Tanto ormai................- dissi io diseccitato.
Mi diressi in camera da letto e infilai il pigiama.
Avevo sempre creduto che alla mia Dora piacessero i nostri Sabati, e invece lei pensava solo alla Tv. Chissà, forse mentre lo facevamo lei fantasticava su qualche bell'imbusto di quelle cazzo di telenovelas che guarda, uno di quei personaggi finti come i fiori di plastica, con un ferro da stiro messo per traverso nelle mandibole, lo sterno carenato e il sussiego di uno stilista frocio.
Me l'ero quasi dimenticata, la mia Dora. L'ultimo Sabato non mi era chiaro in mente. L'età. Lo avevamo fatto? Non me lo ricordavo. Forse sì. C'era il televisore, funzionava ancora. E com'era stato? Boh! Il solo pensiero di avere una donna dentro il letto, una donna di cui avevo scordato le sembianze, bastò per eccitarmi.
Guardai l'orologio. “Forse ci ripensa”, mi dissi.
Mancavano pochi minuti allo scadere dell'ora e lei ancora non si vedeva. Forse sperava di trovarmi addormentato. Ma no! Ecco, ecco che le luci s'iniziano a spegnere. Con lo stesso movi-mento di quei giochetti fatti con le carte, quei meccanismi d'inerzia, nei quali basta levarne una per dar vita ad un processo inferenziale distruttivo. Prima si spense la più distante, poi la più vicina. Mi voltai dall'altra parte. Avrei fatto finta di dormire. Alle donne non bisogna mai dare la certezza assoluta d'essere perpetuamente arrapati. Anche se in verità questa certezza ce l'hanno ugualmente.
Sentii lo spantofolìo dei suoi piedi a pochi metri dal letto. Poi sempre più vicini. Tirò su le lenzuola e s'infilò sotto. Io aspettavo ansioso. “Stai a vedere che davvero non mi sveglia”, pensai. Ma subito dopo una mano batté sulla mia spalla.
- Dai vieni, vuoi farlo? - chiese la mia Dorina.
Mi voltai e, con le mani sotto le coperte, tolsi il pigiama. Poi anche le mutande, rischiando seriamente di buscarmi un malanno. Alla mia età bisogna far attenzione perfino quando si scopa.
- Aspetta, - disse lei - mi tolgo la camicia.
I suoi seni flaccidi colpirono la mia fantasia come fossero stati due schiaffoni. Tirò via il lenzuolo. Ce l'avevo lì, a gambe larghe, tutta nuda, con quell'enorme triangolo di peli scuri là in mezzo che mi fissava. Eccola, com'era.
Purtroppo era meglio se restava nel mio personale dimenticatoio. Le ascelle facevano una serie ributtante di pieghe. Sembravano trippa fresca. Ma io non sono un gatto. Tentennai un'istante. Lui, sotto, mi si armò. La guardai con pensieri contrastanti. “Chissà a cosa starà pensando”, mi venne in mente. Al bello di “Beautiful”, sicuramente. E io? A cosa sto pensando io? Mi guardai fra le gambe. Ero moscio.
- Ari, cosa ti succede? - dice lei - Non ti piaccio più?
“Vacca, non mi sei mai piaciuta!”, pensai.
- E' che tutti i discorsi che hai fatto di là mi hanno smontato. Aspetta, riprovo. - rispondo alla mia Dora. Che scusa squallida! Tentai e ritentai, perfino mettendomi una mano sotto, come quando nei locali di vicoli di Genova ti servono la panissa bella calda. Ecco cos'era diventato. Ci sarebbe voluta una cazzuola, per accompagnarlo dentro. La mano non era il massimo dell'aiuto che potevo darmi.
Poi, all'improvviso, l'eccitazione mi venne incontro inattesa. Non so per quale motivo. “Alla mia età succede”, mi dissi. Cominciai a spingere ma non voleva entrare. Lei non era bagnata per niente. La mia Dora. Non le faccio più effetto. Ancor meno che lei a me. Perché le coppie anziane non si sfasciano? Avrebbero un sacco di motivi per farlo, e non ultimo proprio il sesso.
Chiusi gli occhi ed evocai la bella Elvira, la tettona di Nervi. Niente. Poi la presentatrice del Telegiornale. Men che mai. Quindi la ragazza che chiama i numeri del Lotto. Peggio che andar di notte. Allora provai a buttarmi sui personaggi letterari, ma Albertine s'infilava dappertutto. Alfred Agostinelli, maledetto! A Madame Bovary mi era rientrato tutto dentro.
- Allora? - chiese la Dora - Ci si riesce o chiamiamo una Ditta e ci facciamo fare un preventivo?
- Aspetta................- dissi io sudando come un maratoneta.
- Rimandiamo tutto a domani? Inizio ad avere freddo. – disse la mia Dora con l'aria di chi deve fare un bagno nel mare gelato di Gennaio - Ho tolto anche la camicia da notte!
- Vaffanculo! - esclamai stanco - Ci vorrebbe un po' di Viagra.
- Sì, magari qualche tonnellata. Ma forse con te funzionerebbero di più un paio di chili di cemento di pronta. – suggerisce la mia Dora per umiliarmi.
Tanto casino per niente. Mi sembrava di essere uno di quei piazzisti che fanno di tutto per farsi aprire la porta e quando gliela aprono non hanno i prodotti richiesti.
Una volta avevo letto un libro di Charles Bukowski. Storie inverosimili, Letteratura da gabinetti delle caserme. Però a ricordarlo oggi for-se a qualcosa sarebbe servito. Mi sforzai.
Sì, s'intitolava “Donne”. Ricordai un racconto in cui lui s'inculava Mercedes, una sua donna. Ma solo quel nome mi fece venire in mente un'automobile, e per giunta tedesca, e allora il tutto si disarmò nuovamente. Seppur qualcosa si fosse mosso.
- Scusami Dora, - dissi - proprio non ce la faccio.
- Lasciamo perdere allora?
- Se vuoi provare con la bocca, magari qualcosa succede.
- Per carità! - sbottò lei - Ho ancora il gusto della camomilla, che è dolce non salata!
- Già. Scordavo la camomilla. - dissi abbacchiato.
Troia. Troie. Scommetto che se al posto mio c'era un ragazzo di venticinque anni se lo sarebbe divorato. Altro che camomilla! Beh, ma anch'io non avrei avuto problemi con una ragazza giova-ne. O forse sì. Mah! Le donne hanno anche quella fortuna lì. Forse è per questa ragione che Dio ha affidato a noi uomini il “bastone” del comando. Pensate se avessero gli stessi nostri poteri, sarebbero tutto il giorno a farsi scopare da cani e porci. Chissà, probabilmente è per lo stesso motivo che Dio ci ha limitati con l'erezione. Per tenere a bada loro era l'unica soluzione.
- Buonanotte amore. - dice la mia Dora, e mi da un bacino sulla fronte, così, come se fossi il suo bambino di cinque anni.
E io che avevo tolto anche il pigiama! Per niente! Magari domani mi viene anche il raffreddore. Mi stringo sotto e mi do uno schiaffetto di rimprovero. “Proprio oggi dovevi mollarmi, brutto stronzo!” Mi rimetto il pigiama e torno ai miei racconti. Palliativo. “Morte a credito” non è male. Parlo dell'edizione senza censura.
Non bisogna lamentarsi troppo delle mogli. Neanche quando diventano vecchie e non riusciamo più a scoparle. Ci vuole una bella preparazione mentale per far l'amore da vecchi. Forse anche da giovani, però. Spesso, anche quando io e la mia Dora avevamo trentanni, si faceva l'amore più con la testa che con tutto il resto. Immagini, fantastichi, rimugini, pensi. Quasi mai ti ritrovi a far l'amore con la donna che ami. Perché se l'ami davvero trovi assai arduo liberare le tue fantasie, scatenare la tua libido, sfogare le tue perversioni, quelle che hai sempre avute e che hai passato la vita a reprimere; violentare tua mamma, farlo con una parente, che so, con una zia lontana, o anche vicina, non importa, con una sconosciuta o, peggio ancora, con tua sorella. Il matrimonio perfetto è quello nel quale prendi per moglie una donna di cui non ti frega assolutamente niente.
Ricordo che quando avevo quindicianni mi sfracellavo di pippe in gabinetto fantasticando di farlo con un'amica di mia madre, una vicina che aveva quarantotto anni. Non perché fosse bella, non me ne poteva fregar di meno, ma proprio perché aveva quell'età lì.
Da giovani gli anni non spaventano. Da adulti spaventano quelli altrui. Da vecchi non si ricordano più. Forse solo quando tiriamo le cuoia ci rendiamo conto d'essere diventati anziani.
Mi volto. Dorme già la mia Dora. La guardo. Aveva la fica asciutta stasera. Non l'eccito più. Del resto neanche lei mi eccita. Quello che ci scambiamo è proprio un debito, niente di più. Chi parla d'amore mi fa ridere. Dovrebbe avere la capacità d'astrazione necessaria per immaginarsi a sessantanni, con accanto una donna che non riconosce più.
Però sono stato stupido, potevo almeno provare a farmi fare qualcosa con le mani, chissà se non fossi riuscito a......……....…...non bisogna essere troppo ottimisti, però.........…………..
Dio com'è brutta. E' mai stata bella? Non me lo ricordo. Sono passati troppi anni da quando mi eccitavo solo a guardarla. Doveva comunque piacermi, altrimenti non l'avrei sposata. E se in realtà l'ho sposata solo per avere accanto una donna che mi desse da scopare senza fare troppe storie? Gratis? Senza pagare nulla? Non credo fosse per questo. Sì, gratis! Cazzo! Si paga, eccome se si paga! Forse più che andare a mignotte. Almeno là non ti devi preoccupare dell'altro, non devi essere costretto a ricordare anniversari e compleanni, a guardare lo sceneggiato sulla Rete nazionale, e quando scopi fai tutto in funzione tua. Ma anche con lei io ho sempre fatto in funzione mia. L'avrò mai fatta godere? Mi sembra di sì. Non si può essere così sicuri. Le donne hanno spie solo per l'eccitamento, non sono come noi uomini, pieni di elementi di prova da tutte le parti. E poi sono artiste nel mentire, sia quando ti fanno la cresta sulla spesa, sia quando ti fanno cornuto, sia quando fanno finta di godere, e ti dicono che le è piaciuto. Così, in modo distratto e naturale, come se le avessi chiesto se ha pagato la bolletta della luce. E tu, alla loro risposta, ti senti stupi-damente fiero, un uomo. Deficienti che siamo!
L'ho mai amata? Forse sì. Certo che ci vuole abnegazione per restare fedeli a questo..............coso. Chissà perché non l'ho mai tradita. Per fedeltà? Forse. Ma non per fedeltà verso di lei, più verso me stesso. O forse perché mi è mancata l'occasione e anch'io ho la corda che ho. Soprattutto con le donne. Amore. Probabilmente anche oggi l'amo, nonostante i suoi cinquantasei anni e quel paio di baffi che le è cresciuto. Quando? E chi se lo ricorda! A diciottanni non l'aveva. Dovevo essere ben distratto. E' perché le mogli sono degli estranei che ti metti in casa, non fanno parte del tuo nucleo famigliare, come la mamma, la sorella o la figlia, somigliano più a dei “soci” che a nostri parenti. I figli invece fanno parte di noi, sono un pezzetto di noi che abbiamo perso per strada e che ci affanniamo ogni volta a ritrovare. Infatti ricordo benissimo quando Daniela, no-stra figlia, mise i primi dentini. Sì ma quei baffi? Perché arrovellarsi tanto per un paio di baffi che non sono neanche i nostri? Non hanno importanza i baffi, soprattutto se sono degli altri. So-prattutto se ami davvero. Già. Ma io amo davvero? Boh! Cristo! Da quant'è brutta è un miracolo che nostra figlia sia nata. Devo aver avuto uno stomaco di ferro. Ma no dai! Lo stesso che ho avuto fino a Sabato scorso. Sempre se l'abbiamo fatto. Sì. Il televisore funzionava ancora. Va bene, mondo. Non pensiamoci più. Dopotutto domani è un altro giorno.


III.


La notte dormii poco e male. Pensai continuamente a quello che mi aveva detto il Maurino. Scomparire, scomparire in modo definitivo. Allontanarsi da tutto. Organizzarsi un cosmo paral-lelo dentro il quale le insofferenze comuni non possono entrare. Un pollaio, una gabbia. Scansare la fisicità. Diventare anacoreti, anacoreti totali, sociali, perfino anacoreti di sé stessi. Contestare la società con un rifiuto netto e preciso. Un gatto nero così così. Godere del proprio isolamento, di una splendida parvenza di vita, senza che gli altri dubitino della tua esistenza. Ma sarà mai possibile?
Il Maurino dice di sì. Del resto sono rimasto tanto tempo senza documenti, e nessuno è mai venuto a rompermi le scatole. Già. Ma erano altri tempi. Oggi c'è “Chi l'ha visto?”, programma in diretta che si occupa delle persone scomparse. Di qualcosa che non c'è. Dicono che la Tv sia sinonimo di Pace, ma una volta eri anche padrone di farti i cazzi tuoi, oggi, col sinonimo di Pace, non si riesce più a stare in pace. Sei lì che pensi di esserti lasciato tutto alle spalle, casini, mogli e figli, e zac! Luci della ribalta! Ti ritrovi proiettato sul quadrante di milioni d'individui. Lo scomparso più famoso del mondo.
No. Sarebbe meglio per me andare a fare denuncia. E cosa potrei mai dire? “Maresciallo, sono venuto a denunciare la mia scomparsa”. Un po' kafkiano. Anzi, pirandelliano. E il Maresciallo mi risponderebbe:
- Bene, allora le do una buona notizia. Non c'è bisogno della denuncia, e sa per quale motivo? Perché l'ho ritrovata io! Proprio qui, proprio oggi.
Immagino i titoli sui giornali: “Ritrovato l'uomo più scomparso del mondo”! Oppure: “Ecco il volto dell'ex Postino inesistente”. Di Calvinesca memoria. La mia faccia ritratta mentre mangio un panino, o, peggio ancora, mentre mi sto scaccolando. Contrizione umana e subito TRAAA! Parte immediatamente la gara di solidarietà. Le chiese Cattolica e Protestante subito ne appro-fitterebbero per chiedere un aumento del quattro per mille e la messa al bando dei Testimoni di Geova, qualche politico proporrebbe le impronte digitali anche per i cani e per i gatti, e quella sottospecie di socialdemocratici, la “nuova sinistra liberal-solidal-progressista”, direbbero che è giusto partecipare alle guerre giuste. Le televisioni organizzerebbero un “Survivor” in città, e magari con la scusa si brucia qualche barbone e si picchiano un paio di spacciatori rigorosamente extracomunitari, e il tran tran sarebbe ristabilito.
No. Non posso andare dai Carabinieri. Rischierei di finire in prigione io. Per “procurato allarme”, o per “oltraggio a pubblico ufficiale”. Si sa, i Carabinieri, oltre a non essere dei fulmini di guerra, sono anche permalosi, e se vado in caserma a dire che mi sono smarrito quelli possono prender-la male e arrestarmi.
Non importa, rimando tutto a Lunedì. Oggi è Domenica.
La Domenica, come diceva Gaber, è un giorno d'attesa. Non solo per la televisione, è sempre stato un giorno d'attesa. L'odore del sapone, delle paste fresche, delle trenette al pesto.....…..… C'è un negozio sotto casa mia del quale si dice in giro faccia il pesto col prezzemolo. Ah, non ci credo. Si sentirebbe dai! Il prezzemolo è prezzemolo, il basilico è un'altra cosa! Un'altra pianta. Sono solo voci di corridoio, non bisogna farci troppo caso, si sa come sono le voci, corrono per-ché non sudano.
Anche la mia Dora è in trepida attesa. No, non perché è Domenica, a lei non glie ne può fregar di meno, ma per il Lunedì. Domani ci devo-no portare il televisore nuovo, nel caso il vecchio non funzionasse più, volere che, ahimè, dipende dal “tennico”.
Mi sono comportato tranquillamente con lei, non le porto alcun rancore. Anche se in verità lei mi si era offerta, sono io che non ho saputo far altro che fissarla là sotto, in mezzo alle gambe.
Gli individui non dovrebbero guardare troppo da vicino il sesso del loro partner, neanche quando fanno del sesso orale. Li inibisce. Me lo ha spiegato un amico che fa lo Psicologo e l'Analista. Dice che ci fa covare un risentimento innaturale verso il partner. Mai capito perché. Forse lui non è molto dotato, e quando fa questo discorso parla del suo caso personale, della moglie che, poveri-na, non ha un orgasmo da cinque o sei anni, esattamente dall'ultima volta che l'ha fatto becco. Però forse non ha tanto torto. Ad occhi chiusi le donne farebbero qualsiasi cosa.
Ricordo che la mia Dora quando eravamo fidanzati per farmi le pugnette chiudeva gli occhi. Che dolce. Aveva quindicianni e io diciassette. Ero convinto che fosse innamorata. Povero scemo. Poi crescendo ho capito che non era per quello che teneva gli occhi chiusi, ma perché probabilmente leggeva le riviste pornografiche di suo fratello più grande, e, timorosa d'esser costretta a fare confronti e che dopo averli fatti il nostro rapporto si guastasse, allora socchiudeva gli occhi. O forse per godere di più di quell'istante tentando di prolungarlo. L'istante, intendo. Si sa, le donne considerano il loro innamoramento come una sorta di sogno, e tengono gli occhi chiusi, anche quando baciano o fanno l'amore, per far sì che quel sogno si dilati nel tempo. Le donne! Non esiste esempio più pratico di osmosi cerebrale dei loro innamoramenti. Anche la mia Dora presumibilmente chiudeva gli occhi per questa ragione. Poi un giorno li aprì..........................
Ah, il Principe Azzurro! Una volta si sognava con un elegante cappello a piume, vestito d'azzurro, appunto, e su un cavallo bianco. Oggi se di cavalli non ne ha quanti una Mercedes nessuna donna lo guarderà mai. Questi sono i danni causati dalle telenovelas, dalle soap operas e dai teleromanzi italiani, dai programmi sull'Alta Moda, dai dibattiti pilotati sulla società moderna, dai talk show e dalle trasmissioni gossippesche sulle “starlette” televisive che sposano il giovane industriale. Come dire, un'irrimediabile bagascia e un futuro cornuto.
Appena a casa posai le paste in frigorifero e diedi un po' di vita alla radio. Era tanto tempo che non l'ascoltavo così assiduamente. E' sempre stata in cucina, e quello è il Regno del Televisore. Comunque questa specie di “rivincita”, questa sorta di ribellione, non durerà a lungo.
- Anima in Pace, compagna di tante battaglie. - dissi a lei che pareva scrutarmi coi suoi mille occhi dell'alto parlante - Fra poco dovrai ri-tornare nelle retrovie. Oggi le persone hanno bisogno di vedere le facce, di venerare totem, di adorare immagini. Siamo talmente pagani che senza uno specchio non crederemmo neppure alla nostra esistenza.
Colpa delle religioni organizzate eh? Anzi, della cristianità. Di quella sfera settaria di chiese che chiamano “setta” chi è più serio di loro. Non crederemmo neanche più in Cristo se non fosse inquadrato dalla cinepresa di Scorsese. “L'ultima tentazione di Cristo”. Bel film, per carità, ma quante cazzate storicamente parlando.
La mia Dora preparò il pranzo domenicale in quattro e quattr'otto, me lo schiaffò sotto la faccia da divorare, e subito si precipitò a fare i piatti, senza neppure darmi il tempo di prendere il caffè.
- Ehi! - protestai celiando - Che hai? Cos'è tutta questa fretta?
- La Maria mi ha invitato a vedere la televisione da lei. – rispose mia moglie - Potresti venire anche tu. Il Maurino non ha mai niente da fare, la Domenica. Potreste farvi un giro di carte.
- Potremmo. - dissi io - Ma perché non mi metti al corrente dei tuoi piani? Avrei potuto darmi una sistemata.........……….
- “I miei piani”? - ripeté lei falsamente sbigottita - E quali sono i miei piani? Parli come se avessi organizzato una rapina in Banca.
- No, non dico questo, ma almeno avvertimi quando vuoi andare dalla Maria. Non vi siete cacate per anni interi…….......Sai, per me….............io son contento, pure.................. almeno vedi un po' di gente. Ci voleva la rottura di quell'aggeggio per farti uscire un po' di casa.
- Capirai. - rispose lei facendo ruotare la mano - Faccio tre metri e entro in un altro apparta-mento!
- Ma per lo meno vedi gente vera. - dissi - Anche se per guardare altra gente finta.
- Per te tutto è finto. Ormai son diventata finta anch'io.
- Guarda che non è perché sei finta che stanotte è successo quel che è successo - mi difesi - ma perché ti piacciono cose finte! Dovresti com-prarti un cazzo di plastica.
- Almeno lui resterebbe duro. - rispose la mia Dora ferendomi.
- Allora sai cosa ti dico? - sbottai arrabbiato - Che dalla Maria ci vai da sola! Io vado a dormire!
- Vai, vai! - urlò la mia Dora - Non sei capace di far altro!
Mi alzai dal tavolo e, spedito, entrai in camera da letto. Presi un Pirandello e iniziai a legge-re.Vacche! Parlano “d'amore” ma se per una volta fai cilecca subito iniziato a preoccuparsi. E poi dicono che siamo noi uomini ad essere sempre arrapati! Ah, lasciamo perdere, altrimenti inizio a pensare che anche la mia Dora sia come le altre.
Ecco, un bel libro, e l'uomo campa. Certo che questo Lìolà ne combinava! Altro che play boy e Latin lover! Lui le scopava senza far sapere niente a nessuno e col sorriso sulle labbra. Anche se poi, come al solito, tutto si viene a sapere sempre.
Pirandello! Mi fanno ridere quelli che si divertono a guardare le gazzarre senescenti della Dome-nica pomeriggio alla Tv! Pirandello sì che trasmetteva movimento! Quelli invece sono solo buoni ad urlare. Sono talmente a corto d'idee che se non gridano la gente capirebbe immediatamente di trovarsi col naso spiaccicato al vetro della finestra d'una casa dove si sta svolgendo una festa di compleanno alla quale non sono stati invitati. Sì, perché questo trasmettono. Urlano con l'illu-sione di coinvolgere i telespettatori nel loro divertimento. Bastardi. Sono loro che si divertono! E a nostre spese! Come m'incazzo quando sento quelli delle emittenti private che si fanno forti di non avere il canone. Poi vai al supermercato e trovi il fustino di detersivo il cui costo è il triplo di un altro detersivo che non è pubblicizzato alla Tv!
Sentii la porta sbattere. La mia Dora era uscita. C'era “Domenica In”. Da non perdere. Un'intera giornata a parlare di nulla, comunicando il nulla, ballando il nulla, suonando il nulla, giocando e vincendo nulla. Nulla. Proprio. Un vuoto riempito di niente. Il più alto picco dell'indice d'ascolto della trasmissione è quando fanno vedere i filmati delle partite del campionato di calcio. Per il resto l'interesse che suscitano è simile a quello di un frizer che si sbrina. La fame.
Mi addormentai. Quando mi destai erano le sette e mezza, e la mia Dora stava preparando la ce-na. In un silenzio assoluto. Accesi la radio. Lei si voltò e mi fissò impietosamente. Feci le linguacce e mi calai su una sedia. Non mi parlò per tutta la sera. Insomma, tutta, fino a quando uscì di nuovo per andare a vedere lo sceneggiato della Domenica sera, una cazzata più inverosimile dello sbarco sulla terra dei marziani. Il salariato del piacere. Ma alla Tv lo fanno passare per “vita vera”. Sul primo canale. Con la benedizione del Papa, probabilmente. “Incantesimo”. Un “Liala” spacciato per “grande cinema”.
Il bello è che hanno finito davvero per farlo diventare un libro. E quando lo leggi inevitabilmente finisci per dargli i volti dei protagonisti dello sceneggiato. Queste son le cose che hanno fatto la fortuna di Woody Allen. Forse, però, sarebbe più giusto chiamarlo “scemeggiato”. Per il conte-nuto. Niente a che vedere con “Petrosino”, o con “La donna velata”, o con “Belfagor”, o con, mi-gliore di tutti, “Il Tenente Sheridan", con un fantastico Ubaldo Lai. Questi di oggi, se messi a con-fronto, sembrano bambini che recitano alle rappresentazioni natalizie.
Ma forse sono io, siamo noi. Perfino della Morte ci piace di più il suo lato antico. Oggi, in Tv, sono tutti medici e avvocati, preti e giornalisti, poliziotti e carabinieri, giudici e agenti di borsa. Pare che il mondo sia abitato solo da persone speciali e da liberi professionisti. I poveracci non fanno moneta se non quando si raccontano in qualche trasmissione della seconda serata o nei tele-giornali.
Forse le persone normali non esistono davvero più. Oggi anche il più idiota può trasformarsi nel serial killer più pericoloso del continente.
Una volta i poveri restavano poveri, e non finivano in Tv che in qual-che documentario della Terza Rete, quella che una volta si chiamava “Tele Kabul”, che ce li presentava come “l'Italia che è rimasta indietro”, “il mezzogiorno che ci sta sul groppone”. Poi si meravigliano se nascono le varie Leghe. Ma oggi? Cos'è successo? Forse i poveri non esistono più? No, i poveri ci sono più di prima. E' che sono diventati invisibili, impalpabili, si nascondono, sono impersonali, quasi. Si sa di un numero, i famosi sette milioni sotto “la soglia di povertà” (su cui tutti si puliscono i piedi perché li scambiano per zerbini), e i numeri non sono fotogenici, i Telegiornali non li inquadrano mai. In realtà sono di più, perché la famosa “soglia di povertà” è la metà dello stipendio degli operai degli altri paesi europei, e lo ha fissato, stabilito, un'alienata sociale Ministro delle Politi-che, appunto, Sociali, che probabilmente sono anni che non prende un autobus e che non paga neanche il pane che si mangia. Come fa una così a dirci con quanti soldi dobbiamo vivere?
La verità è che il povero per fare notizia deve stuprare qualche decina di figli, accoltellare il suo datore di lavoro o l'amante di sua moglie. Ma anche questi generalmente vengono dimenticati.
Gli unici che non passano mai di moda sono le facce di merda.
Ricordo un Capo di Governo della “nuova sinistra liberal-solidal-progressista”, un vanesio con corte dei miracoli sempre appresso. Era diventato ormai la caricatura di sé stesso. E il suo con-temporaneo! Buono quello! Lo chiamavano il “signor inaudita gravità”. Aveva preso il posto del vanesio come segretario di partito, ma a vederlo sembrava più il fratello scemo di Groucho Marx, che un politico serio e impegnato. Era a favore dell'aborto, dell'omosessualità, delle guerre giuste etc, etc. Un anticonformista di Origine Statale, come Rocco del Grande Fratello, come Maurizio Costanzo. Alle ultime elezioni i suddetti personaggi ne presentarono un terzo, “un’anguilla politi-ca”.
Aveva una storia radicale, quindi liberale, poi era passato coi verdi, a sinistra, e, diventato Sin-daco della città papale, si era momentaneamente trasformato in un bacia pile, per ritornare, qualche tempo dopo, di sinistra, ma anche liberale, progressista, riformatore, solidale, socia-lista, democratico, femminista e anche un po' contraddittorio. Si doveva scontrare col capo dell'altra coalizione, quella di destra, denominato Sua Emittenza, per le proprietà televisive. Erano le stes-se emittenti che avevano trasmesso il Grande Fratello, il cui capo dell'Ufficio Stampa di quel programma era la moglie dello sfidante di sinistra. Il cerchio si è chiuso. Più consociativismo di così! La ragione principale per cui era stato presentato era la sua bellezza fisica. Eh sì, la Politica è l'unica disciplina della vita dove non importa avere chissà quale faccia, quel che bisogna essere in grado di fare è saperla usare. Nessun politico avrà mai così successo come quello che sa pian-gere ai funerali. In più, se sei anche bello........….....non puoi che stare sulle palle a tutta la nazione!
Una cosa che, indubbiamente, funziona in Tv, è la solidarietà. Ah, che bello! Dare, dare, bisogna dare. E allora t'impegni, giustamente, sono gli altri che stanno male. Abbiamo le pezze al culo e non sappiamo come “svortare” domani, ma se uno stronzo alla Tv ci chiede dei soldi subito glieli diamo. E se per qualche tempo spariscono ce ne preoccupiamo, e ci viene la smania di sdebitarci. Che poveretti. Basta che un qualsiasi risibile personaggio si presenti e dica di fare qualcosa per solidarietà, che sia vendere fustini di detersivo o quotidiani usati, e subito viene annoverato fra i Santi e Martiri della Tv. Un circo. Una Fiera Campionaria della lacrima e della Carità. Nemmeno il ritratto di Anna Maria Goretti fatto dal Papa in persona riuscirebbe a produrre tanti e tali contrizioni di spirito. Il libro “Cuore” a confronto di quegli umanisti è un manuale per cinici alle prime armi. Stomachevole.
E i cantanti? Cristo che squallore! Non riuscite a farvi un nome famoso? Fate una canzone contro la guerra o contro la fame nel mondo e tempo due settimane sarete in testa a tutte le classifiche del paese. Non importa se fa schifo, gli umanisti la compreranno ugualmente. Io a questi cantanti gli farei pagare il tempo che usano nelle trasmissioni per presentare il loro “atto umanitario”, come “spazio pubblicitario”. Sono i peggiori, perché hanno capito che quella pubblicità non ha prezzo, infatti non si può pagare qualcosa che ti presenta al mondo intero come spassionato filantropo. E come mi fanno incazzare quando si fanno beccare a fare qualcosa di “scandaloso”, come tirare cocaina o copulare ad un concerto! Eh sì! Un colpo al cerchio e un colpo alla botte. Ci si presenta come “umanisti” per vendere agli “Umanisti”, e come “fricchettoni” per vendere ai “Fricchettoni”! Bello. Davvero.
E le repliche! Replicano tutto ormai. Film e telefilm, soap operas e telenovelas, dibattiti su tutto, perfino sulla Tv, programmi comici, che di comico hanno solo le idee di chi ha allestito il palin-sesto, e finanche i servizi dei Telegiornali, quelli delle Ferie d'Agosto o dei Cenoni di Natale e di Capodanno. Tanto sono uguali tutti gli anni! Oppure i servizi astratti, quelli che mostrano, o do-vrebbero mostrare, problemi invisibili ma reali, che non si possono riprendere con la telecamera. Viene fuori un virus influenzale? Ecco che dalle redazioni parte una troupe in tutta fretta. Vanno a “riprendere” corridoi d'ospedale, citofoni, finestre chiuse, porte aperte, piedi d'infermieri, mani di Chirur-ghi, facce di malati offuscate (eh sì, la privacy!), e poi sportelli, ticket, lunghe code, ambulanze che escono, entrate di Pronto Soccorso, bandiere nelle Caserme, eccetera, eccetera. Evidentemente ci hanno preso proprio per coglioni. Eh sì, perché poi quegli stessi citofoni e quegli stessi corridoi te li vedi in un servizio che parla di computer, in un altro che parla di Banche, in un altro ancora che parla di Giustizia......…………….
C'è sempre un bel repertorio di nullità per chi non fa attenzione.
La mia Dora tornò a casa verso le undici e mezza. Che il buon Maurino abbia strane abitudini anche di Domenica? Forse. Forse siamo solo noi, io e la mia Dora, a darci l'appuntamento il Sabato. Gli altri prendono spunto dalla Tv.
Ricordo che quando stavo alle Poste c'era un mio collega che si eccitava insieme a sua moglie guardando i film erotici degli anni settanta e ottanta, sapete, quelli con Edwige Fenech e Barbara Bouchet. Tette e fiche a volontà, ma niente uccelli. Quelli sono volati via tutti nei film di Tinto Brass.
Cazzate. Rimembranze adolescenziali, niente di più. Chissà se la mia Dora si ecciterebbe a guar-dare Renzo Montagnani che spia dal buco della serratura. Peccato non averglielo mai chiesto. Un'altra occasione persa per sapere fino in fondo chi abbiamo sposato.
Venne a letto senza svegliarmi. Io la spiavo da sotto il braccio, chiedendomi se non volesse rifarsi della sera prima. Non osavo domandarglielo. Anche perché lei sembrava avercela con me. Non ero andato con lei a vedere la Tv dai vicini. L'avevo lasciata sola a sopportare quei due che si vantano di tutto. Della figlia, sposata ad un Ingegnere. Della loro nipote, prima della classe. Della loro automobile, appena comprata. Eppure il Maurino ha la fissa dell'Iconoclastia! Anche lui non ha la forza di sentirsi diverso in maniera definitiva. E poi, vantarsi dell'auto proprio con me! Figuratevi! Io, che non ho la patente e odio gli automobilisti come corporazione!

Come menarlo a un morto.
Secondo il suo modo di vedere l'avevo tradita, la mia Dora. Chissà, forse aveva intenzione di non darmela più. Era un peccato? Credo di sì. L'uomo senza speranze è perduto.
La mattina dopo sentivo che si alzava molto presto. Erano lei sei. Avrei dovuto andare in Questura per i documenti, ma non ne avevo voglia, quindi rimandai ancora. Erano le sei e già si alzava. Certo, era il “gran giorno”, quello del “tennico”.
Forse se non fosse rimasta incinta così giovane, a sedici anni, non l'avrei neanche sposata. Lei e la sua cazzo di Tv! Vive in simbiosi con “quell'affare”! Un video registratore mi sono sposato! Nostra figlia ha fatto meglio, di un anno. S'è fatta ingravidare a diciassette anni. Lei però è più carina oggi che ne ha quaranta che quando ne aveva sedici. Per quanto riguarda le cose moderne anche lei però............……….
Chissà se la mia dolce cara Dora, una volta uscito io, sarebbe capace di farsi scopare dal tecnico solo per ringraziamento. Non sarebbe poi così strano. Non conosco nessuno così videodipendente come la mia Dora.
Mangiammo molto presto, perché il “tennico” doveva venire alle due del pomeriggio. Io, dopo aver pranzato, andai a sdraiarmi un po'. Non riuscii a dormire, e verso le quattordici sentii il campanello suonare. Era lui, il tecnico. Sentii mia moglie aprire la porta e salutare con calore misurato. Dalle loro parole mi sembrò di capire che il ragazzo aveva portato un altro televisore. Per sicurezza. Così mi alzai e andai in cucina ad ammirare quell'arte moderna fatta di cacciaviti e pinze.
- Non conviene aggiustarla. - disse il “tennico” - Spende di meno se ne compra una nuova. E ha la garanzia che almeno durerà un po' di tempo. Anche questo mi aspettavo.
- C'era da immaginarselo. - dissi - Ha più di ventanni, il suo lavoro l'ha fatto. Meno male che ne ha portato un'altra. Altrimenti mia moglie chi la sentiva?
Ride. Deficiente. Come se non l'ho capito che ancora prima di aprirla aveva già deciso di non aggiustarla per vendercene un altra. Sintonizza i canali, manda via un po' di “neve”, regola il tono, il volume e il colore. Tocca a me. Vado in camera da letto a prendere i soldi. Trecentomila. Ormai non costano più niente, questi aggeggi. Credo che le case costruttrici si siano messe d’accordo con lo Stato per il Canone e con l’ente della luce elettrica per le bollette.
Il “tennico” se ne va subito. Dubito che fosse un buon scopatore. Troppa pancia, troppe sigarette, troppo sporco. Non credo che la mia Dorina sarebbe andata volentieri a letto con un tizio simile, anche se non è ragionevole metterci la mano sul fuoco.
Lei, mia moglie, ha gli occhi lucidi per la contentezza. Io sorrido, felice per lei. Mette imme-diatamente su Beautiful. Si capisce, è l'ora. Io mi giro e torno a letto. 'Fanculo, vita di merda. Mi addormento all'istante, ma, quando già stavo iniziando a fare sogni filosofici con l'Elvira, vengo svegliato. La mia Dora mi sta calando le braghe. Ha visto Beautiful. Si china e fa quel che aveva rifiutato di fare due sere prima per via della camomilla. Poi mi sale anche sopra. E' scatenata, povera vecchia. Starà pensando al “bello” di Beautiful. E io? A cosa penso io? Niente. E' già tutto finito. Soddisfatto? Soddisfatto. Ora non c'è che da rifare i documenti.




ANCHE NOI NEL VILLAGGIO GLOBALE


I.


Avevo fatto il giro degli uffici cittadini, e secondo quasi tutti i computers io ero davvero scomparso, non esistevo più. Volli andare anche al Palazzo della Finanza, per vedere se almeno lì, pagando le tasse, risultavo. Venni a sapere che il mio Codice Fiscale mi dichiarava “deceduto”. Impossibile! Io mi sentivo vivo! Insomma vivo, normalmente morto, come gli altri, come tutti. Poi mi fermai a pensare (e un tizio mi venne addosso), e raggiunsi la consapevolezza d'essere davvero inesistente. Come il Cavaliere di Calvino.
Mi sentii strano. Sì, perché se era vero, come diceva il Maurino, che ora potevo considerarmi veramente un “inintercettabile”, non ero comunque un “ribelle riuscito”. I ribelli si nascondo, ma esistono. Gli anticonformisti magari cacano nel bel mezzo della piazza principale, ma si vedono, si riconoscono. I gatti neri. Ne avevo visto qualcuno, molto tempo fa. Tiravano le molotov alle manifestazioni e sparavano alla Polizia. Oggi si travestono da donna e vanno da Costanzo. Non esistono più. Come me, come tutti. Esistono solo quelli finti. Gli anticonformisti di origine statale. Ma io cosa sono? Un gatto nero? Insomma. Un anticonformista vero? Forse. Oggi gli anticonfor-misti veri sono quelli che non hanno l'automobile, il computer, il telefonino. Che non guardano la Tv, che per l'Auditel non esistono.
La nostra esistenza oggi non è in reazione a ciò che di noi stessi percepiamo, ma conseguenza di quella considerazione che gli altri hanno di noi. Se nove su dieci c'incontrano per strada e ci sorpassano senza salutarci, significa che per loro non esistiamo. Neanche se gli mostriamo i documenti. Già, ma io?
Nonostante tutto mi davano ancora la pensione. Come mai? Feci subito una corsa all’INPS. Scrutai e indagai, venendo a sapere che non solo ero vivo, ma prendevo anche una pensione da “fame”. Però, dato il mio “status di disperso sociale”, era pur sempre una pensione.
Lo Stato! Che sbadataggine! Avevo sempre creduto che chi tirava su questi “disguidi” (ma a casa mia si chiamano “ca-si-ni”) lo facesse per tornaconto personale, e invece non era proprio così.
Tornai a casa combattuto se denunciare la mia presunta scomparsa e, tramite l’INPS, dimo-strare al mondo intero che si può esser vivi pur percependo la pensione da un Ente italiano, o, volutamente distratto, fingermi ignaro e confusamente scomparso. Quando entrai nel mio ap-partamento vidi mio genero Francesco che mi guardava con un sorriso ebete stampato sulla faccia.
- Aristide, - disse - ho trovato il modo per occuparti le giornate.
- E chi ti ha detto che le mie giornate sono disoccupate? - chiesi.
- Andiamo su! Si vede, si nota.
Accidenti, si nota. E' comico come a volte noi uomini non riusciamo bene ad inquadrare l'impressione che facciamo agli altri. Avevo le giornate vuote e non me n'ero accorto. Certe cose di noi, seppur minime, è solo dagli altri che possiamo apprenderle. Chissà, forse la vecchiaia è uno stato puro d'incoscienza dove le cose che fai non sono visibili, o per lo meno notabili, e nel quale perfino la noia è anonima, senza nome né cognome, tanto che gli altri devono preoccuparsi di trovartela. Una noia scomparsa. Come me. Come tutti.
- Laura e Michela han litigato, - continuò mio genero - così adesso lei non ha più nessuno che le insegni ad usare il computer.
L'aveva comprato due giorni prima, e io ero andato con lui per aiutarlo a caricare quel Kit di futuro nella sua macchina. Dopo un'ora buona di contrattamenti e spiegazioni, uscimmo dal negozio fregati e più ignari di come ci eravamo entrati. Inoltre. L'automobile di Francesco era stata chiusa da un camion che scaricava e noi dovemmo attendere che il camionista finisse. Stava mettendo uno sull'altro alcuni scatoloni enormi, e ci metteva un sacco di tempo. Così, stufi di aspettare, ci tirammo su le maniche della camicia e decidemmo di dargli una mano. In pochi minuti scaricammo tutto il camion. Si sa, quando c'è un auto da “liberare” ciascuno dei proprie-tari si trasforma in un Achille smanioso di conquistare la sua Troia. Il camionista ci offrì da bere, e mentre eravamo al bancone gli chiesi:
- Toglimi una curiosità. Cosa stavamo scaricando?
- Computers. Il nuovo modello. - rispose quello.
Computers. Il nuovo modello. Ci pensai e mi venne da ridere. Mio genero aveva acquistato una cosa che era già vecchia, superata, probabilmente antiquata. Oggi non basta essere moderni, perché se ti fermi a mettere la quarta sul tuo aereo personale subito vieni superato da un tizio col monopattino spaziale.
- E allora? - chiesi a mio genero che, in piedi davanti alla porta di casa mia, tentava di farmi capire d'aver bisogno di me.
- Ebbene, - rispose Francesco - tu aiuterai Laura a imparare ad usarlo.
- Io? - dissi - Ma se per imparare a scrivere a macchina ho dovuto usare anni e anni di soldi dei contribuenti! Pensa che per battere il mio nome correttamente ci ho impiegato una settimana. Va bene che Aristide non è facile da scriv....
- Lascia perdere! - m'interruppe - Ti passerai un po' di tempo in allegria e facendo qualcosa di costruttivo.
Ma porca put....……............Eccomi qua. Come al solito sono rimasto fregato. Che ne sapevo io di computer? Accidenti a lui e a quella stronza di mia figlia che l'ha sposato! Sempre con queste moderne tec-nologie! Ma non poteva prendersi per marito un appassionato di Settimana Enigmistica? E ora anche l'informatico avventizio mi tocca fare! Che cazzo ne so?
Anche se si parlava sempre più spesso di New Economy e di “Villaggio Globale”, io e la mia Dora eravamo completamente a digiuno di cose d'oltreoceano, non comprendevamo bene cosa fossero questi nuovi..........................stati mentali. Certo, come ogni cittadino italiano che compra e legge quotidiani, anche noi ci facevamo strapazzare le palle coi vari inserti, “Lingua e computer”, “L'inglese telematico”, “Computer oggi”, “Inglese no problem”, “Computer no problem”, “Il tuo PC”, che credevo fosse un inserto sulla rivoluzione d'Ottobre, e “Malinformatica”, insomma, tutto ciò che può fare di una persona normale uno stronzo “negropontista”, ma dopo aver passato mesi e mesi a sfogliare oziosamente nozioni tratte da quegli inutili inserti, quel mondo misterioso per noi rimase tale.
- E' come voler capire qualcosa di tossicodipendenza senza essere dei tossicomani. - commentò la mia Dora - Spesso le cose si afferrano male e in modo frammentario, senza capire le complessità dei vari aspetti, e facendosi delle idee sbagliate.
Aveva ragione, la mia Dora. Un mondo fatto d'ignoranti globali, ecco dove stavamo vivendo. Malgrado questo, leggendo i giornali, pare che la nostra vita sia in mano al computer. Ma forse è solo la voglia di virtuale a far sì che le nazioni vogliano imporre ai loro cittadini questa nuova economia. La verità è che i cittadini sono sempre stati qualcosa di virtuale, per i politici e gli economisti, basta vedere i sondaggi o i dibattiti economici.
Secondo gli economisti il reddito pro capite è di un milione e mezzo, e i politici gli vanno dietro, asserendo che per questo “in Italia non si sta poi così male”. In realtà il reddito è di cento-cinquanta milioni ogni cento abitanti, e non è la stessa cosa, purtroppo. I dati economici non sono come i sondaggi politici, perché se è vero che divulgando percentuali di un sondaggio favorevole alla destra non è difficile che molti (per quell'opportunismo strano che ha sempre afflitto l'italiano medio e che porta gli ignoranti di Calcio a tenere con la Juventus perché, si dice, è la squadra più forte), proprio per la divulgazione di quel sondaggio, votino a destra, nell'Economia quei centocin-quanta milioni non diventano un milione e mezzo procapite, ma restano centocinquanta milioni ogni cento abitanti, il che significa che può darsi benissimo che quei centocinquanta milioni ce li abbia uno solo e che gli altri novantanove facciano la fame.
Sovente sento dire a Psichiatri di origine statale (quelli che vanno in Tv a spiegare cos’è l’anoressia e fanno diventare anoressici un terzo dei cittadini) che la “pedofilia ha raggiunto il 4,6%”. Cosa significa? Che sono vittime o carnefici? Che quasi il cinque per cento dei cittadini sono pedofili, o che ciascuno di noi ha il 4,6% d'animo pedofilo? Bisognerebbe fare un sondaggio per capire quanti sono i cittadini che comprendono ciò che gli si chiede nei sondaggi.

E poi la malafede.
Domanda dell'intervistatore: “Per chi voterà signora, per quegli statalisti dei comunisti, stalinisti di sinistra, o i libertari di destra?” Con domande del genere anche Stalin avrebbe votato per Mussolini. Fra “stalinisti” e “libertari” mi sembra più che ragionevole votare chi non evoca i po-grom o la Siberia!
Ormai tutto è virtuale, in questo mondo virtuale. Guardi un programma sportivo. La solita “giornalista” con le tette enormi e la guersa all'aria ti chiede di mandare una E-mail per sapere la tua opinione sul litigio che c'è stato fra un calciatore e il suo allenatore. Non si capisce bene perché dobbiamo essere noi a pagare per dare un parere. Sei tu che me lo hai chiesto, no? E allora caccia il grano! Niente. Ma quel che mi chiedo io è: quanti di quell'italiano su quattro che, dicono, abbia il computer (in realtà il numero è molto più basso, perché cinque milioni di com-puter su quindici sono di proprietà delle aziende) stanno guardando la Tv in quel momento? Quanti quel programma? Quanti hanno Internet? Quanti hanno voglia di mandare una E-mail per risolvere “quell'atroce dubbio che tortura le notti insonni degli italiani”? Quanti, nel mandare una E-mail, sono di parte? I punti interrogativi riempirebbero il mondo. Inspiegabilmente. Sì, perché non è vero che i computers sono così popolari in Italia. A sentir loro pare che in questo paese ci siano sessanta milioni di computers!
Comunque sia.
Il giorno dopo mi recai a casa di mia figlia, e mio genero mi portò subito a far la conoscenza del computer. Quando si tratta di lui io non riesco mai a capire dove la sua fame di novità voglia andar a parare, e quindi rimango circospetto. Mi metto seduto alla scrivania e lo accendo.
Il prepensionamento è qualcosa che arriva fuori luogo, inopportuno, ti senti giovane ma, secondo la società e lo Stato, hai tutti i crismi del vecchio. Parassitismo sociale, intempestività, lentezza fisica e mentale, troppo tempo libero, la necessità di appassionarti a qualcosa, una esperienza nominale che sopravvaluta davanti agli altri, etc. etc. Così si finisce per essere considerati esperti di tutto. Mio genero mi vedeva leggere il giornale e credeva di trovarsi di fronte ad un esperto politologo. Ma il guaio è che, credendoci gli altri, piano piano finisci per crederci anche tu. Questo si chiama rincretinimento senile, o rincoglionimento multiplo simultaneo. Più semplicemente suggestione di gruppo. La stessa che prende i visionari che partecipano alle sedute spiritiche.
La prima cosa che mi colpisce sono i fogli d'istruzione. In inglese. Poi dicono che la “pax americana” non esiste. Quando andavo a scuola io l'inglese te lo insegnavano in questo modo: dovevi saper usare i pronomi, sapere cosa era il genitivo sassone, anche se non era necessario poi saperlo usare, e in quale posto mettersi il “do”. Io me ne feci subito un'idea. L'inglese era tutto qua. E infatti sono cresciuto convinto che inglesi e americani comunicassero a gesti.
C'era proprio tutto, annessi e connessi, e naturalmente l'immancabile abbonamento ad Internet, la Rete nata come esempio pratico di libertà e diventata, in pochissimo tempo, la più spiata e la più spiabile delle Reti.
Ragazzi, ma pensiamoci bene. Dove lo usi il computer? Nella tua stanza, no? E che razza di globalità è, allora? Secondo me è una forma d'individualismo che si vuol far passare per globalismo. Dicono che Internet sia “la nuova cultura”. In realtà non può dare l’istantaneità che promette, ed è per questo stesso motivo che è diventato il simbolo di quel desiderio di superficialità e velocità che è rischioso se esteso ad altre forme di cultura o pseudo tale.
In due parole? Pubblicità.

Ecco cos'è Internet: un modo per far soldi escogitato da qualche adolescente di Manhattan coper-to di brufoli. La New Economy. Era tutta qua. E c'hanno massacrato le palle per anni con sta cosa del computer, Internet e il “villaggio globale”! Inoltre. Non ci misi molto a comprendere che se usato senza una precisa collocazione e un determinato scopo, per lavoro, per esempio, il computer, e soprattutto Internet, non è altro che un giochino elettronico da bar di periferia. Altro che “villaggio globale”! Il problema è che ha anche le stesse pecche di quei giochini. Come il videopoker, se non stai attento ti manda in rovina in men che non si dica. Ci sono rincoglioniti di trentanni che spendono cinque milioni per l’ultimo modello e poi il loro massimo sono i giochi di ruolo e i siti pornografici.
Le tre "I": inglese, internet e.........idiozia.

Già iniziavo a dubitare di questa macchina del progresso.
Un proverbio cinese dice: “Riconoscerai lo stolto quando tu gli indicherai la Luna e lui guarderà il dito”. Ragazzi, c'è tutto il mondo fuori dalla vostra camera, non ci si può accontentare di vederlo in un monitor!
Il “progresso”, scrisse Giovanni Sartori, non è necessariamente una cosa positiva. In “Homo Videns” lui spiega che il computer può essere utile se usato per lavoro, per affari, altrimenti è solo un giochetto per adolescenti, che rincoglionisce gli adulti e fa danni incalcolabili al concetto di responsabilità.
Lo avevo letto qualche anno prima, ma non sapendo bene cosa fosse il computer non avevo la possibilità di applicare quei concetti direttamente alla macchina. L'esperienza è tutto, diceva un mio amico che appena aveva due soldi se li andava a spendere con le baldracche.
Comunque sia. Io e mia nipote iniziammo a passare sempre più tempo davanti a quello schermo. Cominciai a prendere confidenza. Anche con l'inglese. Mai vista lingua più inutile e meno saggia dell'inglese. I verbi sono tutti uguali, così che il modo simpatico (usato da molti scrittori e attori e comici) di scrivere o parlare in anacoluto è praticamente inapplicabile. Poi non ho mai capito perchè a loro basta mettere una “esse” per cambiare di proprietario. Lo sapessero a Napoli le fabbriche del nord sarebbero tutte là. “The florist's boy”. Il ragazzo del fioraio. E se il fioraio è una fioraia? Allora si direbbe “The florist's boy-friend”. “L'amico” della fioraia. Come dire che il garzone del fioraio non può essere amico del suo datore di lavoro se questi è una donna senza l'obbligatorietà di scoparsela. E' un po' come se in un discorso fra due uomini che si danno del “lei” entrasse il sesso femminile. Un casino. Un casino dal quale non si esce così facilmente.
Tutti questi discorsi non sono così strani quando si parla del computer. Eh sì, perchè in “rete” si comunica prevalentemente in inglese, e se non conosci la lingua non puoi comunicare che con i tuoi connazionali. Ma se è così c'è già il telefono! La Posta! Anche se quando spedisci una lettera d'amore ad una compagna di Liceo, non è difficile che quando la riceva sia già una donna sposata e madre di tre figli.
Dopo questa serie di ragionamenti cominciai a convincermi che il “villaggio globale” non è così “globale” come vorrebbero farci credere. Metti due tizi al computer. Uno è di New York, l'altro di Campobasso. Comunicano alla velocità della luce pur essendo a migliaia di chilometri di distanza. Il punto è che uno parla in slang e l'altro in dialetto provenzale lucano. Ma allora a chi e a che cosa serve Internet?
In verità serve solo ad aprire nuovi mercati dentro i quali le solite facce entreranno per monopo-lizzare. Certo, c'è chi dice che se un piccolo artigiano ha un'attività propria e vuole vendere le sue cose in tutto il mondo può farlo ammortizzando parecchi costi, fra cui la pubblicità, ma questo non cambia la vita al novanta per cento degli abitanti della terra! La Rete viene usata prevalentemente dagli amministratori (sfruttatori) di ricchezza. Non produce ricchezza essa stessa. E poi Internet non divulga solo cose buone! A parte la pedofilia e i vari traffici loschi, c'è un altro aspetto da considerare.
Ci sono giocatori di Calcio che hanno un proprio sito per comunicare coi loro fans, ma quando li senti rispondere alle domande dei giornalisti ti rendi conto che non sanno l'italiano, che fanno grossolani errori di grammatica, di sintassi, e comunicano un'ignoranza che ti fa venire i capelli bianchi. Analfabetismo di ritorno.
Internet trasporta tutto, non ha difese da questo genere di cose, così che il lavoro fatto da decen-ni di scolarizzazione e alfabetizzazione televisiva, oggi corre il serio rischio di essere vanificato da ignoranti con la Laurea e analfabeti danarosi.
Per non parlare dei dialoghi che si “leggono” in Rete. Siamo capitati per caso in un sito di quelli della serie “amicizia a distanza” (quelle “chat” nelle quali conosci persone che sembrano per bene e che poi ritrovi sulle prime pagine dei giornali indicati come uxoricidi o stupratori, insomma, uno di quei luoghi frequentati per lo più da deviati mentali). Ebbene, mi son trovato davanti ad un dialogo che sembrava scritto da Woody Allen.
Leo: hai mai pensato al suicidio?
Renzo: proprio al suicidio no. Però una volta ho letto un libro di Bevilacqua.
Leo: capisco. A me è morto un cugino l'anno scorso, ad un concerto di Vasco. Stroncato prema-turamente da un’intera serata di “giri di Do”.
Renzo: dissenteria acuta?
Leo: già. Sua madre, mia zia, invece è stata ricoverata in psichiatria. Sentiva le voci, proprio come Giovanna d'Arco.
Renzo: si droga? beve?
Leo: non credo. Però so che ha letto tutti i libri della Tamaro ed è abbonata a Repubblica.
Renzo: non sapevo che la Tamaro facesse così male.
Leo: non è la Tamaro, è che ha sperperato tutto il Conto Corrente Bancario della famiglia al video-poker e il marito, mio zio, l'ha lasciata.
Renzo: una partitina?
E così via. Ma non è solo questo. Quello che spaventa di più è il linguaggio telematico. Immaginate un muratore quarantenne di Platì, provincia di Reggio Calabria. E' davanti alla Tv e guarda “Tele anch'io”. Sente discorsi di questo tipo.
- Per fare la spesa potremmo cliccare ed essa ci arriverà a casa senza altre perdite di tempo o di denaro. Pensate, avreste più tempo a vostra disposizione, potrete usarlo per voi o per i vostri figli.
Ma brutta testa di cazzo, se devo stare a casa ad aspettare la spesa che ho ordinato al computer, cosa gli insegnerò ai miei bambini? Come rincoglionirsi davanti ad un video? Dove li porterò se sono obbligato a stare in casa?
Ma non è finita. Sentite.
- Vuoi sapere in “tempo reale” come sta tuo figlio in Australia? Gli mandi una E-mail, lui la riceverà e ti risponderà immediatamente, tranquillizzandoti sulla sua salute.
E se è morto? Perdi subito ogni speranza. E se ha dei problemi e ti chiede dei soldi per risolverli? Non imparerà mai a cavarsela da solo. E poi, cosa volete che ne capisca quel muratore calabrese, o anche romano o milanese o di dove volete voi, di E-mail e di cliccaggi?
Ancora. Tutto il tempo che ci stanno liberando, a cosa ci servirà dal momento che avremmo ogni cosa in casa? a portata di mano? Se perfino i continenti più lontani potranno giungere senza alcuna fatica da parte nostra nel salotto di casa? Inoltre. Un giorno il tuo computer si rompe. Tu hai imparato, come, ipoteticamente, succede da decenni, a scrivere soltanto usando i tasti, la biro è stata abolita, magari con qualche decreto di un governo di sinistra, e con la carta ci si fasciano solo pezzi di maiale agli estrogeni o frutta transgenica contrabbandata via Internet. Come farai a comunicare se non sai più usare la penna? Se nessuno la saprà più usare?

Una delle poche cose belle e convenienti che potevi trovare in rete era il P2P. Peertopeer. Il gratuito scambio globale di file fra cui film, documenti, documentari, libri, musica eccetera. Il problema è che i server sono stati subissati dalle proteste dei produttori, che perdevano una montagna di soldi rischiando il fallimento. Subito si è parlato di abolire il P2P, o di rendere questa pratica un reato. Ma, sia server che venditori di computer, sanno bene che il settanta per cento degli individui computeromani usa il mezzo solo a quello scopo. Quindi, per evitare di andare in rovina, non hanno detto esplicitamente che scaricare gratis film, musica e quant'altro non era più possibile, ma, senza dir nulla, hanno abbassato la banda a chi scaricava, rendendo questa pratica lunga e snervantecosicchè il video che ottenevi in 12 ore oggi lo scarichi in 12 anni.
Chiaramente mi sono limitato ai problemi che potremmo avere nell'occidente democratico e modernizzato, dove c'è un approccio molto più semplice col progresso, perchè se andiamo a vede-re come stanno le cose in Africa, sud America, in Estremo oriente o in Asia, la situazione è assai peggiore. A parte i vari problemi che riguardano la cultura, il saper leggere e scrivere, anche le priorità sono diverse, e non sono un fatto secondario. Chi ha problemi di fame (che non ha la pos-sibilità di mangiare tutti i giorni, e non sembrano essere pochi, un miliardo circa), chi non ha una casa abitabile (un altro miliardo), e coloro che vivono sotto la soglia di povertà (popolo che sta crescendo anche in Europa, e a dismisura), l'ultima cosa di cui si preoccupa questa gente è la New Economy, il computer e Internet.
Ciò che si vuole spacciare per un'evidente opportunità mondiale non è altro che un mezzo per affinare le armi di chi le opportunità ce le ha già. E' chiaro che il “Villaggio Globale” è un'invenzio-ne dei media.
Poi c'è il problema della lingua. Per diventare davvero globale, una “pax mondiale” simile a quella schiavitù pensata dai greci e dai romani, il villaggio ha bisogno di capirsi, e deve dare la possibilità alla gente di parlare la stessa lingua, che sia anche il dialetto genovese, non importa. Ma le scuole terzomondiali faticano a convincere i genitori che devono mandare i loro figli a scuola per impa-rare qualcosa, e non l'inglese, ma soltanto a saper leggere il proprio nome sui propri documenti!
Diciamo che su sei miliardi di persone presenti oggi sulla terra, più di quattro miliardi non sono in grado di usare il computer né nelle condizioni di poterselo permettere. In molti paesi non esiste una rete fognaria, figuratevi una rete telematica! Perfino l'erogazione di corrente elettrica è un problema. E non per mancanza di tecnologia, ma di acqua! Forse l'intenzione dell'occidente è vendere a quei paesi poveri computers a batteria.
Non sono pochi, questi paesi, sono la maggioranza. Hanno problemi con le malattie, si muore di AIDS, ma anche di raffreddore e dissenteria................L'acqua, quella poca che c'è, è scarsamente potabile, l'elettricità arriva solo negli appartamenti dei ricchi, dei potenti. Ci sono pochi ospedali, una disoccupazione pressoché totale e un’anarchia economica completa! Il bello è che siamo noi ad affamarli. E poi ci lamentiamo se esiste l'immigrazione clandestina! “Aiutiamoli al loro paese”, si dice. E come li aiutiamo? Facendo leggi con cui si permette ai produttori di dolci di non scrivere nelle confezioni che il cioccolato che stiamo mangiando è senza cacao, cacao la cui coltivazione mantiene in vita un quarto dei paesi del Terzo Mondo, scatenando la guerra contro il tabacco, che sfama l'altro terzo insieme al mais e alla soia, ormai inesistenti se non transgenici.
Quando si parla di computer, telematica, informatica, si dovrebbe avere il buon senso di non usare la locuzione “villaggio globale”, ma quella meno universale di “villaggio occidentale”, per quanto anche da noi.......................
Internet, il computer, a chi servono realmente?
Eccoli, me li vedo. Sedicianni. Giocano al “Samurai”. Poi, a loro insaputa, capitano in un sito della NASA o della Banca d'America e d'Italia. Schiacciano, pardon, cliccano qualche tasto, e dopo un minuto il tuo paese deve dieci miliardi di dollari all’Uganda. Oppure. Un bimbo. Sano fisicamente, con un quoziente intellettivo normale ma con genitori inevitabilmente distratti dalla globalizza-zione, dalla New Economy, dal “nuovo che avanza”. Entra in un sito. Non è un sito strano, solo un negozio di bambole, robot elettrici, piste automobilistiche, insomma, niente di sconveniente, sembra. Inizia a parlare col suo interlocutore.
Jimmy: sei un maschietto o una femminuccia?
Un maschietto.
Jimmy: quanti anni hai?
Dieci.
Jimmy: come sei vestito?
E così via. E quando ti ritrovi il figlioletto stuprato dal “villaggio globale” allora la tua concezione del “progresso” comincerà a risentirne. Ma non è pericoloso solo moralmente e sessualmente. Ci sono terroristi telematici che fanno parlare i nostri figli di tutto. E' un mercato che si autoalimenta. Inventano il virus per venderti l'antivirus, la pubblicità pirata per venderti l'anti-spam, lo spy-ware e così via.

Gli unici che gioiscono sono i malati d'informazione. Sì, perchè oggi sai in tre secondi quanti morti ci sono stati nel terremoto cinese delle otto. Così ci ritroviamo a soffrire per disgrazie che ena la Rete ci avrebbero riguardato poco. L'unica vera globalizzazione è quella del dolore.

La cosa che più mi fa incazzare del nostro supposto caso di “occidente modernizzato” è la presunta e non provata necessità, tanto sbandierata quanto fittizia, di saper usare questi aggeggi. E' il futuro! Dicono. Esagerati. Il computer non può cambiare la vita a chi non vuole farsela cambiare, non più di quanto ce l'abbiano cambiata telefoni e automobili e televisori. E neanche in meglio, perchè oggi ci stiamo accorgendo di quanto male possono fare. Ma ci sono “servi sciocchi”, collaborazionisti degli americani esattamente come i francesi di Vichy lo erano dei nazisti, che ci vogliono omologati a loro. Partiti che si spacciano per “liberali” e invece fanno solo l'interesse dei ricchi, che non perdono occasione per ribadire quanto questa nuova economia sia il futuro, qual-cosa d'indispensabile. Da quando gli hanno detto che il computer è sottoposto al Vaglio del “Carnivoro” dell'FBI, subito si sono messi a spingere perché sia divulgato. Ma la libertà è per chi ha i mezzi per fare quello che vuole, per gli altri è solo schiavitù. Se tutta la pubblicità fatta ad Internet e al computer fosse stata fatta per prevenire l'AIDS, oggi l'avremmo debellato da tutto il pianeta.
Comunque i liberali radicali non sono i soli.
Chi sono i tizi che diffondo la New Economy nella società? Quelli che, sebbene non danarosi, vivono nella speranza di entrare a far parte di un mondo fuori dalla loro portata, o quegli altri che si mantengono in vita succhiando le gocce che di quell'economia cadono dal soffitto. Oddio, li conosciamo tutti eh? Giacca e camicia. O cardigan. Glabri, rigorosamente. Universitari di mestiere. Biondini, qualche volta con gli occhi azzurri. Impeccabili perfino quando vanno al cesso. Il mito della sinistra democratica, le stanze con l'incenso che brucia ereditato da un padre rinco-glionito, una madre in carriera che a forza di gridare “l'utero è mio e lo gestisco io” è diventata bisex, la mente aperta verso tutto, e il posto fisso, risultato inferenziale del possedere un carton-cino nel portafogli. Guardano “Costanzo Show”, tutte le sere alla stessa ora. Frequentano le birrerie, il Sabato. Leggono Irvine Welsh e, per essere originali, qualche scrittore polacco perseguitato dal regime o la biografia di Nelson Mandela. Sanno a memoria “Cent’anni di solitu-dine” e “La casa degli spiriti”. Sono innamorati di Kennedy e gelosissimi di Monica Lewinsky. Vorrebbero vivere in America e fare lo stesso percorso di Kerouac travestiti da gatti neri. Piangono al cinema, davanti a “Risvegli”, e dicono che Quentin Tarantino è un artista. Sognano un'Italia di De Niro e Giuliani, di Parietti e Ferilli, di Dario Argento e Moretti. “Forrest Gamp” è il loro massimo e amano le Nike, le Olimpiadi e la Vela, Kieslovski e Panariello. Chiedono chi erano i Beatles e impazziscono per Jovanotti e Vasco Rossi, ma anche per il jazz. Gli hanno detto di ascoltare Frank Zappa e Pat Metheny e loro lo hanno fatto. Hanno rivalutato Baglioni e, final-mente, dimenticato la P.F.M. Sono l'avanguardia politica, i governanti di domani. I servi sciocchi di oggi. Gli Anticonformisti di Origine Statale. No, loro non si sprecano a parlare di Calcio, siamo pazzi? e l'Africa che soffre? Bono chiede l'annullamento del debito del Terzo Mondo? Uniamoci a lui! E poi la disoccupazione! Combatterla! Vincerla! Con ogni mezzo! La flessibilità! La mobilità! Certo, certo, per gli altri eh? Noi siamo a posto! Cerchiamo solo di aiutare gli altri! Noi? Non abbiamo ideologie da difendere, noi. Per noi le ideologie non sono un problema! E poi la solidarie-tà! Per i paesi poveri! Sì! Sì! E poi la guerra! Che disgrazia! Che disgrazia! Ci dispiace ma dob-biamo farla! Il terrorismo è da sconfiggere, la dittatura è un male! Sia a sinistra che a destra! No, al centro no! Al centro puoi fare quello che vuoi! L'Uranio impoverito? Non fa male l'Uranio impoverito! Fa più male Il Grande Fratello! E poi c'è Internet!
Già, c'è Internet. A chi serve veramente? Un muratore di Palermo, o anche di Genova, come può usare il suo PC in modo “professionale”? Per mettere mattoni o per fare l'intonaco bisogna essere sul posto di lavoro e saper usare le mani. E un falegname, può usare il suo “mouse” per piallare? No, ci vuole la pialla, non c'è niente da fare. Ci sono aghi interessanti su Internet, ma li devi cercare in montagne di paglia inutile. Ma allora a chi serve davvero? A tutti quelli che vivono sfruttando il lavoro degli altri. Gli amministratori di ricchezza. Fra una decina d'anni ci troverem-mo in mano il paradosso d'avere più amministratori di ricchezza che ricchezza stessa. Il compu-ter non produce ricchezza dal nulla. Deve sfruttare un benessere preesistente, non può fare altrimenti.
Questi “signori” sono ultraspecializzati. Sono gli stessi che promulgano la necessità di una Laurea. Ma per fare cosa? Vedi degli Architetti eccezionali, che sanno progettarti un ponte lungo cinque chilometri in due ore. Poi gli chiedi dov’è nato Garibaldi e non lo sanno. Ignoranti con la Laurea. Ormai ne gronda il mondo. Ci sono individui che puntano tutto su Internet. Diventano dei Programmatori bravissimi. Il problema per loro è che questa nuova tecnologia è destinata ad invadere le nostre case, e che presto i costruttori la semplificheranno a tal punto che qualsiasi casalinga sarà in grado di usare correttamente un computer. Solo così Microsoft può sperare di continuare a campare. Cosa faranno allora questi incredibili programmatori?
L’Economia cambierà improvvisamente, e loro si troveranno in mano un mestiere inflazionato. Finiranno per estinguersi per colpa delle ultraspecializzazioni. Come i dinosauri. Con l’Informa-tica stiamo producendo i disoccupati di domani.
Il guaio è che tutti i governi del mondo ormai sembrano essere sotto scacco di questa nuova economia. Dovrebbero essere gli individui a guidare l'economia e non il contrario. Eppure le avvisaglie della sua pericolosità si sono già viste! I mercati di qualsiasi paese possono crollare da un momento all'altro per una svista o solamente perché sono troppo uniti fra loro. I Loyds di Londra sono andati in bancarotta per il “ghiribizzo” di un loro impiegato, e per qualche giorno si sono trascinati dietro non solo la borsa inglese ma quelle di tutto il mondo!
Non è un bene, questo, perché tutti ci possiamo rimettere. In quale modo? Va in crisi il mercato vietnamita del riso? Il diretto risultato può essere il licenziamento di cinquemila operai in una fabbrica di frigoriferi del lodigiano. A migliaia di chilometri di distanza! E, a parte i liberali radicali che giustificano tutto dicendo “è il mercato globale”, come se fosse una calamità naturale alla quale non si può porre rimedio, non è un bene per noi. E mia moglie Dora che solo dieci anni fa mi dava la Posta del panettiere da spedire perché così ci trattava meglio sul peso e la qualità dei caravanini! Inoltre. Il mondo rimpicciolisce sempre più e tante aziende trovano più conveniente fare la fusione che mettersi in competizione fra di loro. L'immediata conseguenza di queste fusio-ni sono altri licenziamenti, perché molti servizi diventano doppi e bisogna smaltire gli esuberi. E tu pensi che quel licenziamento sia sintomo di difficoltà, e che inferentemente la quotazione in Borsa di quelle aziende presto scenderà. E invece no! Sale! E' questo il pericolo maggiore. Le quo-tazioni di un marchio salgono se quell'azienda licenzia operai e impiegati. Questo meccanismo porterà al tracollo finanziario della terra! O ad una nuova rivoluzione. La colpa?

Della globalizzazione, e quindi della New Economy.
Sembrava una cosa innocua, all'inizio. Anzi, non innocua, ma addirittura la “nuova frontiera finanziaria”, un mezzo col quale far cadere i pregiudizi, alimentare l'economia morente, far crollare la disoccupazione, avere una visione globale chiara e immediata. Poi abbiamo scoperto l'esistenza di Echelon. Sono già tra noi. A Londra, Palmer Street n° 8, centrale britannica. A Bad Aibling, centrale in territorio tedesco da cui spiano la Germania e tutta l'Europa. Ma ce n'è una anche a Menwith Hill, gestita solo dagli americani. Non c'è bisogno di uomini, in queste centrali. Infatti ci sono solo grandi elaboratori, computer. Sono soprannominati “I Dizionari”. Mangiano qualsiasi informazione col sistema delle “parole chiave”, e poi elaborano. Questo sistema si chia-ma Moon Penny. Intercetta tutti, globalmente. Ma il loro è più che altro spionaggio economico. Secondo la Comunità Europea le aziende Boeing e McDonald-Douglas hanno vinto un appalto per vendere aerei all'Arabia Saudita soffiandolo agli europei del consorzio Airbus grazie alle inter-cettazioni di Echelon.
E' dopo aver saputo questi fatti che tutte le nostre convinzioni sono iniziate a scemare. Molti cominciano a chiedersi “se non sia perché hanno trovato il modo di metterci sotto controllo”, che esiste quest'imposto espansionismo telematico e informatico. Da studi più recenti pare che alcune ditte americane che costruiscono computer, ne abbiano messo a punto uno che è già predispo-sizionato per essere intercettato. Lo vendono a noi, a noi europei. I nostri governi hanno chiesto spiegazioni agli americani, e loro ci hanno assicurato dicendo: “Va bene, non lo facciamo più”. Così, come se avessero rubato la marmellata. E noi? Ci siamo ributtati a capofitto alla spasmodica ricerca del “nuovo”, del progresso, del moderno.
Abbiamo la sveglia al collo e non sappiamo leggere il nostro nome sulla nostra carta d'Identità, ma se vediamo l'ultimo modello restiamo ammaliati. Sbagliamo i congiuntivi, ma quel nuovo modello dev'essere nostro. Diciamo “cliccare” invece che schiacciare o premere. Non sappiamo cosa significa “mouse”, ma continuiamo a ripeterlo fino alla nausea. Siamo troppo manipolati e manipolabili e non ce ne accorgiamo.
Ci sono persone che credono (e altre che spacciano) l'Informatica un nuovo tipo di cultura, ma la verità è che in Internet possono pubblicare tutti, così che nove cose su dieci sono cazzate inve-rosimili, imprecisioni, errori di qualunque tipo e balle belle e buone. E poi, che genere di cultura viene servita? E chi si collega, quale livello culturale ha? La maggior parte di loro sono convinti che Treblinka e Auschwitz siano in Germania! Non sanno cos'è Dongo, non sanno quando è finita la prima guerra mondiale per noi italiani e quando è cominciata per gli americani, Napoleone ormai è una marca di tonno in scatola o di cognac, Truman è un interventista filantropo e il “piano Marshall” un aiuto umanitario disinteressato. Grazie a Oliver Stone ricordano Kennedy solo come vittima di un complotto governativo, e non come capo del partito più corrotto della storia degli Stati Uniti o come colui che iniziò la guerra in Vietnam.
Il computer è un mezzo che aiuta ad obnubilare la memoria.
Dire oggi che il computer è una necessità equivale ad asserire che chi non ha l'automobile non è degno di girare liberamente per le strade. La presunta necessità di avere e saper usare il computer, così sbandierata dai governi occidentali e dal Giappone, è un'iperbole. O forse peggio, un tentativo, neanche troppo spassionato, di coercizione mentale. Ci dicono che è una necessità perché in futuro si lavorerà solo con il computer, mettendoci davanti la velata prospettiva di non riuscire a trovare lavoro se non siamo capaci di usarlo, e finire così per fare la fame. Ma quanto è vero?
Gli informatici onesti dicono che la “rivoluzione negropontista è già finita”, e che le presunte illi-mitate possibilità del computer in realtà non sono che variazioni sullo stesso tema. E’ quanto-meno sorprendente venire a sapere che sono principalmente i politici a non essere d’accordo. Compresi quelli della sinistra estrema.
Sarei curioso di sapere quanta “cagnotta” prendono dalle case costruttrici “i portatori del Verbo”. Forse gli pagano solo le campagne elettorali. Onorevoli, il lavoro prima di tutto è movimento, e non farsi venire l'emorroidi a forza di star seduti come autisti dell'Azienda Municipalizzata Trasporti. Ma li capisco. I casi di emorroidi sono più frequenti proprio fra i politici.
Ma anche chi è contro per antonomasia resta affascinato, i cosiddetti “no-global”, coloro che contestano gli inquinatori però hanno l’automobile, gli status symbol però hanno il telefono cellulare, che leggono “Il Manifesto” o “Paris Match” su Internet perché costa meno, che diventano miliardari cantando per i poveri, o che vendono in tutto il mondo suonando di “no-global”.
Ossimori con le gambe.
In realtà il computer è limitato. Nelle sue possibilità. Non siamo limitati noi nelle nostre, ma lui nelle sue. I prodotti devono essere costruiti, fabbricati, devono viaggiare sulle strade, non posso-no correre lungo i fili o attraverso l'etere. Se vuoi costruire un palazzo devi uscire di casa e andare in cantiere, se vuoi fabbricare un mobile devi andare nella foresta, tagliare l'albero, lavo-rare il legno e costruire il mobile. Nemmeno il computer si costruisce da sé. Inoltre. Il computer viene sovente definito “cervello elettronico”. In realtà non può arrivare laddove non arriva il cervello umano, perché è esso stesso prodotto dal nostro cervello, ed è inevitabilmente più limitato, perché non ha capacità astrattive.
E' curioso che i consigli di riciclarsi tutti dentro questa nuova econo-mia vengano più che altro dai politici, da gente che non sa cosa sia sudare. Spingendo in questo modo verso questa nuova economia, tutti i giovani finiranno per farsi ammaliare. Vedrete, fra una ventina d'anni un operaio edile guadagnerà cento volte quello che guadagnerà un esperto informatico.
Certo, oggi è diverso. C'è sempre una faccia di merda coperta di brufoli che sfrutta il tuo lavoro seduto comodamente nella sua cameretta e guadagnando al posto tuo, ma certe cose non si possono fare da casa propria, seduti in poltrona.
Comunque sia.
Quel giorno arrivò. Anch'io, come molti del “villaggio globale”, dovevo prendere conoscenza del mezzo meccanico. Per aiutare mia nipote Laura, per curiosità, per misurarmi col “nuovo che avanza”, con la gioventù, per constatare se ancora sono in grado di far qualcosa, se sono ancora vivo.
Quindi vai, clicca, e vediamo cosa succede.


II.


La Posta elettronica, le E-mail, sono simili ad una lettera anonima, si contraddistinguono per la loro vigliaccheria. Anonima non propriamente, ma più per la mancanza di fisicità. Non vedere le facce che ci fanno dei complimenti è molto peggio che fissare gli occhi di un individuo che ci accusa di omicidio o di stupro.
Dopo poco tempo, nel quale entrai in confidenza con la tastiera, mi convinsi che Internet non è un mezzo per comunicare ciò che si ha nella testa, ma solo un veicolo di persuasione per chi si presta all'autoconvincimento. Mi accorsi che non ci si può mettere al computer per fare due più due senza subirne il fascino. E' così che ci si rovina finanziariamente, perché anche se è vero che le tariffe sono urbane e quindi non si spende che come una chiamata a tua zia o a tua figlia, è anche vero che il carisma sprigionato dalle immagini di ciò che fai e di quel che vedi è maggiore, e quindi più coinvolgente. Come il video-poker. Inevitabilmente finisci per occuparti di cose che ti interessano poco.

Mi mettevo lì, intenzionato a cercare curiosità su Cèline o Carlo Emilio Gadda, e scontatamente finivo per occuparmi di antisemitismo e scienza dell'alimentazione (la ricerca sugli ossibuchi divenne, nei giorni che seguirono, una delle mie più grandi passioni!). Quanto c'entravano col mio amore per la Letteratura?
Ancora oggi, me lo chiedo.
Anche se dopo due ore trovai quel che cercavo, i miei dubbi sulle strane “curvature” e sulle oscure pieghe che gli argomenti potevano prendere, divennero sempre più insicurezze certe. Il “Villaggio Globale” stava diventando sempre più “gobbale”. In quale modo il computer fa risparmiare tempo, mi chiedevo, se quando ti avventuri fra le “strette maglie” di quella Rete non riesci più a districarti e a venirne fuori?
Ma non era finita. Una cosa che m'incuriosì furono le sottolineature degli errori che il computer mi faceva automaticamente quando scrivevo. Sembrava una stronzetta di “maestra dalla penna rossa” di deamicisiana memoria. Il problema è che non aveva sempre ragione il computer. Mi accorsi che segnalava salti che potevano essere considerati di “stile”. Se scrivevo “far” gli andava bene, ma era una delle poche licenze che mi concedeva, perché non accettava né “pensar” né “vedem”. Non sopportava le parole ripetute, “fresca fresca”, “nera nera” etc. Evidentemente nessuno gli ha mai spiegato cos’è una “epanalèssi”. Poi sottolineava i vocaboli inopportuni; inculata, chiavata, goduria, eccetera. Proprio un puritano. Inoltre confondeva nomi a lui non noti con stravaganze. Scrivevo Goldsmith, l'autore degli esperimenti sulla “Drosophila Melanogaster”, e lui zac!, penna rossa. Scrivevo Conklin, eminente Biologo, e lui: "ECCOLO LI' !", penna rossa.
Evidentemente è un patriota, e non ammette che gli scienziati abbiano nomi diversi da Zichichi o Rubbia o Dulbecco (anche se a dir la verità mi sottolinea anche questi). Per non parlare dei periodi troppo lunghi! Ti suggerisce di mettere qualche punto. Come dire che Proust non avreb-be mai potuto scrivere, ne "La strada di Swann", le paranoie provate da piccolo, quando aspetta-va, ansioso e sveglio nel letto, che sua madre andasse a dargli la buonanotte con un bacino. Quei periodi, nei quali i punti fanno sparute e timide apparizioni, sarebbero stati tutti sottolineati.
Iniziai a sentirmi come uno di quei personaggi che s'incontrano nei bar del “Ulisse” di Joyce; avventizio e provvisorio.
Ora, sappiamo bene che il computer non è un cervello elettronico ma un cane ben addestrato che riporta indietro tutto quello che gli tiri, ma quel che mi chiedevo io era che cosa cazzo gli avevano tirato! Chi è quello stronzo che l'addestrato? Certamente un patriota. O uno xenofobo. O un professore universitario conservatore e riluttante a fare corsi d'aggiornamento.
Scontatamente finii per buttarmi sul sesso. Si sa, a cinquantotto anni si è sempre arrapati. Al-meno, nominalmente. La senilità è qualcosa che frustra le nostre concezioni sulla chimica e sulla biologia. Quando c'è da scopare e non se ne hanno le possibilità fisiche, la nostra frenesia ci porta ad infilare varie scuse, fra cui quella bizzarra e zoppicante dell'età. Ma non è l'età vera e propria a frustrare le nostre voglie, quanto quel compartimento d'idee che ci eravamo fatti e che sfugge alle più elementari ed istintive decisioni del gesto. I simbolismi li abbiamo sempre lasciati agli altri e ora ce ne rammarichiamo, perché quando sei vecchio è proprio con loro che riesci a rag-giungere un livello accettabile d'eccitazione irrazionale, quella che non puoi più raggiungere desiderando la fisicità, ed è proprio l'eccitazione irrazionale l'unico rimedio agli anni che passano. Quando il fisico ci limita avere un bagaglio emozionale cerebrale fantasioso appropriato ci può aiutare a levarci da ogni impaccio. Comunque sia.
Frugai fra le varie “pieghe delle caselle”, quei siti che ci portano a desiderare le perversioni. Trovai, infine, varie posizioni articolari, che già evocavano il Kamasutra, organizzate con l'indice della mano sinistra e col medio e il mignolo della destra. Era necessario per ricordarmi poi la strada percorsa. Mi sembrava di fare solfeggio. Premendo premendo, o cliccando cliccando (due “epanalèssi”, ma lui sottolinea), riuscii ad entrare in un sito pornografico. Il frontespizio (che parolone!) diceva: “Se non vuoi passare il resto della tua vita a divorare squallide e solite mine-stre, vieni da noi. Troverai alternative divertenti”.
Subito mi dissi:
- E buttiamoci in queste alternative divertenti.
Per lo più era roba già vista, ma quando stavo iniziando a pensare che forse era tempo sprecato, riuscii ad entrare in un sito strano, diverso. C'era una sedicente ragazzina di Seattle che aveva quindicianni e che asseriva d'aver scopato con padre e ben quattro fratelli più grandi di lei. Un po' inverosimile. Ne incontrai un'altra, una presunta mamma, a cui piaceva sverginare i suoi figli maschi. Se li era scopati tutti (non diceva quanti ne aveva) e gli aveva insegnato il sesso nudo e crudo. Non credibile. Un altro, un supposto padre, affermava che sodomizzare le proprie figlie era il più grande godimento che avesse mai provato. Disgustato spensi.
Chissà per quale oscuro motivo, mi domandai, i siti più frequentati sembrano essere quelli dedi-cati all'incesto. Palliativo stratagemma freudiano o verità inconfessabile? Mah!
Il giorno dopo lo riaccesi. Naturalmente facevo questi viaggi quando mia nipote Laura non c'era, altrimenti mi sarei vergognato come un ladro. Una volta mia figlia Daniela entrò all'improvviso e io, che stavo guardando una sorta di “catalogo del vizio”, dovetti spegnere il computer. L'im-barazzo che mi prese nel spiegarle perché avevo la faccia davanti allo schermo spento, è qualcosa che ricordo più mal volentieri. Approfittando dell'assenza di mia nipote Laura restai altri due giorni davanti a quel demenzial-sesso, che proponeva divertimenti ben distanti dal sesso costituzionale e penalmente non perseguibile.
Quello fu il periodo in cui la mia Dora se la passò peggio da che eravamo sposati. Ogni volta, non appena tornavo a casa, arrivavo più vecchio e arrapato che mai. Allora attendevo con ansia il “calar della sera”, e, sotto le coperte, costringevo la mia Dora a rapporti carnali che lei non mostrava di gradire punto. Piano piano s'accorse che in me c'era qualcosa che non andava, e, una volta venuta a casa di mia figlia insieme a me, arrivò perfino a nascondermi una “tedesca”, la spina particolare che serviva per attaccare il computer e senza la quale quest'ingegno di tecnologia e di modernità non funzionava affatto. Stavo diventando un pervertito? Ebbene sì. Per lo meno virtuale.
Mi accorsi che quando mia nipote veniva accanto a me per imparare qualcosa dal suo computer, io iniziavo a guardarla in maniera poco bisavola. “Ha ventitré anni”, mi dicevo, “ma è comunque maggiorenne. Cosa farebbero ad uno come me che si scopa sua nipote?”, mi arrovellavo. Stavo perdendo la tramontana. Sicuro. Me lo rimproverai e cercai di non fare più caso alle sue minigonne e ai suoi jeans attillati. Una notte arrivai perfino a sognarmela. Dovevo smetterla. “E' così che si diventa pedofili allora!”, pensai. Poi, viaggiando, anzi, “navigando”, un giorno m'im-battei in un bambino, no, un adolescente. Per fortuna era italiano, non inglese.
Brad: sai, ieri mia mamma mi ha portato a letto con lei.
Ma tuo papà non c'era?
Brad: mio papà ha divorziato dalla mamma.
E tu che hai fatto?
Brad: niente, ha fatto tutto lei.
Non mi dirai che ti sei..........che l'hai fatto con la mamma!
Brad: sì, è lei che mi ha costretto.
Ti è piaciuto?
Brad: certo. Lo abbiamo fatto tante volte, e continueremo a farlo.
Ora ti devo lasciare. Quando lo rifate chiamami.
Queste situazioni non mi eccitavano propriamente, ma avevano un effetto sulla mia volontà di apprendere. C'era un mio collega, alle Poste, che diceva che gli incesti sono all'ordine del giorno, in Italia come all'estero, e che se non vengono alla luce è solo per vigliaccheria.
Era lo stesso che guardava gli erotici italiani con sua moglie.
Io non ci credevo più di tanto, allora, ma adesso avevo la netta impressione che qualcosa di vero in quel che diceva il mio collega poteva esserci.
Qualche giorno dopo la chiacchierata con l'adolescente presunto scopatore di sua madre, ero di nuovo al computer. Stavo cercando di “decifrare” un sito di architettura insieme a mia nipote Laura. Lei, quel giorno, era in minigonna e camicetta. Pare che all'università vogliano insegnare alle ragazze come diventare delle perfette bagasce. Stavamo premendo, oh, scusate di nuovo, stavamo cliccando quando sentiamo il campanello suonare. Mi alzai distratto, dando dei consigli a mia nipote, e poi uscii in corridoio. Mio genero mi aveva anticipato, ed era arrivato ad aprire la porta prima di me. Appena questa fu staccata dal montante quelli là dietro diedero una forte spinta ed entrarono in casa facendo ruzzolare in terra mio genero Francesco. Era la Polizia.
Mio genero, tentando di rialzarsi, trasudando un misto di paura e sorpresa, chiese cosa volevano, ma immediatamente dopo si ritrovò ammanettato e seduto in cucina accanto a sua moglie, mia figlia Daniela, che piangeva e chiedeva a suo marito che cosa aveva combinato.

“Qualcuno doveva aver calunniato Josef K., poiché un mattino senza che avesse fatto nulla di male, egli fu arrestato”.

Così inizia “Il processo” di Franz Kafka, e mio genero doveva sentirsi un po' come Josef Kappa, ingiustamente e inconsapevolmente incriminato. Dopo aver visto a quali luoghi era interessata la Polizia perquisendo l'appartamento di mia figlia, ed aver ascoltato le domande che venivano poste a mio genero e a tutta la famiglia, capii che erano venuti a casa per accusarlo di “pedofilia telematica”, un nuovo reato, un “delitto moderno” nel quale possono incappare anche gli sprov-veduti. O dei generi che hanno suoceri come il sottoscritto.
Lui, Francesco, disse che il computer non lo usava mai, che non era capace di usarlo, ma la fattura del negozio parlava chiaro, era lui il proprietario di quella macchina infernale. Tutte le scuse che seppe sciorinare non bastarono ad evitargli un paio di giorni di guardina. Era chiaro, io non esistevo, e come tale non potevo essere né innocente né colpevole.
Quando tornai a casa mia moglie mi guardò di sottecchi. Lei sapeva che era stata tutta colpa mia, anche se non aveva avuto il coraggio di dirlo a nostra figlia.
Forse ora si chiedeva chi aveva sposato. Forse non credeva ai suoi occhi. Che si fosse maritata con uno stupratore di bambini? Andiamo! Siamo seri! Io non ho mai rubato neanche la merenda ai miei compagni di classe quando andavo alle medie! Ero l'unico a non averlo fatto, e consi-derando la scuola statale nella quale andavo, “Piero Pinetti”, dovevo esser ritenuto “lo scemo del villaggio”.
Terribile però questa cultura del sospetto. Ne avevo sempre sentito parlare, ma non mi ero mai reso conto di cosa fosse in realtà, dove potesse arrivare. Noi ci conosciamo, e, come tali, ci riteniamo innocenti, immuni da colpe e innocui. Ma questo siamo solo noi a saperlo. Gli altri ci possono trovare antipatici, molesti, addirittura pedofili. Io non lo ero, non lo sono, non lo sarò mai, eppure il computer era riuscito a farmi provare una sorta di curiosità morbosa nei confronti di alcuni argomenti, di alcuni individui e di alcuni vizi.
Quello che mi stupì di quel giorno fu la prontezza delle forze dell'ordine. Poi mi fermai a pensare (e siccome stava piovendo mi bagnai tutto). Com'era possibile che Internet garantisse l'anoni-mato? La Polizia arrivò a casa di mio genero dopo due giorni ch'io avevo parlato col “supposto bambino telematico” (che poi seppi essere un agente della Polizia Postale). Avevo giocato con quel ragazzino senza sapere di essere ad un passo dal carcere. Come fanno a rintracciare la gente che naviga su Internet se questa garantisce l'anonimato? In realtà in Internet non c'è nulla di anonimo. La ditta con cui abbiamo fatto l'abbonamento è in grado di aprire e leggere le nostre E-mail senza che ce ne accorgiamo, e tramite la password sa chi le ha mandate. In Italia la Commissione antimafia costringe i fornitori dei servizi, i provider, a mantenere tutte le regi-strazioni dei contatti su posta elettronica non per alcuni mesi o qualche anno, ma addirittura per sempre! Tramite il computer sanno chi siamo, cosa compriamo, i nostri gusti e le nostre possibilità economiche. Quando ci colleghiamo ad Internet per un'informazione o un acquisto, se ci fate caso appare, in alto sul portale, una serie di numeri e lettere. E' il computer della società padrona del portale che ci sta facendo un profilo. In quattro e quattr'otto. Non perdono così tanto tempo, perché quest'allestimento del profilo è un programma. Cosa fare per sfuggirgli? Ebbene, per scampargli dovremmo acquistare un dischetto con un altro programma. Da chi? Da quelle stesse società. Un ricatto.
Chi manda un messaggio è sempre rintracciabile. Chi dialoga con altri “adepti” in realtà è intercettato da tutti quelli che hanno interesse a vendergli qualcosa, e dalla Polizia Postale. Certo, se i tuoi discorsi non intaccano minimamente l'ordine costituito e non interessano a nessuno ti lasceranno perdere. Ma non è una buona ragione per far finta di nulla, anche perché non è detto che chi ci intercetta, quelli che lavorano per i provider, poi speculino sul nostro nome, magari vendendoci a qualche ditta che vedrà bene di recapitarci a casa la sua pubblicità.
Esattamente come fa la Tv.
A mio genero arrivano a casa ogni giorno montagne di pubblicità che hanno come riferimento i computers. Perché a me non arrivano? Semplice. Non ho il computer. Ed è pubblicità mirata. A suo nome non arrivano mai riviste o cataloghi di libri, sapete perché? Perché non legge. Ma come fanno a saperlo? Tramite “il programma dei profili”. Infatti le pubblicità che riguardano la Let-teratura arrivano tutte a nome di mia nipote Laura, che fa l'università e col computer si collega a siti culturali. Domanda (che dovrebbe restare anonima), intercettazione del richiedente (tramite i “profili” o la vendita dei clienti da parte dei provider) e offerta (tonnellate di pubblicità).
Non esiste libertà in Internet. O meglio, esiste una libertà pilotata, come in tutto il resto della società. Anche perché, se ci pensiamo un istante, non è ragionevole credere che chi ha inventato le varie Reti, se davvero fossero anonime, abbia la spassionalità di mettere un mezzo così potente nelle mani di chiunque lo richieda.
Qualcuno allora dirà; e gli hackers? Gli hackers “lavorano” col beneplacito di qualcuno. Anche loro, nonostante tutti i miti creati ad arte intorno alle loro persone, non sono inintercettabili. Prova ne è il fatto che quando fanno seri casini vengono subito acciuffati. Ma pensate un mo-mento anche ai danni causati. E' difficile che questi siano irrimediabili. Di solito sono solo giochetti che finiscono in burle, o altri che, anche se meno celianti, non riescono ad affondare definiti-vamente le Ditte vittime delle intrusioni. A patto che quegli hackers non abbiano, anche a loro insaputa, il permesso dello Stato, dei governi, dei Servizi Segreti. Gli hackers, forse inconsa-pevolmente, lavorano per gli altri. Quando riescono a fare qualche danno è solo perché la Ditta alla quale lo procurano ha dato fastidio a qualcuno, e questo qualcuno ha la possibilità di lasciare mano libera ai “pirati telematici” per vendicarsi e rovinarli. Credere che il “lavorio” degli hackers sia davvero una mina vagante è come credere possibile l'anarchia come forma di governo.
E poi c'è il “Progetto Echelon”. I suoi satelliti mettono al vaglio le telefonate di tutto il pianeta, mentre altri sistemi computerizzati, come il “Carnivoro” messo a punto dall'FBI, tiene sott'occhio tutti i computer del mondo. Perfino quelli dei Capi di Stato, addirittura quelli del Vaticano. Intercettano tutte le chiacchierate e i messaggi alla fonte, in partenza. Gli americani e gli inglesi si giustificano dicendo che gli serve per proteggersi finanziariamente, ma in realtà non sono mezzi di auto difesa ma di attacco. Riescono a tenere sotto controllo tutte le Aziende e i grandi gruppi industriali, e se un affare gli interessa state pur certi che saranno loro a farlo, e non noi europei.
In tutto questo c'è il caso contraddittorio dell'Inghilterra. E' dentro la Comunità Europea, ma non disdegna spiare i suoi alleati passando le informazioni agli americani. Questi figli di puttana andrebbero espulsi immediatamente dal Parlamento europeo. Ma nessuno fa nulla. Perché? Perché anche i nostri governi spiano i loro cittadini, noi tutti. E proprio con gli stessi mezzi usati dagli americani e dagli inglesi.
La questione della “privacy” è una pagliacciata.
L'articolo 51 della nostra Costituzione dice che “chiunque può copiare, stampare e mettere in vendita le liste elettorali”. Ci sono emissari di aziende che offrono milioni per comprare migliaia di nomi. Ogni Comune fissa il suo prezzo. Cosa se ne fanno? Mistero.
In Italia chiunque può consultare le liste elettorali, è una cosa legale. Già. Ma perché è legale? Perché i politici si sono fatti una Legge a DOC per poter sapere chi sono gli elettori e mandargli a casa propaganda elettorale. Così anche gli altri, e fra i primi proprio i pubblicitari e le Banche, usufruiscono di questa legge. La Sogei gestisce informazioni private per conto del Ministero delle Finanze, ma non è una società statale, è privata. La Sogei appartiene alla Telecom Italia, e questa, anche se deve rendere conto al Ministero delle Finanze, può tenere le informazioni per sé. Che ridere. La sigla “GF” non è sempre quella del Grande Fratello, a volte può essere quella della Guardia di Finanza.
L'unico modo per difenderci da queste “intrusioni” nella nostra vita privata, è chiedere all'Anved di essere cancellati dalle liste elettorali, cioè, rinunciare al proprio diritto di voto, oppure fare una denuncia al Garante della Privacy. Durata della causa dai due ai cinque anni. Risultato garantito: nessuno.
Ad una cosa tenevo particolarmente. Nei giorni che seguirono feci ben attenzione a non cadere preda di quei siti che avevano ispirato in me la voglia di perversione, che è la strada più breve per far visita alle patrie galere.
Continuai ad usare il computer per molteplici ragioni, fra le quali non rientrava “voler far parte del Villaggio Globale”. Si sa, se la pensione non te la riempi con qualcosa di vivo presto finirà per ucciderti. Così seguitai ad andare a casa di mia nipote. I suoi genitori le fecero indossare un paio di pantaloni lunghi e larghi, è vero, ma apprezzai il fatto che lei non si fece impressionare né dal mio stato né dall'aver visto suo padre in manette.
- Smettiamola, - disse ai poliziotti che quel giorno fecero irruzione in casa sua e ammanettarono suo padre - credere che papà sia un pedofilo significa non conoscerlo affatto!
Era vero. Non lo conoscevano affatto. Ma lo portarono via ugualmente.


III.


Prendete un bambino di terza media, insegnategli a scrivere a macchina, mettetelo poi davanti ad un televisore per un intero pomeriggio e fategli guardare telefilm polizieschi, quindi riporta-telo davanti alla macchina da scrivere, concedetegli qualche licenziosità, insinuando nella sua testa che “un artista può dire e scrivere quello che vuole”, e il risultato sarà qualcosa di molto simile a “Il Lercio” di Irvine Welsh.
Oggi ormai pare che “saper scrivere bene” significhi essere in grado di raccontare film polizieschi di terza visione. “Il cattivo Tenente”.
Robbo.
I ragazzini sono affascinati dal proibito. Mia nipote Laura iniziò a mandare E-mail a tutti. S'infilava in siti di cucina, società, politica, e mandava. Quasi sempre cadeva nella tentazione di usare il turpiloquio. Era un vizio che si ripeteva ciclicamente. Poteva evitarlo per un paio di E-mail, ma poi cadeva nella tentazione, nel trabocchetto. Non se ne sapeva tirar fuori.
La lontananza della faccia, quella dell'individuo, riesce a far fare a persone che si erano sempre ritenute innocue, cose che fino a quel momento non avrebbero neanche osato pensare. Mia nipote non era diversa. Le bastava sapere di non poter essere riconosciuta, soprattutto vista in faccia, per liberare cascate di “vaffanculo”, “troia”, “figlio di puttana” eccetera. Le piaceva proprio.
Sapeva di essere difficilmente perseguibile (soprattutto perché la Polizia non si spreca a dar la caccia a molestatori telematici) e se ne approfittava in maniera spudorata. L'anonimato è una specie di “siero del coraggio”. Ci basta sapere di non essere riconoscibili per dar sfogo alle nostre più basse inclinazioni. Facciamo i gradassi, allora, perché sappiamo che difficilmente saremmo scoperti. La consapevolezza di avere dei nemici ci rende oltremodo coraggiosi, ma l'incertezza della loro potenza, della loro forza, ci inibisce a tal punto che possiamo perfino arrivare ad arren-derci senza combattere minimamente.
E questo fa la Rete. Internet è un procreatore di ossimori, perché mischia gli stati d'animo del pavido con quelli del coraggioso, trasformandoci in ridicole figure retoriche. Tutto il coraggio che mettiamo nell'insultare qualcuno di cui non vediamo la faccia è solo vigliaccheria.
Io ricordo che quando il gradasso della scuola veniva a romperti le scatole, tu riuscivi a trovare il coraggio di reagire, la forza di non cedere alla paura che incutevano le sue minacce. Certo, le avresti prese di santa ragione, ma quello che t'interessava era far vedere agli altri che non eri un coniglio fottuto a vita. Oggi tutto questo sta scomparendo. Le vigliaccate non sono voltare le spalle davanti al nemico, ma saltare addosso ad uno più debole di te. La “vigliaccheria aggressi-va” oggi la fa da padrone, e le guerre nei Balcani lo hanno ampiamente dimostrato.
Oggi chi scappa è chiamato “ragazzo di buon senso”. Poi te lo vedi, il ragazzo di buon senso, che appena gira l'angolo frega la merenda ad uno più debole di lui. E allora? Eravamo coraggiosi allora e vigliacchi ora? Non propriamente. Oggi siamo meno difficili riguardo al viso, proprio come le donne che s'innamorano dei poliziotti o di tutti coloro che portano una divisa. La cancellazione completa di un sentimento come la pietà ci permette di compiere qualsiasi bassa azione. A forza di metterci nei panni degli altri quando questi soffrono, non riusciamo più a distinguere la pietà vera dalla solidarietà televisiva, e questa assuefazione ci porta al menefreghismo. La mondialità ha reso tutto più effimero e meno sentito, se le televisioni non ci riprendono. Per questo stesso motivo quando ci troviamo di fronte alla prepotenza, alla prevaricazione di un gradasso, ci chiediamo:
- Se gli altri non fanno nulla perchè devo intervenire io?
Così attendiamo che, come abbiamo visto fare alla Tv, intervenga la “Forza Multinazionale di Pace”. Sappiamo bene che ci sarà sempre un altro a portare a termine le nostre vendette, e così, per vari motivi, ci asteniamo dal reagire. Abbiamo paura della presunta forza del nemico o della sua faccia che soffre quando ci vendichiamo, così scadiamo nell'ignavia. E demandiamo. Mi fanno ridere quelli che sono a favore della pena di morte. C'era una parlamentare, baciapile, ex leghista, che era a favore della pena di morte contro i pedofili. Ma perché? Perché non era lei, eventual-mente, a doverli sopprimere. Solo per questo.
Dovrebbero stilare una lista di tutti quelli che sono a favore della pena di morte, e quando c'è un'esecuzione da fare convocarli, magari sorteggiandoli. Perché mai dovrebbe farlo lo Stato? Lo Stato siamo noi tutti, anche quelli che sono contro la pena di morte, e a me non va che si uccida qualcuno a nome mio.
La faccia è l'ultimo baluardo che ci sbarra la strada verso cinismo ed egoismo. Una volta superato l'imbarazzo ch'essa ci provoca saremmo in grado di fare qualsiasi cosa. Il computer è un mezzo che in futuro ci aiuterà a far questo. Non sono stupidaggini. Provate a fare gli auguri di Natale a vostro figlio spedendogli un trenino elettrico da Tokyo. Non sarà così contento come quando, in un qualsiasi giorno dell’anno, vi potrà abbracciare e baciare.
Laura, che in quanto a capacità “odiative” non era che ai primi passi, si divertiva a dare delle “puttane” alle suore di un convento. E' strano come le religioni si siano messe al passo coi tempi. Probabilmente hanno paura di restare tagliate fuori dalla società in cui vivono, fonte di lauti guadagni e di questue da spacciare altrove come atti caritatevoli e di solidarietà.
Un giorno la trovai davanti al computer con un sedicente ragazzo appartenente all'Unione Tifosi Genoa. Uno di quelli calmi, che quando la sua squadra del cuore perde tira le molotov ai pullman della compagine avversaria. Io non mi spiegavo perché gli avesse detto di essere sampdoriana, era genoana fin dalla nascita! Del resto i sampdoriani non proliferano che a Savona, Imperia o zone limitrofe, oltre, naturalmente, che alla RAI.
Poi, dopo aver spento il computer, capii. Lei mi spiegò e io capii. Era un ragazzo che frequentava il suo stesso corso e di cui lei era follemente innamorata. Solo che lo sapeva fidanzato con la sua migliore amica. Il discorso che il giorno dopo le vidi fare con quel ragazzo fu veramente qualcosa d'istruttivo.
Brenda: ma lo sai che la tua ragazza è una troia?
Pato: una troia sei tu.
Brenda: non dirmi così, non ti sto raccontando una balla.
Pato: io penso di sì. Conosco la mia ragazza.
Brenda: forse non come dovresti. Ma lo sai che ti fa le corna?
Pato: e con chi?
Brenda: con diversi ragazzi del corso.
Pato: lo dici solo perchè sei doriana e vuoi farmi incazzare.
Brenda: no, ti giuro. Semmai io ti voglio bene. Piuttosto dovresti prendertela con quella troia della tua ragazza.
Pato: non ti credo. Fatti riconoscere e continueremo a parlare.
Brenda: mi conosci già. Ma lo sai che ha fatto pompini a mezzo corso?
Pato: non è vero! E io dov'ero?
Brenda: non importa dov'eri tu, lei lo ha fatto.
Pato: sei una troia. Nessuno conosce la mia ragazza come la conosco io. Lei certe cose non le fa, io lo so bene!
Brenda: forse non le fa a te. Sii sincero con te stesso, stai con una troia, è meglio ammetterselo.
Pato: vaffanculo! Troia sei tu!
Questo scambio, chiamiamolo di opinioni, andò avanti per un bel po' di tempo, tanto che mi stavo annoiando ed imposi a mia nipote di chiudere quella comunicazione. Laura voleva continuare ma io glielo impedii. Ci stava prendendo gusto, la bambina.
Nei giorni che seguirono si collegò sempre più spesso con questo Pato, che lei in realtà sapeva essere Luca Pastorino. Si divertiva, diceva. Io capii fin dall'inizio che la sua era solo gelosia, ma per complice misericordia non glielo rinfacciai mai. Non ne ebbi il coraggio. Forse avrei dovuto mandarle una E-mail.
Qualche giorno dopo arrivò a casa tutta raggiante. Io, preoccupato, le domandai subito cos'era successo, quale era la ragione di cotanta euforia. Mi rispose che quel Pato l'aveva rintracciata perchè lei si era confidata con un amica e questa aveva spifferato tutto. Più che l'università sembrava andasse all'asilo. Questo Pato, con sua grande sorpresa, invece di arrabbiarsi andò da lei, e, dopo aver lasciato la sua ragazza, le chiese di mettersi con lui.
Incredibile. Era la prima volta in vita mia che vedevo l'azione scorretta di un geloso finire bene per lui. In questo caso era una “lei”, mia nipote Laura. Poi passarono alcuni mesi e Laura sem-brava sempre meno felice. Un giorno provai a chiederle cosa stava succedendo nel suo rapporto con quel ragazzo, e lei mi rispose che lo trovava noioso, che a letto non ci sapeva fare (“ma perché andavano a letto insieme?”, fu la reazione scandalizzata, e un po' ingenua, dei miei pensieri), e che aveva sempre in testa il Genoa. Fu così che riprese i suoi contatti telematici con lui.
Melissa: sei Pato vero?
Pato: c'è scritto! Certo, sono io.
Melissa: lo sai che la tua ragazza è una troia?
Pato: Laura sei tu? Dai non scherzare.
Melissa: non mi chiamo Laura. Vengo nel tuo stesso corso e sono molto più bella di quel cesso della tua ragazza.
Pato: non parlare così della mia Laura!
Melissa: guarda che è vero. L'ho vista io. Scopava nei gabinetti con Stefano Parodi. Non è una balla, puoi chiedere a tutti.
Pato: ma se Parodi va al terzo turno!
Melissa: sì, ma s'incontrano al primo. In tutti i sensi.
Pato: non ci credo.
Melissa: chiedilo alla tua ex ragazza, lei lo sa. Se non ti ha ancora detto niente è perchè ti vuole bene e non desidera ferirti.
Pato: ah, ma allora sei tu Roberta!
Melissa: non direi.............................però la conosco.
Pato: e come fai a sapere che Laura mi tradisce?
Melissa: cazzo Pato! Lo sa tutta l'Università!
Pato: a chi dovrei chiederlo?
Melissa: a chi vuoi. Te l'ho detto, lo sanno tutti.
Il giorno dopo mia nipote ritornò da scuola sollevata. Era riuscita a farsi lasciare da quel Pato senza dovergli dire che non lo amava più. E' vero che le voci corrono perchè non sudano, ma è altrettanto vero che non c'è mezzo più persuasivo dell'insinuare il dubbio nelle teste altrui. Si sa, i ragazzotti mal sopportano il tradimento. La gelosia è qualcosa che si subisce con meno dolore quando si è anziani e l'esperienza ci fa sentire le corna come se fossero un male minore, che so, un raffreddore o, ancor meno, un semplice mal di testa.
In quei giorni capii cos'è veramente il computer. In questi tempi moderni dove la liberazione sessuale, lungi dall'essere una realtà, si è travestita da fatto ormai scontato, il computer è qual-cosa che ci permette di dire alla persona che non amiamo più che ci deve lasciare. Non la vediamo, non le parliamo direttamente, ma riusciamo a farle sapere tutto. Ecco cos'è il computer. Una comare, una comare pettegola. Oppure qualcosa di molto simile al telefono. E infatti funziona con quello. Si può dire qualsiasi cosa che ci è estranea, che mal sopportiamo, che ci causa scom-pensi, che abbiamo sempre odiato dire e che se dovessimo pronunciare davanti all'interessato/a non ne avremmo il coraggio per la paura, la vigliaccheria di ferirlo.
Il sistema di Internet ha unito tutti gli utenti telematici, è vero, ma non è una cosa nuova. Fra le Banche esisteva già venti anni fa, come “banca dati”, come archivio. In effetti è solo un moderno baracchino, CQ CQ e mandi affanculo chi vuoi tu. Senza essere visto. Un mezzo per spacciare i vigliacchi come fossero persone normali o, addirittura, speciali. Non hai la faccia necessaria per dire a tua moglie che non l'ami più? C'è il telefono. O la Posta Elettronica. Non vuoi andare al la-voro perchè non ne hai voglia? Mandi un messaggio all’indirizzo E-mail della Ditta per cui lavori.
Il guaio è che i datori di lavoro non subiscono eterno, ti licenziano, e che le mogli, quando le molli, occupano la tua casa (e tu devi ancora andare a prendere la tua roba), costringendoti a vivere in pensione, prosciugano il tuo conto corrente bancario lasciandoti in braghe di tela, e pretendono il mensile anche se sei disoccupato.
Che emancipazione eh?!
In verità: non c'è rimedio alla vigliaccheria. O forse uno c'è: la lusinga. Dirle che la ritieni troppo bella e, soprattutto, intelligente perché perda tempo restando insieme ad uno come te, o che quel posto nella Ditta è troppo difficile per le tue possibilità, per le tue aspettative, per come ti sei preparato, per le tue capacità e per ciò che il tuo datore di lavoro richiede. Il problema che resta, andando a stringere, è che dopo una donna ne viene sempre un'altra, e che non si può campare senza lavorare.
In realtà si è così vigliacchi da non riuscire neppure a trovare quel minimo di coraggio indi-spensabile per ammetterci la nostra vigliaccheria. Per questo motivo abbiamo bisogno di mezzi tecnologici che ci rendano impersonali. Il guaio è che non c’è via di scampo agli “stati vigenti”. Se vuoi trovarti una donna che abbia quella modernità neces-saria per farti sentire a pieno titolo parte del mondo del tuo tempo, nessuno te lo può impedire, a parte le tue disponibilità econo-miche, e se vuoi trovarti un lavoro, che sia precario, provvisorio, flessibile, a ore, in nero, eccetera, oggi non c'è che da superare il problema degli stipendi bassi. Certo, sarai costretto a svenderti, a dare “via il culo” solo per mostrarti inserito, ma comunque in grado di scegliere, ele-mento facente parte di questo meraviglioso mondo che non esiste chiamato “Villaggio Globale”.




IL TELEFONO SALVA LA VITA


I.


Per qualche tempo mi convinsi che i documenti non servono a niente, ma che, anzi, si potesse benissimo fare a meno di loro. Il Maurino aveva ragione. I documenti servono solo a chi ti deve tenere sotto controllo, a chi ti deve individuare, sempre, in ogni momento della tua vita, tranne che a noi. La necessità di sapere chi siamo, dove ci troviamo e cosa facciamo ce l'hanno gli altri.
A noi basta vivere, sappiamo cosa facciamo, dove andiamo e chi siamo senza leggerlo sulla Carta d'Identità o sullo Stato di Famiglia. Poi mi ero anche accorto che questo mio nuovo status di gatto nero, sep-pur momentaneo, alla mia Dora non dispiaceva. Quelle poche volte che facevamo un passeggiata lei si sentiva elettrizzata dall'eventuale rischio d'essere fermati, e quando tornavamo a casa voleva far l'amore. Forse, nelle sue fantasticherie, mi trasformava in una specie di Primu-la Rossa, o chissà cos'altro.
Così rimandai la denuncia a data da destinarsi. Anche perchè a me i documenti non è che ser-vissero particolarmente. Gli unici due posti nei quali risultavo erano la Banca e l'ufficio dell’INPS.
La pensione, mia e di mia moglie, ce la mandavano direttamente in Banca e non avevamo nessun altro tipo di necessità.
Una delle sfumature piacevoli del “salariato del piacere” sono le gite in campagna. Certo, non è più la campagna di una volta, quando avevo quattordicianni e i pomodori erano pomodori e quando le arance sapevano di arance, ma è pur sempre bello rinfrancarsi da quell'aria cittadina che occlude i polmoni. Il “modificato geneticamente” ha invaso ogni campo, e spesso ci ritro-viamo a masticare avanzi di pneumatici o di antibiotici. Ci si sente meglio a guardarle più che ad assaggiarle. Come le donne.
Comunque sia.
Ogni anno, quando arriva la tanto agognata “Festa dei Lavoratori” (sempre più “via crucis” dei disoccupati), io, la mia Dora, mio genero Francesco, mia figlia Daniela e mia nipote Laura, per stare in famiglia, andavamo a fare l'istituzionale pic nic sui prati. E allora, che vuoi fa? Visto che eravamo già usciti di casa siamo andati a mangiare in una trattoria di campagna, una di quelle disseminate un po' dappertutto nell'entroterra genovese.
Volevamo star tranquilli (pensa tu che stronzi!) e ne scegliemmo una più imboscata possibile. La trovammo su da Creto, ad una mezzoretta dal centro di Genova. Quando arrivammo era mezzo-giorno meno cinque minuti e il locale era quasi vuoto. Soddisfatti per quella che credevamo una scelta azzeccata, ci predisponemmo attorno al tavolo e, iniziando a sgranocchiare lunghi e sottili grissini di plastica, aspettammo che qualcuno della trattoria venisse a chiederci qualcosa, che so, magari cosa volevamo da mangiare!
Quella silenziosa attesa fu frustrata dall'arrivo, prima alla spicciolata, poi sempre più frequente fino a raggiungere l'irruenza delle rapide di un fiume del Colorado, di varie carovane di gitanti. Non eravamo arrivati che il colpo finale lo diede una carrozzata di gente, amici di una stessa compagnia, che in una trentina invasero il luogo. Il vocio, prima sommesso, si fece sempre più forte tanto che all'inizio del pranzo pareva di essere in un baccanale romanico. Il cameriere arrivò, e noi, giunti per primi, ordinammo.
- Pansotti alla salsa di noci. - dico io - Vanno bene per tutti?
- Sì sì, certo. - rispose mio genero.
- Allora per cinque? - chiese il cameriere.
- No, io vorrei un'insalata. - disse mia nipote che si era fissata con le diete.
- Andiamo Laura! - dissi io severo - Va bene che siamo in campagna, ma mettersi a mangiare come i conigli adesso, mi sembra eccessivo!
- Su! E' festa! - concordò sua madre, mia figlia.
- E va bene. - disse Laura - Porti i pansotti anche a me.
Il cameriere partì in quarta verso le cucine, e noi iniziammo ad addentrarci in quella sorta di Limbo che si chiama “attesa del primo piatto”, nel quale ti sbizzarrisci a mangiare un casino di cazzate che dovrebbero funzionare da momentaneo palliativo, ma che finiscono per rimpinzarti a tal punto che quando l'attesa è finito e il primo piatto in arrivo, tu non hai più fame e vuoi andare via. Il vino era già in tavola, e ne mesciai un bicchiere. Stavo per bere quando ……TRRRRRR.... TRRRRRR..…...…………

Un rumore sordo, fastidiosissimo, che ti fa chiedere se non sia stata tua moglie. Tu non sei, lo sai, ma hai sempre paura che qualcuno te ne dia la colpa. Allora fai un giro della tavola con gli occhi, per scrutare quell'imbarazzo che in tali occasioni è una specie di “Cartina di Tornasole”.
- Ah, niente. - dice mio genero - Sono di quelli che vibrano.
Cazzo, che vibrano si è sentito, ma non mi sembrava una sedia!
Ah no, niente, solo un telefonino. Non mi fa paura la tecnologia. Sgomento, ma non paura. Certo che mangiando però....................………..
La mia idiosincrasia verso il telefono cellulare non è cosa studiata, un anticonformismo pre-meditato, ma proprio fastidio, un fastidio che mi prende allo stomaco e non mi lascia andare. Intollerabile.
- E' il nuovo modello. - dice mia figlia.
Eh sì, perchè c'è telefonino e telefonino.............………..
- Scusate, ma di cosa state parlando? - mi permetto di domandare, ignaro come un aborigeno davanti all'entrata della Borsa di New York. Lo so, non sono moderno, ora basta però!
- Dei telefonini. - risponde mia nipote con la faccia di chi ha brevettato l'aria che respiriamo - Sai, ne hanno inventato di certi ormai.….............
- Ah, di quelli! - dico perspicace - Ma perchè quella scorreggia che si è sentita era un telefono cellulare?
- Ah, ah, ah. Una scorreggia! - ride quell'idiota di mio genero.
- Papà! - mi rimprovera sottovoce mia figlia.
Pare quasi che debba sentirmi in colpa perchè ho detto “scorreggia”. E loro allora? Che fanno vibrare il loro cazzo di aggeggio? Perchè dovrei sentirmi in colpa io?
Distrattamente mi volto per vedere chi è quello stronzo che tiene il cellulare attaccato perfino quando mangia. Faccio fare alle mie pupille un giro di trecentosessanta gradi e lo scorgo. E' un ragazzotto di venti anni. E' vestito d'artista, con la giacca e un maglioncino leggero sotto. Un paio di jeans scoloriti e quelle che ai miei tempi si chiamavano “Clark”. Insomma, un anticonformista di origine statale.
Tiene in mano quella che sembra una coda di topo. Gesticola. Allungo l'orecchio per sentire meglio. Sta parlando con sua madre. Dice che non sa quando tornerà a casa, forse verso le sette di sera. Sì. Alle sette. Mah! Sarà uscito da mezzora e già gli telefona? Altro che moderni! Questa è “l'emancipazione del complesso di Edipo”!
Alcuni dicono che quelli che vibrano li comprano solo le donne. Sì, permetterse…..E poi…..... ....TRRRRR……Ah! Eh sì, si gode anche così, oggi. Mancanza di tempo. Con tutti questi Consigli d'Amministrazione, collant e ventiquattrore le donne si devono pur arrangiare! Del resto le dita servono a battere sulla tastiera del computer e su quella del telefonino.
Il ragazzo continua a parlare, dando ai gesti mille significati e nessuno. Chissà cosa starà dicendo. Allungo di nuovo l'orecchio. E' una tentazione incredibile. Difficilissimo resistergli. Niente. Parla di scuola. Deve fare una “tesina”. Sulla “selezione naturale”. Cazzo. E' questa l'unica selezione natu-rale, chi ha il telefonino e chi lo subisce, chi rompe le palle e chi vuol star quieto. E poi, poteva dirgliele quando tornava a casa quelle cose lì, no?! Che fretta c'era? Torna alle sette!
Ecco, ecco, forse ha finito. Sì sì, chiude. Ah, finalmente. Trangugio il mio Bianco delle Cinque Terre più rilassato. Quando poso il bicchiere sul tavolo arriva il cameriere coi pansotti.
Ho sempre pensato che il telefono fosse davvero una grande invenzione, un mezzo che può davvero salvare la vita o che placa la frenesia, l'ansia, ma oggi è diventato il contrario. Si sa tutto ormai, tutto prima che accada. La ponderazione non esiste più, non esiste più quel languido momento che riempiva i cuori di dolcezza, di speranza, di fantasia, di desiderio. Quel piccolo istante in cui ti fermavi a pensare e, riconoscendolo, lo fissavi negli occhi battezzandolo “Magica Attesa”.
Oggi non si gusta più nulla perché manca l'Attesa. Gli eventi si succedono così rapidamente che noi non riusciamo più a dargli la dovuta attenzione, e conseguentemente non sappiamo trarre quel piacere profondo che avevamo trattenuto nel cuore per liberarlo nell'esatto momento dell'incontro, del primo impatto con la faccia di chi amiamo e che ci sembrava di non ricordare più. Non sappiamo più cosa è “il tuffo al cuore”, quella bomba che ti esplode dentro quando rivedi una persona che ti è cara.
TRRRRRRRRRRR....……….....TRRRRRRRRRRRR....……………..
Eccone un altro. E' di un cinquantenne stavolta. No, non sono solo giocattoli per bambini. O meglio, lo sono, ma quest'oggi non si riesce più a distinguere il bambino dall'adulto. “Homo Ludens”.
La maggior parte degli adulti è più irresponsabile di un bambino di quindicianni. I padri si sono trasformati in amici dei figli, e diventano sempre più rincoglioniti. Le madri lasciano che la loro figlia quindicenne torni a casa dalla discoteca alle cinque del mattino. "Vai, vai e divertiti", le dicono. E loro, le figlie, capiscono; "Vai, prendine più che puoi, fattene una scorpacciata". Li vedi, i padri, in una corsa affannata per mostrare tutto il benessere che sono riusciti a costruire, li vedi correre in un concessionario, dietro il motorino che regaleranno al loro figliolo che sta crescendo, e poi all'automobile, al telefonino, al computer, all'Estate in Tunisia, all'Inverno a Cortina o a Lake Placid. Poi, a cinquantanni, si fanno chiamare ancora "papi". Rincoglioniti di mestiere, con le camicie a fiori e le braghe sempre più lunghe, che finiscono sotto le scarpe. E' così che si muore. Altro che Chernobyl, la città dell'assenzio. Eccolo. Infila la mano in una giacca a quadri, lo prende, lo apre, tira su l'antennina e..........…...PPPRONTO!
Accidenti a loro! Proprio ora che stavo per inforcchettare i pansotti. E' più vicino, questo. Lo sento meglio. Non è una questione di "sapersi fare i cazzi propri", è che ti senti chiamato in causa dal volume della loro voce, e quindi t'interessi.
E' un medico, pare. Parla con un suo paziente. Sì, certo, certo, glielo ha detto. Due volte al giorno. E perchè non tre? No, non disturba affatto, mi creda. Non disturberà te, brutto sacco di merda! Cosa sarà stato? Una colica renale, sicuramente. O forse problemi post operatori. L'appendice. O una fimosi. Che schifo!
Questi che hanno fatto il giuramento d'Ippocrate pensano sia normale coinvolgere anche gli altri nel loro obbligo etico. In qualsiasi momento. Bene, mette giù l'antenna. Lo chiude e lo rimette in tasca. Via coi pansotti.
Dicono che faccia male. Le radiazioni, dicono. Elettromagnetismo. Non è un problema, in un mondo nel quale si rischia di morire mangiando i ravanelli, e allora, pur sapendolo, non ti preoccupi. Chi li costruisce ti dice di tenerli a venti centimetri di distanza dall'orecchio. Così quando ci parli sentirai di tutto, il traffico, le urla, la musica, i discorsi degli altri, proprio tutto, tranne il tuo interlocutore telefonico. Una volta le case costruttrici negavano. Oggi non serve più, la gente ormai è completamente andata. Ammettono qualcosa, le ditte. Anche se dicono che quelle del cellulare sono radiazioni che non fanno male. Benigne. Sì, benigne! Mi fanno ridere! Cosa vuol dire? Dove si è mai vista una radiazione che non fa male? Se esistesse la userebbero per fare i raggi X! E invece anche quelle fanno male, tanto che i medici ti sconsigliano di farne troppe in poco tempo.
Chi parla di diritti umani mi fa incazzare. Nel medio evo siamo finiti, senza bisogno di macchine temporali! Il cittadino è senza alcun diritto. O meglio, soffocato da quelli altrui. Ci hanno imposto tanti di quei diritti, senza che noi li avessimo mai chiesti, che ormai non sappiamo più da che parte girarci.
Nei tavoli accanto parlano dei nuovi modelli. Sono tre coppie. O due tris. Perchè si è messo a piovere? Dicono che con "quella casa c'è convenienza nelle tariffe". Sembra di sentir parlare un assiduo frequentatore di bordelli clandestini. Fra qualche tempo, poco, dicono, potrai collegarti anche con Internet. Così se gli sfuggi in una maniera ti acchiappano con l'altra. Un affarone per i pedofili, che telefoneranno direttamente dalle automobili in corsa e sarà più difficile prenderli. Non credo. Oggi esiste l'intercettatore satellitare di ladri. Basterà allargarlo ai pedofili e tutto sarà risolto. Poi lo allargheranno ai metalmeccanici, agli artigiani, ai Sottosegretari, ai Deputati, ai Senatori, ai Ministri, ai Capi di Stato, ai Manager, agli imprenditori, ai Servizi Segreti degli altri paesi…………………Dicono che il telefonino può diventare un microfono, una microspia a danno di chi ce l'ha in tasca. La casa che ha costruito il nostro telefonino sa esattamente dove siamo quando lo stiamo usando, e questi dati li tiene per sé. Gli Stati Uniti d'America hanno costretto l'Europa ad allestire una rete segreta d'Intercettazione telefonica, la ENFOPOL, e quindi i telefonomani sono sempre sotto controllo. Ma anche sapendo queste cose chi li usa continuerà ad usarli. Le teste di cazzo non si convincono mai.
TRRRRRRRRR.....………..............TRRRRRRRRR..........…………..
Eccolo. Si alza e va fuori. Non ha campo. Ai miei tempi “non avere campo" significava dover giocare a pallone nel balcone di casa. Sì, era un po' stretto.....…….........Facevo i pali della porta con due pantofole.
Eccolo lì, lo vedo. E' uscito dal locale. Alza e abbassa il braccio per cercare l'onda. Sembra un rabdomante. O un acquilonista. Guarda come si tira su, sulle punte dei piedi. Che deficiente! Come se alzandosi di dieci centimetri riuscisse a prendere l'onda. Se si vedesse. Sale sul tavolo! Va sul monte per parlare al telefono. Che cretino! Ma vieni giù e mangia, 'mbecille! Macché! Oh, toh!, ha preso l'onda, come i surfisti. In piedi. Tiene il dito alzato, come un interlocutore aristo-cratico. Pensare che fino a qualche tempo fa col dito alzato si beveva lo champagne. E già allora davano del "cretino" a chi lo faceva. Gira. Rigira. Chissà cosa starà dicendo, maledetto. Da quaggiù non sento. Sembra una cosa seria. Anche lui ha la faccia da medico, da Chirurgo. Estetico, forse. Starà parlando di nasi adunchi o di liposuzione. E' educato però, non voleva schifare i presenti ed è salito sul monte. Ma no! Questo non è posto da Chirurghi Estetici, ma da poveracci! Sarà uno spacciatore. Ormai le facce sono omologate. Però quello di prima era chiaramente un Medico. Sarà un Medico della Asl.
Oggi il cellulare ce l'hanno anche i bambini a scuola. Quando il maestro li rimprovera fanno una telefonata al padre e questo arriva immediatamente. E picchia il maestro. Così, con fare edu-cativo.
Gli anticonformisti di origine statale dicono che è solo per lavoro che ce l'hanno, perchè se qual-cuno li cerca devono essere rintracciabili. C'è una scusa per tutto. Anche il KKK dice che se ce l'hai con loro è perchè sei razzista. E come arrossiscono quando gli fai notare che sono deleteri! E' chiaro, non possono rinnegare il loro animo ecologista, e allora ci restano male e cambiano discor-so. Magari parlano della cilindrata della loro auto.
Io queste cose non so come interpretarle. Vedi giovanotti in giacca, con sotto una maglietta di Che Guevara, che parlano al cellulare. Vedi le loro donne esaltare il "Capo" e chiedere in giro a quale età ha perso la verginità. Guardano le foto di Marx e domandano se si tingeva la barba. Pagano centoventi euro per vedere un concerto di Springsteen e poi dicono che canta a favore dei poveri. Praticamente è come se un muratore dice di lavorare per debellare la fame nel mondo. Quella della sua famiglia. Che sinistra ragazzi! Per quanto i sessantottini non mi siano mai piaciuti, bisognerebbe ritornare a quei tempi lì, quando alle donne si davano i calci nel culo e le si spediva a fare volantinaggio davanti alle fabbriche. Altro che femminismo! Quello è venuto fuori dopo, con i "mollaccioni" che per la paura di non scopare mai hanno iniziato a cedere su tutta la linea.
Ricordatevi una cosa; quando una donna vi dice che siete maschilisti è perchè nella lite avete ragione voi.
A proposito di proprietà di linguaggio e scarsità di argomenti, strano che Francesco non abbia ancora tirato fuori il suo telefonino. Forse non ha nessuno in grado di chiamarlo, nessun amico col cellulare. Mi sembra bizzarro. Dev'essere triste però. Schede che ti durano interi mesi, tasti che si riempiono di polvere, sonerie stonate perchè fuori allenamento, antennine che si spuntano a forza di restare dentro le tasche delle giacche................................
C'è gente che ha trovato il modo di far squillare il telefonino autonomamente, in modo da simu-lare una telefonata. Sono tanti quelli che lo fanno. Fingono di essere ricercati. Chissà, forse hanno solo bisogno d'affetto. Certo che avere un telefonino che non suona mai dev'essere frustrante. La gente ti guarda, lo vede sempre lì appeso, sulla cintura dei pantaloni o che fuoriesce dalla tasca della giacca, sempre zitto, silenzioso. Che malinconia, che tristezza!
Non c'è solidarietà fra i telefonomani. Potrebbero almeno chiamarsi fra loro, ogni tanto. Così, giusto per alleviare la solitudine a un correligionario. Una volta si andava al "circolo". Tutti comu-nisti eravamo. Poi è caduto il muro.......…………..Che rincorsa per essere più liberali degli altri.
La solitudine oggi è diventata un privilegio. Quando, per un attimo, credi di essere solo con te stesso, ecco che Maurizio Costanzo si presenta e ti dice di aiutare i bambini della Bosnia. Cazzo, ero qua per i fatti miei! Niente, ci ha beccati. Cinque minuti e ti ritrovi a piangere per una suora stuprata nelle Filippine. Ti perdi, allora, e non ricordi più per chi stati piangendo, se per quella suora, poverina, o per te stesso, strangolato in quell'unico e gigantesco funerale catodico, soffo-cato con la costrizione della solidarietà. Così, fra una battuta squallida di un comico di serie C e la presentazione dell'ennesimo "istant book" scritto dal sempreverde giornalista, estremamente rispettoso dei suoi padroni, sei costretto a reimmergerti nel via vai caotico del mondo. Non riesci a star da solo se non dandoti all'ascetismo sociale, andando in alta montagna, chiudendoti in ba-gno a leggere. Poi c'è sempre qualcuno che pensa male. Masturbazione. "Autoerotismo", lo chia-mano oggi. "Disperata solitudine", lo chiamavano ai miei tempi. Vedesse mio padre come siamo ridotti oggi…..….........."Insperata solitudine", la chiamerebbe. Non si razionalizza mai così bene e compiutamente come quando ci si masturba. Eh sì, il cesso è un'area per filosofi, per sofisticati pensatori. Altro che solitudine!
Rientra. Spigliato. Sa benissimo di essere osservato da tutti. O se non lo sa lo spera. La mega-lomania, che debolezza! Il bello è che ciascuno di noi è convinto di non essere vanitoso. Poi si ritrova ad attraversare la sala di un ristorante facendo il modello avventizio. Ostentando non curanza. Bisognerebbe vedere quale differenza c'è nel nostro comportamento quando siamo soli. E' strano come la vanità sia forse l'unico nostro difetto che non può prescindere dalla presenza di secondi, di terzi, di quarti. Non c'è ragione di mostrare se non c'è nessuno che guarda. Mi fanno pena quelli del "Grande Fratello" quando affermano di aver preso parte a quel programma solo per divertimento. “Infatti”, mi dico, “adesso dai Luna Park stanno togliendo tutte le Ruote Panoramiche e gli Otto Volanti per mettere questi appartamenti, dove tu paghi il biglietto e loro ti chiudono dentro per tre mesi”. Che deficienti! Il bello è che con questa balle credono d'im-barcarci! Megalomani.
- Di secondo? - chiede il cameriere gatton gattoni come un ladro.
- Un po' di vitello. - rispondo - Con salsa tonnata.
- Anche noi. - dice mia figlia.
Mia moglie, la mia Dora, quando veniamo al ristorante prende sempre quello che prendo io. Forse non si sente così sicura di sé. Quando sei lì, a casa tua, fra i fornelli, con le tue pentole, alle quali dai del tu, allora è anche facile fare l'intenditore, ma al ristorante hai la paura fottuta di sbagliare ad ordinare, timore di fare qualche brutta figura. Allora demandi, deleghi. Un po' come in Politica. Ma scegli sempre, attraverso gli altri ma scegli. L'astensionismo a tavola è impossibile da mettere in pratica.
TRRRRRRRRR......……...........TRRRRRRRRR................………..
Di nuovo. Ho, eccolo, è quello scellerato di mio genero. Finalmente lo hanno chiamato. Se non fossi suo parente penserei che è dal momento stesso che è entrato qua dentro che sta aspettando questa telefonata. Forse si è messo d'accordo prima. Ad una data ora. Un amico. Compassionevo-le. O altrettanto vanitoso. Guardalo, guarda come si è rilassato non appena il cellulare ha suona-to. E' chiaro, attendeva questo trillo fin da quando abbiamo messo piede nel locale. Pensa te se l'avessero chiamato quando il ristorante era ancora vuoto. Che delusione! Una telefonata spreca-ta! Chi è che è? Un suo collega di lavoro. Si son visti fino a ieri pomeriggio! A meno che non siano amanti, cosa che da un frocetto come lui mi aspetterei anche. Altrimenti non c'è motivo per farsi telefonare al ristorante. Non credo siano depositari di tali urgenze.
TRRRRRRRR............…….......TRRRRRRRRRR...........…………
Mia nipote, questa. Anche lei ha qualcuno che doveva sentire. Un appuntamento. Ad un preciso orario del giorno. Una volta ci si vedeva alla stazione Brignole. Sotto l'orologio. Fuori. Fra la folla. Ci si andava incontro, ci si salutava, bacini, bacini, bacini, scambio di bave, strette di mano, anche sudate, sì, non importa, viscide, schifose, ma per lo meno avevi a che fare con persone vere, vive, in carne ed ossa! Oggi no. Oggi parli dentro un pezzo di plastica. Sempre più sottile e senza buchi. Fra qualche anno si perderanno nelle tasche.
TRRRRRRRRR.............……........TRRRRRRRRR......……
No cazzo! Anche mia figlia! Ma cos'è? Un'epidemia? Tutti i tavoli si voltano a guardarci. Che vergogna! Sento la faccia che mi esplode dal rossore. Quasi quasi gli dico di uscire. No, per carità! Sarebbe una specie di esodo dall'Egitto, troppo vistoso!
Quello a cui non hanno pensato i costruttori di computer è che un oggetto che si tiene in casa, soprattutto in Italia, non può avere molto successo. Il telefono cellulare è come l'automobile, ha avuto successo perchè è uno status symbol che si porta in giro, perchè è tascabile, ma soprattutto perchè trilla. TRRRRRRRRRRR. Tutti si voltano a guardare. E' come avere appeso al collo una specie di "tazebao", un cartello con su scritto: "Sì sì, sono proprio io". Un oggetto che permette di sfoggiarsi, di essere vanitosi. Il computer avrà lo stesso successo quando lo instaure-ranno sul telefonino e ogni volta che lo userai si metterà in moto con una sirena da fabbrica side-rurgica così forte da far girare la testa a tutta la nazione.
Mia moglie non dice niente, si abitua a tutto, la mia Dora. Sopporta. O forse non glie ne frega proprio niente. Lei non fa molto caso alle modernità, è insofferente, da quel punto di vista. Le basta solo la Tv. Altri commenti li riterrebbe superflui e vani. E poi non si può avere una chiara visione di tutto. Lei si perde già tanto del suo elucubrare su Beautiful eccetera, che non le rimane altro spazio per teorie progressiste.
Qualsiasi asservimento, e tanto più quello al progresso, non può essere totale.
Arriva il vitello. E loro stanno ancora parlando. Devo aspettarli?
Maledizione a me e a mia madre che mi ha insegnato l'educazione. Ora me ne frego e inizio a mangiare ugualmente. Dicono che sia maleducazione, che bisogna aspettare che finiscano la tele-fonata. A casa è così. Certo, ma a casa il telefono è in corridoio, li devi aspettare per forza! Mentre qui te la fanno sul tavolo.......…………...
Va beh! Aspetto. Faccio finta che siano andati al bagno. Ecco, mia figlia ha finito. Tira almeno lo sciacquone! Niente. Abbassa solo l'antennina. Finisce anche mia nipote. Chi era, Laura? Qualche cazzo telematico? Manca solo lui. Incredibile! Ha iniziato per primo! E' proprio vero che lo spette-golare non è prerogativa solo femminile. Stanno parlando del Genoa. Non ci va mai allo stadio!
Non sanno proprio cosa dire. Ma allora perchè non chiude e ci da la possibilità di mangiare che si sta freddando tutto?
Mia figlia gli tocca il braccio. Buon sangue non mente. Ma perchè si è messo a piovere? Almeno là, al aperto, in montagna, sui prati, sei tu che ti allontani, vai alla sorgente. Sì, la sorgente. Che iperbole! Uno scarico lezzo e maleodorante di rifiuti tossici e sacchetti di plastica. La sorgente! E' più pulita l'acqua del cesso di casa mia.
Ah, finito finalmente. Possiamo cominciare a mangiare. Cazzo ma è freddo! Lo sanno che lo voglio caldo il vitello, no? Già, ma forse quando è arrivato era caldo. E' che ad aspettare la roba si raf-fredda. Lo dice sempre il Maurino:
- Fottitene degli altri. Pensa alla grande. Fai come se al mondo non ci fossi che tu solo. Guarda prima in casa tua. Quelle degli altri bruciale.
Ha ragione il Maurino. Come per i documenti. Dovrei fregarmene e iniziare a mangiare quando mi portano il piatto. Ma è l'educazione. Si sa, certe cose te le porti dietro. Neanche per colpa tua. Retaggio. E' un riflesso condizionato, una questione da psicoanalisi. Cristo! Ne parlo come se fosse un difetto! No, il Maurino è troppo egoista, ha ragione la mia Dora. E poi, pensa alla grande, pens..…............……
Ma che cazzo vuol dire? Non l'ho mai capito. Ho sempre fatto come se al mondo non ci fossi che io, il problema è che non puoi mangiare con quel" coso all'orecchio che fa…………....
………………TRRRRRRR………..…........TRRRRRRR.……..…….
Dov'è? Al tavolo di quella compagnia, una ciurmaglia di gente. Sì, quella ragazzina. Se ha quin-dicianni è tanto. Ma chi gliela paga la bolletta? Ah, per quella non c'è problema. 'Sta gente campa con un solo pasto al giorno ma i soldi per pagare le bollette del telefonino li tengono sempre. Oppure hanno fatto un contratto pubblicitario. Li chiami e ti sottopongono ad uno spot. Figurati! Io quando li passano alla Tv cambio canale. Oggi c'è il tentativo di spacciare per arte anche la pubblicità. Ora hanno inventato un sistema d'intercettazione anche per chi ti telefona. Chiami tua moglie da un posto e il tuo telefono ti dice dove si trova. Il guaio è che informa anche lei, le dice dove sei tu. Come fanno? E' chiaro che hanno la possibilità di tenerti d'occhio. Loro dicono che non è vero, che lo fanno solo col tuo assenso. Cosa cambia? O col tuo assenso o senza per sapere dove sei devono pur spiarti!
Dio, guarda come muove la bocca, la "smorfiosetta"! Sembra quasi che gli stia facendo un pompino al telefono. Io, alla loro età, credevo che il "pompino" fosse una piccola pompa, quelle che si mettevano al fianco delle Graziella e che ti facevano ruzzolare in terra quando prendevi una curva stretta. Guardala! Piega la testa da una parte, poi dall'altra. Come si da importanza! Guarda che magliettina ha. Com'è che si chiamano? Sì, body. Ha due tettine che sembrano due brufoli. Ce le ha più grosse il Guglielmo, l'ortofrutticolo sotto casa mia. Si tira su i capelli, adesso. Sosta con la mano sulla testa, come un prigioniero avviato ai campi di concentramento. Aspetta aspetta! Mette su gli occhialini, guarda, vuole fare la segretaria intellettuale. E anche un po' mignotta. Dio mio! Come se il suo interlocutore potesse vederla! Cristo!
Ma perchè si è messo a piovere?
- Cosa fai, non mangi? - chiede la mia Dora.
- Questo vitello è tenero come quei frisbi che sulle spiagge si tirano ai cani per farseli riportare. - rispondo - Ma dove l'hanno preso? Gli fanno tante di quelle "pere" a queste povere bestie che quando crepano diventano baccalà.
- Dovresti andare dal dentista, papà. - consiglia mia figlia.
Troie. Sempre a farsi i cazzi degli altri. Vogliono occuparsi di tutto. Hanno il telefonino per questo. Il Dentista! Sapesse come siamo ridotti, io e sua madre! Altro che Dentista! Ci manca solo la cassa da morto. Con la pensione che ci da lo Stato! Quattro lire al mese. E vogliono anche "ta-gliarla" adesso! Che manica di stronzi!
Bisognerebbe obbligarli a vivere con "poco più di un milione e quattrocentomila lire al mese", la soglia di povertà che si sono inventati per dimostrare al mondo che l'Italia non è un paese di miserabili. Sai che ridere? Un milione e quattrocentomila! Via le auto blu, pagare il pane e perfino il biglietto dell'autobus!
Parla del Dentista, la troia! Perchè non me li dai tu i soldi, eh? Invece di spenderli tutti in telefo-nate inutili e innocue? O quel cornuto di tuo marito, che tanto lo so che ha le corna, lo dicono tutti nel quartiere. L'unica a non averlo ancora capito è quella deficiente di tua madre. Ma lei a letto non ha molta dimestichezza. Voi invece sì. Guarda la Lauretta, tua figlia, mia nipote. Chissà quanti ne ha già presi. Forse prende gli appuntamenti proprio col telefonino.
Arriva la frutta. La salto. Vado direttamente al caffè. Corretto Grappa. E alla Grappa. Al caffè. Un gelato affogato nel whisky, e l'uomo campa. Così sono bello rincoglionito e non sento più quegli orribili…....
………TRRRRRRRR...........………..........TRRRRRRRR...……..…...
Lo stesso tavolo. La stessa ragazza. Si alza un BUUUH! di disapprovazione. Forse anche i suoi amici si sono stufati. Macché. Stavano solo scherzando. O, chissà, forse è invidia nera. Noto una puntina di rammarico celata da sguardi di biasimo. Ogni volta che c'è uno squillo tutti portano la mano alla cintura. Sembra di essere all'OK Corral. Pronti per il duello. La invidiano, si vede. Alla loro età noi s'invidiava il pallone di cuoio, al massimo la bicicletta. La ragazzina no. Quella era una cosa che potevano avere tutti.
I genitori moderni sono sempre in corsa, affannati dietro le modernità, e più sono modernità tecnologiche più s'accapigliano per averle o regalarle ai loro "bambini". Homo Ludens. Non capi-scono proprio che così facendo mettono i presupposti per non riuscire a comprarsi la modernità che uscirà domani.
Sono le quattordici. Il pranzo è finito. La giornata è finita. Anche que-sto Primo Maggio ce lo siamo tolto dai coglioni. Ne restano sempre meno, per me e la mia Dora. Ci alziamo. Si alzano tutti, quasi come se fossimo al cinema e il film fosse finito. Molti corrono verso la cassa. Avevo dimenticato che per pagare bisogna fare la coda. Fosse per me uscirei dalla porta sul retro, come facevo quando lavoravo alle Poste. Il peccato è che la mia Dora non può correre.
Alla Cassa ci mando mio genero. Lui è bello grosso, ha spalle larghe. Sa spingere bene, mio genero. Bisogna essere degli esperti intrufolatori per riuscire a pagare prima degli altri. Acci-denti. Manco volessimo rubare qualcosa! Lui spinge. E ha anche il telefonino che fa un rumore del diavolo. Non è tanto 'mpossibile, caso mai squillasse, che qualcuno si prenda un colpo. No, i gio-vani sono abituati a queste cose, non fanno più caso alle tecnologie.
Sono sulla porta e aspetto con irrequietezza che mio genero riesca a pagare. Si scatena una serie interminabile di trilli. C'è chi parla col fidanzato, cornuto probabilmente, altrimenti sarebbe qua, e chi coi propri genitori. Si capisce, sono in pena, vogliono sapere dove si trovano le loro figlie, che non facciano nulla di male, che colui dal quale si fanno scopare non sia proprio un poveraccio.
Mio genero paga e usciamo. Un altro giorno andato. Apriamo l'ombrello. Da spiaggia. Sotto ci stiamo tutti e cinque. Ridendo. Ma perchè si è messo a piovere?


II.


Quello che dell'umanità non ho mai capito è il gusto di complicarsi la vita. Più certezze, ci vor-rebbero. Come l'inquilino di sopra. Cinque anni fa l'hanno trovato impiccato al tubo del riscaldamento col gas aperto. Si sarebbe anche tirato una revolverata, se non avesse avuto la mano destra occupata da una boccetta di barbiturici che aveva vuotato, e la sinistra che, nello svenarsi, aveva i tendini recisi e quindi era inservibile. Questo significa essere metodici, seri, decisi.
L'umanità invece è troppo frammentaria. Siamo partiti col telegrafo, scoperta, per l'epoca, eccez-zionale, vero battistrada del progresso che da lì a qualche decina d'anni si sarebbe sviluppato, e invece? Cos'è successo? Che le cose hanno cominciato a complicarsi.
Il telefono era un mezzo per far comunicare le persone più velocemente, ma il "veloce" deve avere comunque un freno. Se ti compri un'auto che ti fa fare i duecento orari non è detto che arrivi prima, puoi benissimo acchiapparti un paracarro e non arrivare affatto, cadere in una scarpata. E poi guardami dan fond'al fosso!
Col telefonino, e come con le E-mail, quel che si è inibito è il "piacere dell'attesa". Quel tempo nel quale il nostro cuore arde nell'aspettare la persona amata, che oggi ci telefona dall'autostrada per dirci:
- Tesoro, mancano venti chilometri e sono da te.
E allora cosa mi telefoni a fare, deficiente! Tientelo per te, no? Fammi vivere l'emozione del-l'abbraccio inaspettato! Niente. Inoltre. Tuo marito ti può dire che è in autostrada e arriverà fra venti chilometri, mentre invece è sì in automobile a venti chilometri di distanza, ma sdraiato coi sedili ribaltati che si sta facendo fare da una battona!
Il telefono non allunga solo la vita, e i numeri erotici sono lì a dimostrarlo.
Ma forse non è proprio un male quello di tentare di evitare sorprese. Un mio conoscente il telefonino non l'aveva, e rientrando a casa prima del solito ha trovato sua moglie a letto con un altro. Ora è in galera. Uxoricidio. Ventanni. Pensandoci bene, però, non avrebbe potuto scam-parsi le corna neanche con l'ultimo modello. Se nostra moglie ci vuol tradire noi non possiamo farci niente. La Tecnologia è sempre inadeguata a ciò che succede. Dovrebbero inventare un rivelatore d'infedeltà. Sarebbe sempre lì a suonare. Di continuo. Sì, perché si può tradire anche nel sonno.
Un giorno stavo facendo un lavoretto a casa di mia figlia, e lei mi aveva lasciato le chiavi di casa perché spesso era fuori. Ebbene, un pomeriggio arrivai a casa sua e la trovai a novanta gradi con un tizio che la infarinava da dietro mentre parlava al telefono con quel cornuto di suo marito. Feci appena in tempo a nascondermi.
La disaffezione alle facce ha prodotto una specie di disincanto riguardo alle espressioni, così che possiamo benissimo fare a meno di notare che qualcuno a cui vogliamo bene in realtà ci sta pren-dendo per il culo.
Noi mariti faremmo meglio a non regalare telefonini alle nostre mogli, perché se posso soppor-tare che tu mi faccia becco, per lo meno non farlo mentre mi parli della condotta a scuola di nostra figlia! E poi, voglio anche avere la possibilità di scoprirti o la soddisfazione di vederti arrossire mentre mi propini l'ennesima incredibile balla!
Sì, pretendo di avere la possibilità di dubitare della gente che ho intorno. Il cellulare questa possibilità ce l'ha tolta. Perché siamo ormai convinti che parlare con una persona sia un mezzo, un modo, per entrare a far parte della sua vita, e questo non è vero, o, per meglio dire, lo è nel-l'istante stesso in cui questa persona ce l'abbiamo davanti.
Quando un marito che non è sicuro dell'amore che gli porta sua moglie, la lascia ugualmente libera di fare quello che vuole, è perché ci sono altri motivi dietro. Esattamente tre. Quel marito non ama affatto sua moglie. Due. Lascia che sua moglie faccia ciò che vuole così anche lui, per una forma di reciprocità, sarà libero di fare quel che vuole. Tre. Tutto sommato non ritiene sua moglie qualcosa di appetibile agli occhi degli altri uomini, la considera scarsamente. Questi tre tipi di mariti non gelosi di solito finiscono per essere cornuti. L'unica ragione per cui la donna ha scatenato la "rivoluzione sessuale", che oggi l'ha portata a conquistare un proprio spazio vitale comunque gestito dagli uomini, è la "possibilità di appagare i propri pruriti e i propri sollettichìi del cuore". In tre parole: La Propria Vanità.
Il telefono è un mezzo di cui non mi sono mai fidato. Ho sempre pensato che può servire per dare appuntamenti o per sapere come stanno le persone alle quali teniamo di più, ma quando tocca altri argomenti, compreso il lavoro, non è mediatore di cui ci si possa fidare ciecamente. Io, quando telefonano a casa mia, quindi parlo del telefono fisso, faccio rispondere sempre la mia Dora. Non mi piace discutere con persone di cui non vedo la faccia. Possono dirmi qualsiasi cosa pensando l'esatto contrario, e io non avrò nessuna spia pronta a rivelarmelo. La Menzogna è un'Arte, non qualcosa per avventizi. Bisogna esser bravi a mentire, a nascondere la diversa espressione che la nostra faccia assume quando diciamo una balla. Dato che l'Ipocrisia sembra essere "La Pietra Filosofale del Terzo Millennio", ciascuno di noi è allenato a dissimulare, e oggi, se vogliamo, conoscere una persona è anche la curiosità di sapere come questa si comporterà con noi, se è capace di mentire e di nascondercelo, se invece è una brava persona, vera, sincera, mite, se quando ti dice che sei un bastardo intende pro-prio dire che secondo lui sei un bastardo.
Queste cose le ho imparate osservando mia figlia e mia nipote. Sì, perché il cellulare è un oggetto strettamente femminile, non maschile. Dai su, lo sappiamo tutti che noi uomini al telefono non siamo capaci che a parlare di stronzate e di lavoro! Almeno, gli uomini che non si scopano le no-stre mogli. Loro sì che sanno trattarlo l'aggeggio!
Diciamocelo chiaro e tondo: noi non abbiamo mai imparato a parlare al telefono con le nostre donne. I loro amanti sì. Perché chiudono subito, mica per altro. Trovano solo il tempo per dare appuntamenti. E' qui che ci rendiamo conto d'aver sposato delle mezze deficienti. Mai visto personaggi così inutili e piatti come gli Amatori di professione, i Latin Lover. In meno di un minuto dicono alle nostre donne tutto quello di cui s'intendono e sovente non riescono neanche a finire perché quelle gli tappano la bocca con un bacio. Meglio scoparli che sentirli parlare? Non sono così sicuro che le nostre mogli facciano questo tipo di ragionamento, anche perché come perspicacia non è che siano tanto più avanti dei loro amanti. Ciononostante rimangono amma-liate. Come si fa a farsi sedurre da un inconsapevole anacoluto il cui massimo è stato andare in vacanza a santo Domingo? Non c'è niente da fare. Ci vogliono le nostre mogli.
Ma forse siamo gelosi proprio per questo motivo. Perché la loro pochezza affascina, e noi sappia-mo di non poter raggiungere il loro grande sex appeal proprio perché siamo privi di quella superficialità di fondo che le nostre donne adorano. Sì, perché solo in quel modo e con quegli individui riescono a sentirsi più intelligenti. Metti un focomelico in mezzo a quelli di un Cotolengo e per lui sarà più facile spuntarla.
C'è anche un altro ragionamento da fare. Le nostre donne si fanno ammaliare da quel tipo di fascino perché le porta a volersi occupare di coloro che ne sono i padroni appagando quel desiderio, che hanno sempre avuto, di trasformarsi in crocerossine, in maestre di sostegno buone e comprensive, ciò che non possono fare con noi che le prendiamo a calci nel culo dalla mattina alla sera.
Ecco, il telefono cellulare è un oggetto creato ad arte per gli "Home-breakers", i "rovina famiglie". E per le donne, naturalmente. Per quelle che passano alcune ore pomeridiane a farsi inculare dai loro amanti, e i sei mesi successivi a raccontarlo alle loro amiche. Al telefonino. A spese nostre.
Il marito che regala il cellulare a sua moglie sotto sotto lo fa perché è convinto che così sarà più facile tenerla d'occhio. In realtà è lei che tiene d'occhio lui. Sa quando suo marito tornerà a casa, dove si trova quando lei sta "facendo roba" col suo amante, addirittura può organizzarsi le gior-nate in base al telefonino, sapendo che, comunque vada, suo marito prima di rientrare la chiame-rà.
- Cara, fra dieci minuti sono da te.
- Davvero? - risponde lei. Poi, rivolta al suo amante - Fai più in fretta che sta per tornare a casa!
Mia nipote non è molto bella. Certo, è di questi tempi, quindi magra, vestita alla moda, moderna, emancipata, praticamente un cesso travestito da bella ragazza. Da quando suo padre, quel cor-nuto di mio genero, le ha regalato il telefonino, i maschi le ronzano intorno come mosche su una merda fresca. Ha un ragazzo fisso, ufficiale, e una decina che glie ne danno a ore prestabilite. Naturalmente ad insaputa di quel povero ragazzo.
Mia figlia, la moglie del cornuto, ha un cellulare a scheda. Francesco è convinto che lei usi sempre la scheda che le compra lui, ma in realtà ne ha altre sei, sette che acquista con la cresta sulla spesa. Con quelle parla ai suoi amanti, un paio di personaggi risibili e trascurabilissimi che lavo-rano o abitano nel circondario, e con l'altra solo con suo marito. Così gliela fa vedere sempre piena di crediti. Povero Francesco. Sapesse che uno dei suoi amanti è il padrone del Tabacchino.......
Quando la vidi col culo all'aria non s'accorse di niente. E tiene su ancora quella maschera da don-na per bene, da madre attaccata alla famiglia, che ogni volta mi fa alzare gli zuccheri nel sangue. Francesco crede di essere un buon marito, meschinetto, e pensa che questo basti ad una moglie moderna e con la fregna eternamente bagnata.
Questa sarebbe tutta "l'emancipazione" di cui sarebbero capaci le donne: avere la possibilità di tradire il proprio uomo senza esser considerate, dagli anticonformisti di origine statale, delle puttane. Un paio di giorni fa c'era un articolo su Repubblica che diceva:

"Convegno a Genova. Titolo: La donna Manager e il rapporto di coppia". Sottotitolo: "Proble-matiche della donna nel rapporto di coppia". Fra gli altri argomenti tratterà della menopausa e sessualità, i problemi della donna in carriera e terapia orale".

Ci sono davvero questi Convegni, non era uno scherzo. Trattare la "terapia orale" non mi dispia-cerebbe.
Emancipazione! Non ho ancora capito cosa sia. Io vedo solo prostituzione, e quasi mai per strada. Anzi. Da quando è stato statusimbolizzato il cellulare, le baldracche hanno abbandonato i marciapiede e usano il telefono. E spesso non sono professioniste, ma studentesse e casalinghe che "battono" all'insaputa del marito e dei genitori. Fra uno stufatino e l'altro, fra una "tesina" e l'altra, se ne fanno un paio.
Una volta potevi almeno farti mettere il telefono sotto controllo! Col cellulare non è più possibile. O meglio, è possibile solo agli altri, agli intercettori di mestiere. Sapete quante volte, pensando ai decodificatori di messaggi che lavorano per Enfopol o per il "Progetto Echelon", mi son chiesto quante risate si faranno sentendo le telefonate di mia figlia e immaginando suo marito? Tutti sanno tutto. Tutti tranne mio genero. Mariti, vi do una dritta per captare le telefonate di vostra moglie. Prendete il filo per la ricarica delle batterie dell'automobile, lo attaccate da una parte ad un antenna da Tv e dall'altra all'antenna del vostro cellulare. Quindi vi appostate nelle vicinanze quando vostra moglie telefona. Si sente tutto. Ah! Il progresso!
Se ci fate caso noterete che tutti gli aggeggi spacciati per "nuovo", per "moderno", sono sempre veicoli sessuali. Il televisore a guardarlo con attenzione è un sott'inteso continuo. Il computer ricettacolo di pervertiti, almeno, quando non lo si usa per lavoro. Il telefono cellulare un mezzo per tramare tresche. L'auto è una casa d'appuntamenti mobile. Tutte cose che purtroppo sono anche contagiose!
Un giorno la mia Dora entra in camera da letto mentre mi stavo svegliando dopo aver fatto la pennichella pomeridiana. Mi stava domandando se le compravo un telefonino. Non è tanto una questione d'esser gelosi, è che le nostre mogli non si rendono minimamente conto che se lo fanno loro possiamo farlo anche noi, che il loro non è un primato. Sono assolutamente convinte di poterci fare fessi e di riuscire tranquillamente a nascondercelo. Io la guardai di traverso.
- Mi dici a cosa cazzo ti serve un telefonino?
- Per essere al corrente di tutto, per sapere come sta nostra figlia, Francesco, Laura...............
- E non ti basta il telefono che hai in casa per questo?
- E quando vado a comprare? - insistette lei.
- Ma cazzo! - mi arrabbiai io - Quanto ci vuoi mettere a fare la spesa? Una giornata intera?
- Tante volte serve un aiuto istantaneo.…...intervenire…….
"Venire", mi dico fra me e me, "altro che intervenire".
- Scusa, mia cara dolce e buona Dora, ma se non è mai successo niente prima, perché dovrebbe succedere qualcosa adesso? Solo perché hanno inventato il cellulare? Abbiamo sempre vissuto bene, tranquilli, senza telefonino, cosa ti prende?
- Ma se ci dovesse cercare qualcuno per qualcosa?
- Hai detto che ultimamente ti piacevo forse proprio perché ho perso i documenti, e adesso vuoi farne altri acquistando un telefonino? - dico io - E poi Dora, dammi retta, a noi non ci cerca neanche il Maresciallo dei Carabinieri, lo sappiamo bene……………
Non c'è niente da fare, il "progresso" è contagioso, ti circonda da tutte le parti e tu diventi an-sioso, ti viene la frenesia di farne parte. Mai, però, che attaccasse qualcosa d'intelligente! Sempre stronzate! E' progresso anche l'automobile ad idrogeno, eppure non la fabbricano neanche! E' proprio vero, le cose buone e innocue non fanno epidemia, mentre le puttanate sì!
Da quando la religione è diventata l'oppio dei popoli, i popoli, da buon oppiaceo, sono diventati religione a sé stessi. Non si crede più in Dio, ma all'uomo. A quest'informe massa di carne, sempre più gelatinosa, che corre dietro a una donna da catturare che è stato proprio lui a liberare. Sembra di essere in una riserva di caccia, dove ti compri la selvaggina, te la liberi, e poi ti fai un culo così a corrergli dietro per sparargli. Masochismo scemo. Il guaio è che le riserve diventano sempre più esclusive. La selvaggina sa chi può dargli da mangiare meglio, e va dal più ricco. Non importa se morirà ugualmente o se verrà tenuta in gabbia, cosa che nelle comuni riserve non succede, l'importante è vivere, anche se meno, sotto un padrone che ti dia cibo buono e in gran quantità, e che quando è di buon umore ti tiri fuori dalla gabbia dorata per mostrarti agli amici. Sembri viva, ma sei una preda morta dentro.


III.


Se non avete la minima idea di che cosa sia una cerimonia pagana moderna, entrate in un negozio di telefonia e lo scoprirete. L'acquisto del telefonino ormai è diventato un rito. Perfino nel vestiario, ci si concia bene per comprare un telefonino. Non bisogna dare l'impressione di essere solo degli ignoranti conformisti che si sono fatti fregare dalla pubblicità.
I negozi di telefonia assomigliano alle camere dei dentisti. Tutto bianco, asettico, pulito, un freddo della madonna sparato dentro dal condizionatore, un religioso silenzio, voci sommesse, come alla messa della Domenica mattina, e un tipo con la faccia di merda stampata che pare prometterti: "Adesso ti faccio un culo così". Impeccabile. Giacca addobbata con cravatta, mocassini al seguito, pantaloni di colore diverso da tutto il resto, praticamente un perfetto spezzatino di merda fresca con la certezza di aver indossato una camicia appropriata.
Le camicie sono talvolta un vero specchio fedele dell'anima. Ci si guarda allo specchio e sovente ci si trova a proprio agio, davvero eleganti, sempre con la stessa camicia. Ai commessi dei negozi di cellulari deve succedere tale cosa. Raramente indossano camicie sgargianti, sono più propensi a presentarsi in maniera sobria e formale, ma sotto sotto si vede ugualmente che si sono preparati con coscienza, magari passando un paio d'ore della sera prima davanti allo specchio a con-templarsi. E le cravatte allora? Mai visto "Cartina di Tornasole" più rivelatrice delle cravatte. Non si abbinano quasi mai ai vestiti, ma alle occasioni. Per esempio. La cravatta che andrebbe bene per un completo nero con camicia bianca è anch'essa di colore nero, ma mai indossarla ad un matrimonio. Dicono che porti sfortuna.
Mia moglie non si era accorta che tutti ci guardavano. Eh sì, perché il telefono cellulare è un oggetto da giovani e per chi si sente giovane, per chi ha quell'illusione pragmatica che il confor-mismo sia un modo per non morire mai, per chi dice "lo uso per lavoro", per troie e per papponi, ma non per gente come me e la mia Dora. Noi siamo troppo simili alla società per avere una buo-na ragione per scusare la nostra presenza qui.
Subito ci venne incontro quello che sembrava essere il padrone. Disse un "buongiorno" carico di doppi sensi tipo:
"Perché siete voluti entrare? Non vi bastava la vostra misera vita di pensionati? No, voi due volete ancora sentirvi giovani. Ma la giovinezza costa, non è gratis, bisogna potersela permettere, e voi non avete la faccia di quelli che si adattano allo "spirito dei Tempi". Venite signori, vi faccio vedere, vedere come si disillude la gente come voi, come la si ricaccia nel suo ghetto senile, nel quartiere dal quale è venuta, nel suo meschino angolino fatto di luoghi comuni".
Tutto questo, naturalmente, lo pensai io, ma non credo che lui non fosse in sintonia col mio cer-vello. I commercianti non mi sono mai piaciuti. Tranne l'Adalgisa, forse. Crestaioli nati, non badano tanto ai cartellini o ai prezzi, ma più alla persona che hanno davanti, e se questa si rivela essere individuo a digiuno di prezzari, o, come nel nostro puerile caso, di cose moderne, subito se ne approfittano. Tentano di venderti quello che vogliono loro e quello che in realtà ti servirebbe. E non è tanto una questione di prezzi, o non solo. Nove volte su dieci cercano di appiopparti cose che non riescono a vendere.
C'era il barista sotto casa mia che quando entravi a comprare una bottiglia di vino o un gelato, non ti mollava finché non gli acquistavi anche le patatine. Naturalmente queste erano anti-chissime, contemporanee d'Isaia, e se la senilità, fino a quel momento, ti aveva risparmiato gli ultimi tremolanti denti, quelle patatine di epoca precristiana provvedevano a tirateli giù. Non cercava di vendertele per fare qualche soldo in più, non solo, ma perché gli erano rimaste sul groppone, e i commercianti non possono rassegnarsi all'idea di aver preso un "pacco". Quando gliele compravo, appena fuori dal locale, le buttavo regolarmente nel cassonetto della rumenta senza neanche aprirle. Non le acquistavo perché avevo paura di lui, ma perché mi faceva pena.
A dir la verità ciò che dei telefonini mi spaventa non è tanto il prezzo, ormai non costano più nulla, come i televisori, ma più quel corollario di comportamenti e di mentalità insite nel-l'acquisto. Sì, perché ti rendi conto di dover entrare in un mondo strano, di gente che parla una altra lingua, fatta di "parole d'ordine", di gesti inconsueti, di mentalità diverse, anche se uguali.
Me ne accorsi perché, una volta dentro il negozio, mi venne immediatamente la tachicardia, la sudorazione aumentò, e la vista si alterò ulteriormente. Mi sentii la testa pesante, e anche una specie di "smottamento epigastrico duodenale". No, non era proprio paura. Meglio, era quel genere di timore che provano gli studenti quando si presentano dinanzi all'esaminatore per una prova orale.
Fu questo stato a convincermi che eravamo fuori luogo. Mi sembrava d'aver mangiato un piattone di cozze avariate. Le presenze che, seppur alienato, sentivo, i clienti del negozio e la parlantina del commesso-imbonitore-padrone, fecero il resto, e dopo due minuti volevo già andare via. La mia Dora mi bloccò, rivendicando il suo diritto a possedere un telefono cellulare. Se quand'eravamo maschilisti ci avessimo pensato bene, oggi eravamo tutti finocchi e le donne non esisterebbero neanche.
Il commesso-imbonitore ci portò in bagno per mostrarci che anche lì il telefono "prendeva", aveva campo. Dio mio! Ma perché sono venuto? Avrei dovuto rispondere a mia moglie che mi sentivo troppo vecchio, superato, putrefatto. Avrei dovuto nasconderle le scarpe, i vestiti, getta-re via le chiavi della porta del nostro appartamento dopo aver ben chiuso la porta d'ingresso! No, lei avrebbe mandato solo me. Magari facendomi calare giù dalla finestra con un paio di ciabatte ai piedi e l'accappatoio buttato sulle spalle. I diritti sono diritti, che diammine!
Come, come? quattrocentoventi euro? Ah, ma ci fa lo sconto. quattrocento nette nette. Ma come! Non si era detto che costavano di meno? Non si era detto che ormai si comprano con due lire? Quel deficiente di mio genero mi aveva detto che con duecento-duecentocinquanta me la cavavo! Ah, ma non è "quel modello"! Eh, volevo ben dire. Il nostro costa di più perché è un " telefonino". Fa tutto da solo. Ha il riconoscimento digitale, si collega con Internet quando cazzo vuole lui, un prototipo, ti fa sentire la musica che vuoi, e prende trecento stazioni radio e cinquanta televisive, perfino la famigerata Capodistria, più introvabile della Primula Rossa. Quasi quanto me. Poi porta il cane a pisciare, ti lava i denti, fa la spesa signor e si collega con la Borsa di New York due volte alla settimana. Ci manca solo che mi scopi la moglie e farebbe tutte le incombenze che altrimenti spetterebbero a me. Una perfetta donna di servizio con tre lauree.
Il guaio di questi aggeggi moderni è che fanno tutto loro e a te non rimane che prenotare il posto al cimitero. Ecco cosa vuol dire essere giovani e tele-dipendenti. Tele-fono. Tele-visione. Tele-matica. Un oggetto come il cellulare che avevamo comprato non si dovrebbe "rovinare usandolo", andrebbe depositato in Banca e registrato da un Notaio, sul testamento.
Entra una ragazza. Ventotto, ventinove anni. Parla molto cordialmente col commesso-padrone. Si conoscono. Come al solito tendo l'orecchio, anche se non ce n'è troppo bisogno, sono a due metri. Fa la cubista in una discoteca della riviera. Le sue cosette a posto ce le ha. Culo alto, duro come la "campagna di Russia", belle tette, non troppo grosse, ma oggi si portano così. Ha le gambe fini e le cosce spesse. Strano. Pare ci sia un'incongruenza. Capelli di un colore bizzarro, blu oltremare, o di chissà quale altra profondità e larghezza.
Ecco, ad un tipo così, a cosa può servire il telefonino se non per sapere dove si trova il suo fidanzato e calcolare se ha il tempo di fare un pompino all'avventizio di turno e arrotondare la serata sul cubo? Chissà, forse proprio al padrone di questo negozio. Ecco come lo paga. Troia. Troie.
Certo che con gli stivali alti, neri, lucidi, da nazista, magari con la frusta in mano, farebbe la sua figura. Eccola, me la vedo. Mentre dimena il culo sul tappeto di una musica amena e dimentica-bile. Sì, se li paga così i suoi sfizi.
Ne entra un'altra. Avrà cinquantanni. Vuole il giocattolino per la sua "bambina". Diciotto, di-ciannove anni. A quell'età i bambini si fanno, altro che bambina! Probabilmente comprandole il telefonino è convinta di tenerla d'occhio ventiquattrore su ventiquattro. L'illusione dei genitori è che i loro figli non facciano quello che hanno fatto loro.
- Sì? - dice il commesso-imbonitore - Questo è l'ultimo modello. Bellissimo!
C'è sempre un nuovo modello da mostrare all'ingenuo acquirente. No no, gli altri negozi non ce l'hanno mica. Solo noi, sì, solo noi. Lo so signora, certi negozi dovrebbero proprio chiudere. I commercianti sono come i politici. Ci sono troppi partiti? Bisogna che il panorama politico si assottigli. Il ragionamento finisce quando poi sono loro ad andare sotto il quattro per cento.
- E come funziona? - chiede la signora genitrice - Funziona bene?
Avrei voluto intervenire io e dirle: "Guardi signora che si dice "se ha campo". Ma poi ebbi pietà di me stesso e tacqui. Le uniche cose che perdiamo alla svelta sono le buone abitudini.
Le guardai mentre l'altro commesso andava a prendere tutti gli accessori e i vari optional per il cellulare della mia Dora, compreso l'auricolaree il blutooth. Così il tumore all'orecchio non tarda a venire. Preparato il sacchetto la mia Dora lo prese e si avviò verso l'uscita, lasciandomi l'incom-benza di pagare. Tocca sempre a noi uomini, pagare. Ah!
Il Femminismo! Che ridere ragazzi! La libertà di non essere libere. Ma vaffanculo! Quanto cazzo è che fa? Eccoti le tue quattrocento, ladro di merda. Ma perché sono venuto?
Come esco penso che la mia Dora per questo regalino dovrà farmi pompini per altri dieci anni. Che cosa cazzo se ne farà di un cellulare! Ancora deve spiegarmelo. Ma è tardi, ormai glielo ho comprato.
Nel tragitto verso casa non parliamo molto. Sa già cosa le chiederò. Arrivati a casa telefona subito a nostra figlia Daniela. Dall'apparecchio fisso. Forse ha paura di sciupare il nuovo acquisto. O forse non ha ben capito come si usa. Bisogna stare attenti con queste tecnologie. Sbagli a premere un pulsante e immediatamente parte un missile intercontinentale a testata ipernucleare su New York. Magari su New York! Sull'Europa! Gli americani sanno come difendersi dai loro errori, altrimenti il muro di Berlino non sarebbe caduto mai.
Nei giorni che seguirono la mia Dora iniziò a prendere confidenza col mezzo meccanico. Non solo col suo, ma anche col mio. Passai diverse notti felice come un bambino a Santo Stefano. Ogni tanto lei si svegliava per divertirsi col "giocattolino". E non intendo il cellulare. La mia Dora si mostrò dolce e remissiva come mai era stata. Faceva tutto quello che le chiedevo. Certo che averlo saputo prima......……..



QUATTRO PASSI IN CENTRO


I.


In questo mondo pieno di bolidi, autobus, motorini, utilitarie, auto sportive, moto grandi e moto piccole, il nostro cervello piano piano si rattrappisce. Un risucchio. Un'atrofia cerebrale. Se il "barile di petrolio" è l'unità di misura del mondo, con conseguente aumento dell'inflazione e tra-collo del potere d'acquisto, gran parte del "merito" è proprio dello "status symbol Automobile".
Oro nero. La più grande intuizione degli ultimi ventanni ce l'ha avuta Saddam Hussein quando ha incendiato i pozzi kuwaitiani. Il petrolio costa sempre più. Ma è proprio un male? In realtà, coi danni che causa in tutto il mondo, il suo prezzo rimane sempre basso. Dovrebbe costare cin-quanta euro il litro.
Ma perché appena aumenta di due lire tutti si preoccupano? Per coprire il costo dei danni ecologici che fa dovrebbe costare cento volte di più! E invece, per porre una parvenza di rimedio al deterioramento dell'ambiente, si prendono i soldi delle tasse pagate dai cittadini tutti. Indistin-tamente. Cosa me ne frega a me dei danni causati dall'inquinamento delle automobili? Cioè, me ne frega perché io ne sono solo una vittima. Ma per quale ragione devo pagare io i danni causati dagli automobilisti se non ho né patente né automobile? Meno male che il petrolio sta per finire! Voglio vedere, sono curioso di sapere, fra una quindicina d'anni, quando non ce ne sarà più, o per lo meno sarà assai scarso, cosa tireranno fuori per sostituirlo! Sicuramente qualcosa che esiste già oggi. Oggi le auto possono andare ad idrogeno ricavato dall'elettrolisi, quindi energia pulita da energia pulita, a pannelli solari, ad elettricità, a biomassa...………

Queste sono già oggi invenzioni datate, che hanno almeno dieciquindicianni, nel caso dell'auto a pannelli solari addirittura più di settanta!
Niente. Vogliono che usiamo il loro petrolio, con danni incalcolabili all'ambiente. E non respiriamo merda solo quando andiamo in centro. Da uno studio recente si è scoperto che il monossido di carbonio ha invaso le nostre case, perché abbiamo la cattiva abitudine di tenere le finestre aperte di giorno, quando il monossido di carbonio è a livelli altissimi, e chiuse di notte, quando invece il livello scende e l'aria diventa più respirabile. Quindi non serve non andare in centro per ripulirsi i polmoni, dal momento che invitiamo lo smog ad accomodarsi nel nostro salotto.
Inquinamento! Che matte risate mi faccio quando sento i politici che dicono di volerlo com-battere. Ricordo un Ministro della Sanità di un governo di sinistra. Era un Oncologo, e aveva creato una Fondazione che portava il suo nome. Prima di diventare Ministro aveva acchiappato decine e decine di miliardi per la sua Fondazione dal Presidente della più grande fabbrica di automobili italiana. Quando divenne Ministro della Sanità iniziò una guerra senza quartiere contro il cancro. Si capisce, è un'Oncologo, ma naturalmente non contro le automobili, ma contro le sigarette. I giornali lo incensarono come "nuovo Don Chisciotte", e i soliti anticonformisti di origine statale, i sinistrati, lo applaudirono. In realtà era il solito servo sciocco che si guarda bene di andare a toccare poteri consolidati. In Italia prendersela col Monopolio di Stato è come sparare sulla Croce Rossa! Il risultato raggiunto fu quello di mettere ai margini i fumatori. L'avviso preventivo sui pacchetti di sigarette presto dovrà essere esacerbato, e i locali pubblici dovranno creare, per legge, sale per i fumatori e i non fumatori. Ma il tabacco è forse l'unica cosa che fa male? E le auto? E l'elettromagnetismo? Pensate se fra qualche anno si scoprirà con certezza che il tele-fono cellulare fa male. Cosa accadrà? I locali pubblici dovranno allestire una sala per i fumatori-telefonomani, una seconda per i non fumatori-telefonomani, una terza per i fumatori-non telefonomani e una quarta per i non fumatori-non telefonomani. Un labirinto. Un mondo globale unito dalle razze e diviso dai vizi.
Piano piano i governi si stanno accorgendo dei danni causati dall'inquinamento. All'inizio avevano studiato il metodo delle "targhe alterne". Un giorno uscivano i numeri pari e quello dopo i numeri dispari. Ho visto mio genero prendere l'automobile solo per andare a comprare il giornale.
- Dove vai Francesco? - gli chiesi.
- Oggi è il "mio" giorno. Vanno i numeri pari, così ne approfitto per andare in centro a comprare il giornale. Intanto mi faccio un giretto. Dai, vieni anche tu!
Stronzo. No che non vengo. Cazzo, abbiamo l'edicola a trenta metri dal portone! Ma forse questa non è solo ignoranza. Forse più incapacità di camminare, ormai. Sì, non siamo più buoni a camminare, stiamo perdendo il vizio.
Una volta il processo ontogenetico del bambino lo potevi dedurre dal fatto che iniziava a cam-minare da solo, a stare in equilibrio. Quando riusciva a fare i primi passi era una festa! Oggi li abituiamo fin da piccoli a non muoversi. Quando li mettiamo davanti alla Tv per interi pomeriggi, fidandoci di lei come se fosse una balia, quando li infiliamo in quella specie di trappola per topi che è il seggiolone da automobile...…….............Incredibile! C'è gente che va in macchina praticamente da quando è nata. E' come aver smesso di bere assiduamente, aver smesso di ubriacarsi.
Oggi bisogna reimparare a camminare. Le quattro ruote hanno inibito il passo umano a tal punto che quando vedi un'automobile posteggiare e il suo autista scendere, ti accorgi che non è capace di evitare gli ostacoli, le cacche di cane, i muretti, picchia addirittura contro le auto posteggiate, ciò che non gli succede quando invece va in macchina. Ormai le sue gambe si sono atrofizzate, e riesce a camminare solo da seduto, come un paraplegico. Ormai ha sostituito le scarpe col vo-lante.
Mio genero un giorno si è perso in un Parking del centro cittadino. Non aveva trovato la porta per raggiungere l'aria aperta ed era rimasto prigioniero di quell'alveare.
Non essendo più abituato a camminare, stanco, infine si era fermato e aveva chiesto aiuto. Preso dalla disperazione s’era perfino messo a piangere. Per fortuna ha incontrato un tizio col telefonino.................... Comunque pare che oggi qualcosa inizi a cambiare. Le "targhe alterne" non erano più sufficienti. Così si è visto bene di bloccare le auto una Domenica al mese. Almeno nel centro cittadino. Vogliono reinsegnarci a camminare. Così, la prima Domenica al mese, via! Liberi tutti!
E' qui che ti accorgi quanto la vivibilità cittadina risenta delle automobili. Ma forse quello che ci fa più male non è tanto il monossido di carbonio o l'inquinamento di altre sostanze velenose, ma il rumore, in primo luogo, e una certa mentalità.
Comunque sia.
Spinti più dalla pubblicità che dalla vera e propria voglia di uscire di casa e andare a "vivere il centro pulito", anche io e la mia Dora andammo un po' a spasso. Certo un po' timorosi.......……….. io ero senza documenti.....…...........…...Comunque non mi fermò nessuno. Chissà, forse non risultavo più perché ero diventato invisibile, tutto anima, uno spirito vagante.
Naturalmente, per un riflesso condizionato o perché trascinati dal movimento osmosico dei cittadini, ci dirigemmo verso il centro, per godere dei residui d'inquinamento rimasti, frutto di decenni di scarichi automobilistici, e di quel traffico privilegiato. Sembra che avere idee discordanti non renda unici e originali, ma una sorta di ribelli.
L'umanità non ha ancora capito che non è il numero che conta. Uno può benissimo far parte di un gruppo e rimanere un individuo, con idee proprie e pensieri autonomi, mentre invece si può essere eremiti e, anche se da soli, essere "già massa". Quel che conta non è "fare qualcosa per", ma farla e basta, farla se ci va, se ci serve, se ci piace. Dovremmo reimparare a vivere per noi stessi.
Invademmo il centro. Sì, una specie di tossicodipendenza, sì, di cui non sappiamo più fare a meno. A volte è proprio la tossicodipendenza a farci diventare tossicodipendenti, e non viceversa. Sapere che abbiamo una malattia ci può rendere ancor più malati. Non si capisce perché, in que-ste Domeniche, le montagne e i fiumi, le spiagge e le campagne, restino disabitate. Forse l'asti-nenza spinge i cittadini a riappropriarsi del centro. O forse perché, proprio come i tossicodipen-denti, abbiamo bisogno di respirare quel minimo d'aria inquinata.
Arrivammo davanti ai giardini della Stazione Brignole avvolti da un silenzio assordante. Noi non abbiamo mai avuto l'automobile, e quindi non risentiamo affatto della privazione. Questa para-disiaca condizione ci permetteva di capire, di vedere e di commentare fra noi le altrui sofferenze. C'erano personaggi che si aggiravano fra le panchine, le fontane e i giardini con aria smarrita, come vagabondi o ubriachi che si appoggiano ai lampioni credendo che questi siano lì proprio per salvarli dal ruzzolare a terra. Altri sembravano marziani. C'erano intere famiglie che passeggia-vano bambini e cani in mezzo alla strada, appagando il desiderio, che forse avevano sempre avuto, d'impadronirsi con le proprie gambe della striscia bianca, Regno delle Automobili e tabù per i pedoni.
Camminando incontrammo parecchi vicini di casa, automobilisti che non ricordavo di aver mai visto a piedi. Forse solo dentro l'ascensore, teh! Anche lì non camminavano. Stavano seduti sulle panchine, che avevano raggiunte appena scesi dall'autobus, come se non fossero stati in grado di camminare, stavano là, ad appiattirsi il culo in quel piano gelato fino a quando non decidevano di tornarsene a casa.
Passeggiando andammo a sbattere il muso contro mia figlia e mio genero Francesco.
- Che fastidio questo silenzio! - disse lui.
Lo credo bene! Per uno come lui che fa tutto da seduto doveva essere un "supplizio di Tantalo". L'osservai da vicino. La sua testa non stava ferma un'attimo, come se stesse cercando qualcuno nella folla, conti-nuava a voltarsi a destra e a manca. Era chiaramente nervoso. Vidi che le sue mani, quando non si torturavano reciprocamente, prendevano a tremare. Le sue ginocchia sem-bravano molli, stanche, e infatti chiese se potevamo entrare in un Bar a bere qualcosa. An-dammo. Il locale era pieno di gente, probabilmente automobilisti che mal sopportavano il silenzio delle strade e il fatto che fossero costretti, una volta raggiunto il colmo della noia, a far ritorno a casa non in macchina ma a piedi, al massimo in autobus.
Sì, perché in realtà l'automobilista non è un viaggiatore ma un casalingo, un pantofolaio, un amorfo. In genere sono individui scarsamente abituati a stare in mezzo agli altri, che sono riluttanti a fare nuove conoscenze, che quando vanno ad un party, come si dice oggi, devono saperlo con giorni e giorni d'anticipo per prepararsi mentalmente, che non digeriscono cambiamenti improvvisi, che per assuefarsi a nuovi luoghi comuni hanno bisogno di tempo, ci devono arrivare a piccoli passettini. Soprattutto quando questi vanno a ledere i loro interessi di automobilisti.
Chiaramente parlo di uomini che hanno raggiunto una certa età e un consolidato status sociale, non dei giovani, che sono abituati ad andare in automobile fin da piccini e riescono a mischiare i loro interessi, calcio, concerti e discoteca, con la solitudine dell'automobilista. Quelli che sono attaccati con le unghia a una certa mentalità "motoscoppiettante", di solito sono anche quelli che amano andare in discoteca. Entrano, pigliano qualche pasticca, altrimenti il coraggio d'infastidire le ragazze gli mancherebbe, bevono alcuni bicchieri di bevande alcoliche, si sbattono un po', rincoglionendosi col rumore di una musica assordante, inutile e senza rimedio, per poi uscire, verso le sei-sette del mattino, e acchiapparsi il primo paracarro che incontrano. Rigorosamente ai centocinquanta allora. E poi te li vedi, nella foto in prima pagina del giorno dopo, che ti fissano senza vita alcuna dan fond'al fosso.
- Io bevo un Negroni. - disse Francesco - E' tanto che non me ne fac-cio uno.
- Io un cognac. - dissi al cameriere.
Se volete riconoscere l'origine statale di un anticonformista, l'automobile è una spia più che valida. Ci sono ecologisti che fingono di andare a piedi e invece posteggiano l'auto a qualche centinaio di metri da casa, altri che pur non avendola non disdegnano passaggi o moglie e fidanzate che la possiedono, diventando così "inquinatori di ritorno". I migliori sono quegli universitari che durante la settimana prendono per il culo i motorizzati e poi, il week end, tirano fuori la loro automobile, rigorosamente regalatagli da "papino", per scarrozzare le loro fidanzate, che altrimenti li mollerebbero per qualche altro cazzo a quattro ruote motrici. Ci sono anti-conformisti che fanno uso solo di benzine verdi, e hanno il sangue leucemicamente color sciroppo all'eucalipto, e altri che invece si arrendono all'evidenza e vanno in giro con l'auto alla luce del sole, rassegnati ormai a tutto un catalogo di rinfacciamenti.
Scolammo le ordinazioni. So perché mio genero prende un aperitivo così forte. Lo immagino. Io lo prendevo quando dovevo fare qualche visita o qualche documento, e solo l'idea di partecipare a lunghe e snervanti code, anche da seduto, mi faceva venire l'orticaria. Ecco, la sua è l'intenzione d'intontirsi e di arrivare infine a casa senza soffrire troppo il viaggio di ritorno in autobus.
Un'anestesia.
Non ha molto torto, mio genero. In queste Domeniche ecologiche di autobus non ne aggiungono uno che sia uno, un servizio da vomitare. Il comune dice ai suoi cittadini di andare a piedi, di lasciare le automobili a casa, ma in queste giornate ambientaliste il servizio pubblico di pullman resta lo stesso che negli altri giorni, e siccome la gente non può andare in macchina, prendere l'autobus è una tortura. Sembra di viaggiare in carri bestiame da deportati. Puzza di piedi, di ascelle, di aliti freschi di cipolle, gente che scorreggia, che rutta, che ruba, che tocca il culo alla tua signora, le porte d'uscita intasate, tanto che quasi sempre scendi due o tre fermate dopo la tua, l'obliteratrice che non funziona, insomma, viaggi che cambiano la tua concezione del mondo. Bisogna essere preparati.
Facemmo il viaggio di ritorno insieme. A piedi. Il Negroni aveva reso mio genero meno antipatico e meno sofferente. Povero cornuto. Probabilmente stava pensando al giorno dopo, quando avrebbe potuto prendere l'automobile e continuare ad appestarci con le abbondanti eiaculazioni della sua marmitta. Per lo meno non è ipocrita. Ammette, Francesco. "Non so farne a meno". Come fai a dare addosso ad uno così? Io non ci riesco. E' come picchiare un drogato perché si droga. Il guaio è che gli automobilisti drogano noi, tutti, anche quelli senza macchina.
A coloro che non sopportano questa "moda" domenicale dello stop alle automobili, consiglio di registrare un'audio-cassetta col rumore del traffico cittadino e metterla in un walkie talkie quando vanno in giro a passeggiare. Così evitano di subire il silenzio. Per quanto riguarda l'assuefazione allo smog, basta andare a mangiare un panino alla carne in uno di quei fast food del centro. Ti copre più di dodici Domeniche senza auto.
Anche quella dello smog ormai è una battaglia che abbiamo perso. Del resto è difficile battere uno status symbol. L'inquinamento è quasi tutto a carico delle automobili, perché del riscaldamento e delle fab-briche non possiamo farne a meno. Il problema è che ormai ci hanno fatto abituare al non-movimento, e tornare indietro non è così semplice. In Europa una sorta di coscienza, seppur molle e fittizia, l'abbiamo raggiunta, ma se noi ci asteniamo dall'inquinare ci pensano gli ameri-cani. A loro non frega niente di nessuno. Se pensate che per smaltire le scorie radioattive, smaltimento che gli costerebbe migliaia di miliardi, loro fanno le bombe all'uranio impoverito e le tirano agli altri! Come se avessero scoperto un altro pianeta sul quale è possibile vivere! Che deficienti!
Ma le convinzioni contorte conquistano un po’ tutti. Un mese fa ho visto una manifestazione animalista. C’era un sacco di gente. Molti erano venuti da fuori Genova, e per il viaggio avevano affittato una serie di furgoni diesel. Evidentemente credono che gli uccelli sia meglio ucciderli col monossido di carbonio, invece che a doppiettate.
Devo dire la verità. Io non credo molto a questo tipo di operazioni. Possono servire a curare l'aspetto esteriore della città, ma lo stato d'animo delle persone, la loro mentalità, quella costruita con anni di Boom economico basato sulla costruzione di automobili, e con tutta la pubblicità fatta per convincerci che non possiamo andare a piedi senza essere dei miserabili, restano intatte. Ci disintossichiamo per un pomeriggio intero, ma poi torniamo a casa e ceniamo con bistecche gonfiate con gli estrogeni e insalata con pomodori transgenici, beviamo vino chimico e surrogati vari di caffè. Poi ci alziamo dal tavolo e andiamo ad intossicarci in salotto. Là accendiamo una sigaretta dopo aver mangiato un gelato al cioccolato che ormai non ha più niente a che vedere col cioccolato, e diamo vita alla Tv. Così l'inquinamento acustico che ci siamo evitati il pomeriggio lo recuperiamo attraverso quell'inibitore mentale.
No. Non siamo pronti per disassuefarci anche a quello. Eppure, per quanto riguarda l'inqui-namento acustico, non è meno deleterio del traffico cittadino! Cosa cambia? Anche la mentalità che ci vuole per sorbirseli è la stessa. L'automobile inibisce il movimento come la Tv le capacità astrattive. Ma non abbiamo la forza e il coraggio necessario per spegnerli definitivamente, questi due "motori". Così, demandatari cronici, a poco a poco ci si addormenta davanti a quel rettangolo magico sognando la gita in automobile. Finché un bel giorno, addormentati sì, ma dalla parte del cuore, non ci sveglieremo più.


II.


Un vantaggio innegabile di chi ha perso i documenti e vuole restare nell'anonimato, è "non avere la patente di guida". Non sei ulteriormente rintracciabile, registrato. La patente è diventato ormai un secondo documento, soppiantando il Passaporto. Eh sì, perché il Passaporto, in questo mondo tutto confini venduto ogni giorno per "Villaggio Globale", è un documento che non serve quasi più.
Spesso mi chiedo come mai l'automobile sia diventata, nel giro di pochi anni, l'esponente prin-cipale di quel turbillon di cazzate che si chiama "status symbol". Poi ho ragionato sul significato della locuzione. Fotografa esattamente lo spirito e la mentalità della società in cui viviamo. E' lo specchio fedele della sua anima. Se davvero è così, allora rassegnamoci ragazzi, siamo veramente tutti rincoglioniti senza rimedio. Lo capisci quando, di giorno, prendi la macchina per andare in centro.
Io una volta ho provato. Sono andato con mio genero a comprare tutto l'occorrente per dare una riverniciata al mio appartamento. Abito a non più di mezzora dal centro. In autobus, natu-ralmente, perché in automobile non arrivi più. Parti ma non sai né quando arrivi né se arrivi. Gli ingorghi sono una sorta di test neurologici. Vuoi vedere se sei un pazzo o meno? Vai in macchina in centro, e se quando torni a casa non dai una testata in faccia a tua moglie, o soltanto se non accendi la Tv, allo significa che non sei più pazzo degli altri.
Poi i semafori. Se avete spiccate capacità astrattive non ci vuole molto a comprendere la meta-fora del mondo che sono i semafori. Sembrano una delle più grandi scoperte per quanto riguarda il sistema viario, è vero, ma quando li osservi un po’ meglio e ci pensi su un po' più a lungo, capisci come male siamo ridotti. Tanto studiare, viaggi sulla Luna, su Marte, Scoperte sul DNA, sui trapianti, sul nucleare, per mettersi nelle condizioni di morire se sbagli colore attraversando la strada. E le auto! Ti vedono da lontano. Tu stati attraversando. Mica si fermano, eh?! Stanno facendo i centoventi orari, arrivano, arrivano veloci, e non rallentano mica! Accelerano! Vogliono passare per primi! C'è gente che è uscita di casa ed è rimasta un'intera settimana sul marciapiede attendendo di poter attraversare sulle strisce pedonali. E quando provi a passare non si sa mica come va a finire. Una specie di "roulette russa". Ti salvi solo se sei una sorta di Carl Lewis o se il tuo sguardo che chiede perdono a Dio nell'ora suprema della tua morte impietosisce l'automo-bilista di turno.
Le strisce pedonali. Uno dovrebbe attraversarle così, con l'aria di non vedere le auto che arrivano, e fare affidamento sull'attaccamento alla libertà di chi guida.
Che poi anche se ti stirano non gli fanno niente. Un verbale, due rimbrotti, e poi ti mandano a casa. In macchina.
Dobbiamo contare solo sulla loro pietà o su un atto di clemenza. Oggi anche l'automobilista, oltre alla Legge, non ammette ignoranza. Così non sei mai sicuro, una volta uscito di casa, di potervi fare ritorno. Alcuni sono usciti per far fare pipì al cane, e si sono ritrovati spiaccicati sulla saracinesca di un'edicola col guinzaglio ancora stretto fra le mani.
Non è semplice, credetemi. Tu provi ad attraversare. Ti prende il panico. Di solito quando arrivi nel bel mezzo della strada. E allora? In-dietro non puoi tornare, avanti non puoi andare...........….Fai un passo. No! Arriva una moto. Forse questo è il momento giusto. Guardi meglio. A trecento metri c'è un TIR col rimorchio che arriva sparato. Sei lì, al centro della strada, sulla linea continua, e aspetti solo che lo sciopero dei benzinai venga confermato. Ho visto individui morire d'inedia nel bel mezzo di Corso Europa, a Genova.
I semafori! Che ridere! Sono l'unico mezzo insieme alla bomba atomica che fissano la nostra capacità nell'autolimitarci. Le automobili e le persone dovrebbero viaggiare su strade separate, in corsie alternative, come le barche a vela nei campi di regata.
V'immaginate se mandassero i traghetti della Tirrenia sui mari dell'American's Cup? Una strage! Dovremmo munirci di sopraelevate, distanti dalla città.
Un'altra cosa che mi fa impazzire sono i posteggi. Non ce ne sono più. Hai voglia di scavare sotto terra! Ci vorrebbe un silos profondo fino all'Inferno. Si vendono troppe automobili. Dovrebbero limitarne la vendita. Il lavoro, la necessità delle commesse, non può essere una scusa per tutto. Anche perché non credo che i costruttori d'auto quando hanno iniziato pensassero di venderne dieci a famiglia. Un'automobile non è una scatola di carne in gelatina o di tonno che si compra, si mangia, e domani bisogna riacquistarla. L'automobile la compri una volta e per i prossimi dieci-quindicianni sei a posto, non hai alcun bisogno di cambiarla continuamente. O forse no. La mentalità di "sbandierare il lusso" rende stupidi fino all'inverosimile, e fa acquistare alle persone oggetti di cui non hanno assolutamente bisogno. Senti parlare le compagnie nelle birrerie, il Sabato sera.
- Ma hai ancora quel catorcio! - dicono ai loro amici.
E magari "quel catorcio" è un'auto che ha appena due anni di vita. Non esiste nulla di più pericoloso che mettere nelle mani di un impossibilitato cronico delle opportunità. L'italiano non è mai stato ricco, anzi, in Europa, fra i paesi più emancipati, è certamente l'ultimo. I nostri giovani sentono le storie di miseria dei loro genitori e invece che imparare l'oculatezza immediatamente fanno propri sperpero e scialanza. Un popolo di rincretiniti. A questi consiglio di leggere il libro di Marchi, "Non siamo più povera gente".
Bisognerebbe vendere le auto solo a chi dimostra di avere il posto in cui metterle, a chi non ne ha più di due, a chi la usa spesso, o forse sarebbe meglio a chi non la usa mai, e a chi ha i soldi per potersela permettere, per potersela mantenere. Oggi invece fanno di tutto per venderle anche ai paralitici. Sì, certo, si fa tutto con le mani, in quelle automobili. La solidarietà. A pensarci bene però, le automobili andrebbero vendute "solo" ai paralitici.
Lo "status symbol automobile" lo si è costruito negli anni sessanta, era un plenipotenziario della carne, che si consumava a piene mani nei pranzi e nelle cene. Dopo tanta miseria, sapete com'è..………..… Ebbene, la carne ci aveva illuso di essere benestanti, e caricata di tutta quell'importanza ne ha demandato un po' alle auto per trattare con noi ciò che nel futuro doveva prendere il suo posto. L'auto ha fatto il doppio gioco ed eccoci qua, inquinati dalla testa al cuore.
In realtà questo è solo un giochetto di parole, perché i plenipotenziari erano altri. In nome del lavoro ci hanno riempito di automobili. Hanno inventato la rottamazione con la scusa di assumere del personale nelle fabbriche e invece ci hanno riempito di automobili. Hanno votato l'obbligato-rietà della cintura di sicurezza e, siccome premunirsi è una dote di chi è intelligente, cosa che non si può dire per i furbi figli di puttana, ci hanno fatto acquistare altre automobili. Oggi hanno deciso che l'air bag e la marmitta catalitica devono essere obbligatori. Ma non sono, e non sa-ranno, l'ultimo escamotage. Vedrete, faranno diventare obbligatorio il computer in automobile, il televisore, il cellulare....…….. Si parla della necessità dell'automobile, ma secondo me è una neces-sità fittizia, come il telefono cellulare o il computer. Certo, se urli per anni che è necessario andarsene in giro con uno stronzo in testa, poi tutti se lo metteranno e diventerà davvero ne-cessario, soprattutto se lo fai pagare caro. Se le auto si comprassero solo per necessità oggi le case costruttrici non ne venderebbero più una e sarebbero costrette a chiudere. In Italia c'è una fabbrica d'auto che ricatta l'intera nazione da anni, e lo Stato è obbligato a mantenersela per non vedere finir sul lastrico centinaia di migliaia di famiglie. Così scatta la cassa integrazione, e paga lo Stato, la rottamazione, e paga lo Stato, gli sgravi fiscali, e paga lo Stato. Se il proprietario di quella fabbrica dovesse mai ridare indietro tutti i soldi che ha preso ai cittadini, probabilmente farebbe il metalmeccanico. E poi li definiscono imprenditori!
Ma perché i governi si prestano a questi giochetti? Basta guardare dove vanno a finire i soldi e abbiamo una risposta chiara. Guadagnano sempre gli stessi personaggi. Il senatore a vita che c'appesta l'aria con le sue caldaie bisecolari, l'altro deputato che ci vende telefoni cellulari e com-puters con la scusa del "Villaggio Globale", e "Sua Emittenza", che ha più televisioni di quante ce ne siano in tutto il continente.
Ma io non me la prendo più di tanto con questi "imprenditori", sì, perché la colpa non è loro, non propriamente. Altri ce ne sono di colpevoli, e questi sì che fanno venire il voltastomaco. In Italia ci sono più di trenta milioni di ecologisti. Dal Lunedì alle otto di sera del Venerdì. Poi, subito dopo cena, escono di casa travestiti da Bee Gees dell'Era Virtuale per andare in discoteca, o da in-tellettuali di sinistra per portare la ragazza universitaria a qualche retrospettiva di film bulgari. In automobile, naturalmente. L'Italia è l'unico paese del mondo dove gli ecologisti hanno la pa-tente. Certo, si dicono pronti ad abbandonarla immediatamente se anche gli altri lo facessero, ma per il momento vanno in giro in automobile. Sono loro, gli anticonformisti di origine statale, e possiedono l'automobile perché sanno che le ragazze con cui hanno a che fare, benché anche loro siano ecologiste, conoscono la loro pochezza e non gliela darebbero mai in un cinema o in una pen-sione.
Oggi l'automobile la si compra più che altro per vanità. Anche perché se fosse solo una necessità, come gli automobilisti asseriscono quando si trovano davanti ad un ecologista convinto, non esi-sterebbero tutti questi modelli, ce ne sarebbero solo tre: una che va piano, una che va così così, e una che va forte. Lo scopo dell'automobile dovrebbe essere quello di portarti da un posto ad un altro. Stop. Mi fanno morir dal ridere quelli che parlano di "belle auto". Una donna dev'essere bella! Una macchina ti deve solo portare a spasso, serve a farti faticare di meno, a farti rispar-miare un po' di forze e di tempo, ti permette di spostarti più rapidamente e più comodamente. I prezzi delle auto continuano a crescere perché queste sono degli status symbol, qualcosa d'immancabile, che una famiglia deve avere perché è sintomatico delle possibilità finanziarie. Se fossero "necessità" i prezzi sarebbero molto più bassi.
Oggi non puoi non avere l'automobile (anche se in realtà potresti benissimo farne a meno) perché sei subito considerato un pezzente che non se la può permettere. Ormai alla gente non viene neanche più in mente che può anche darsi che a te l'auto non piaccia, non interessi, che ti fidi più delle tue gambe, che vuoi difendere l'ambiente o che non la compri per non essere uno dei tanti pecoroni che rimane ammaliato dalle pubblicità delle auto, e se questo avviene la colpa è de-gli anticonformisti di origine statale, che predicano in un modo e razzolano in un altro.
E' proprio guardando le pubblicità alla Tv che ti convinci che l'automobile non è qualcosa d'indi-spensabile, come si diceva qualche anno fa, ma un vero e proprio mezzo per sfoggiare vanità, megalomania, esibizionismo.
Vedi un'utilitaria. Parte dopo e arriva prima. Da dove passa non si sa. Inverosimile. Poi. Una bella donna fa l'amore col suo ragazzo, o comunque con un uomo. Finiscono, lei si riveste senza fare il bidè e, uscendo dall'appartamento, prende le chiavi dell'auto di lui. Come dire, un furto. Non si sa bene cosa cazzo c'entra l'automobile. Eh sì, ci ammaliano col sesso. Air bag. Esplode. Accanto una tettona strizza l'occhio. Un'altra. Fotomodella famosissima. Scende le scale, come Wanda Osiris. Si spoglia strada facendo, ma quello che conta, le mutandine, se lo toglie dentro l'auto. Come dire: "Se la vuoi vedere nuda comprati una Station Wagon".
Vorrei conoscere qualche pubblicitario. Mica per altro, solo per chiedergli quanto ha dovuto studiare per sciorinare queste stronzate, se ci vuole molta inventiva, ma soprattutto come fa a vivere. Io, per quelle cazzate di pubblicità, non gli darei un barattolo pieno di merda. Sarebbe troppo.
Il discorso dell'esibizionismo automobilistico è simile a quello già fatto per il telefonino. L'auto è qualcosa che si porta in giro, che si mostra, che è lunga e grossa e quindi impossibile da non notare. I governi europei si chiedono perché il computer stenta a prender piede in Europa. E' semplice: perché è una specie di elettrodomestico che si tiene in casa, che nessuno può vedere, che non si può sfoggiare se non verso coloro che inviti a cena, i tuoi amici, quelli che ti fre-quentano e che conosci da anni, gli unici che non t'interessa colpire.
L'europeo, ma più che altro l'italiano, è un vanitoso, un megalomane esibizionista, e non spreca tempo e denaro in qualcosa che non si può mostrare pubblicamente.
L'automobile, il cellulare e il computer sono indispensabili come una Laurea in Economia e Commercio, niente di più. Un'individuo può benissimo campare facendo dell'altro, vivendo in un altra maniera.
Sì, queste modernità sono una scelta di vita. Il computer diventerà uno status symbol quando lo si potrà portare in giro su quattro ruote motrici e funzionerà mettendosi in moto con una sorta di clacson che avvisa: "Sono io, sto arrivando!" Lo stesso meccanismo per cui oggi si riescono ancora a vendere automobili.
Passa nella piazza principale del tuo quartiere il Sabato pomeriggio o la Domenica mattina con un'auto di grossa cilindrata e lo stereo a "manetta", e vedrai sempre qualche deficiente che ti ammirerà. Mi dite cosa c'entra questo con l'utilità? Nulla. Assolutamente. Per carità, non c'è nulla di male nell'esser vanitosi. Almeno, fino a quando non mi rendi la vita impossibile coi gas di scarico, perché allora ti faccio un culo così!
Si sa, dietro un politico di destra c'è, prima di tutto, un disilluso di sinistra. Pensiamo a Mussolini, a Malaparte, in qualche modo perfino a Hitler. Ma oggi le posizioni si sono invertite, o quanto-meno si stanno sovrapponendo, così che prima degli altri è proprio la sinistra liberal-solidal-progressita a spingere i cittadini verso la "statusymbolizzazione" della vita. Chi c'è dietro? I soliti monopolisti i cui nomi conosciamo bene. E' per questo che tentano di liberalizzare tutto in ogni luogo.
I governi dovrebbero far pagare una tassa di lusso a tutti quelli che possiedono la seconda auto-mobile. Come per la casa. Così te la paghi la tua vanità! Molti credono che questa tassa sia già compresa nelle assicurazione dell'automobile. No, brutti sacchi di merda, quell'assicurazione è per i casini che farete!
Bisognerebbe far pagare "una tassa della vanità", ecco. Vuoi sfoggiarti? Allora paga! Perché un'individuo che sceglie di atteggiarsi in un altra maniera, che so, con la saccenza intellettuale, deve perdere un sacco di tempo sui libri, e il tempo è denaro, mentre un pezzo di merda fa pagare a noi la sua ignoranza di automobilista insudiciandoci l'aria che respiriamo?
Perché mai dovremmo sopportarlo? Solo perché ha i soldi ed è un megalomane? L'individuo è capace di rendersi perfettamente conto di qualsiasi cosa, a patto che questa non sia estrema-mente semplice. Le auto andrebbero vendute solo a quegli individui che possono dimostrare di avere un posto nel quale parcheggiarle, quindi non più di una a famiglia, a persone che non sono avvezze ad usarle, a coloro che non le prendono anche per andare a pisciare, a chi sa cosa butta fuori la sua marmitta ogni volta che preme l’acceleratore.
Ma oggi i genitori le acquistano per regalarle ai loro "bambini" appena questi compiono diciotto anni. Il loro ragionamento è semplice; se hanno le capacità astrattive per decidere chi votare e per fregarci, le hanno anche per guidare l'automobile. E' con questo modo di pensare che sono aumentate le stragi del sabato sera. Evidentemente le loro capacità astrattive sono carenti, sia per decidere chi votare sia per guidare l'automobile.
Non molto tempo fa gli "esperti" hanno detto che l'auto non può morire. Due giorni dopo averlo detto hanno dovuto abolire diversi modelli perché non avevano il motore riconvertibile alla benzina verde. Ne sa qualcosa mio genero, povero cornuto, che ha dovuto comprare una macchi-na nuova nuova perché la Comunità Europea (si facessero i cazzi loro, ogni tanto) ha detto che tutte le automobili devono avere la marmitta catalitica. L'ennesima presa per il culo. Nel frat-tempo in America hanno scoperto che la benzina verde inquina le nostre acque penetrando nelle falde attraverso l'asfalto, e provocando la leucemia e il tumore. Loro, come al solito, ci sono arri-vati prima. E' come nel caso della New Economy, siamo sempre in ritardo, noi europei. Quando ci risolviamo a cambiare rotta arriviamo che i soldi si fanno in un’altra maniera, e a noi non restano che le briciole, spesso del nostro stesso paese.
Quello che non vogliamo capire è che ormai l'automobile ha perso la sua funzione originaria, che era quella di portarti da una parte all'altra della città, del paese, del continente, del mondo. Quando sali in macchina e parti arrivi sempre dopo quell'individuo che si è alzato mezzora dopo di te e ha preso l'autobus. Passi metà della tua giornata in coda, e inquini, forse neanche per colpa tua, ma inquini. Ma chissà, probabilmente è ancora troppo poco per rifiutarsi categoricamente di usare l'automobile.
Le donne ti guardano e spesso ti considerano secondo l'auto che hai. Non è una questione d'es-sere intelligenti o meno, è che non ammetterebbero mai di uscire con un ragazzo che poi le riaccompagna a casa in autobus, in taxi, o addirittura a piedi. Sanno a cosa serve l'automobile, a scopare quando non si hanno altre possibilità. E' una garçonniere mobile (anche se non troppo), nella quale sfogare i propri istinti animaleschi. E oggi sono proprio le donne a non poterne fare a meno.
Io, una donna così, non la sposerei mai. L'altro giorno ho visto un programma nel quale si diceva di una giornalista di una rivista di Milano, una di quelle riviste per sole donne, femministe ed emancipate, che fuori dal lavoro faceva la puttana per guadagnare qualcosa in più. Dovrebbe intervenire l'Ordine dei Giornalisti. Il guaio è che oggi è difficile trovarne una diversa. Chi non ha il pelo sullo stomaco per battere si trova un uomo col grano che la mantenga. Che ridere.
L'emancipazione oggi è scovare un "cliente marito" che paga per tutta la vita e da la possibilità di atteggiarsi. Vantarsi per le proprietà altrui è qualcosa che non ho mai capito. Ma non è solo il mondo femminile a pensarla in questo modo. Vai in Comune per fare un concorso per Geometra e ti chiedono la patente. Cosa cazzo c'entra la patente con la prospettiva? Non si sa. E allora? Forse è solo un altro modo per fare selezione. O forse credono davvero che senza l'automobile un geometra non è in grado di arrivare sul lavoro in orario. Ma vaffanculo! Esistono le sveglie, no?
Ieri l'altro mi è capitato di leggere un annuncio matrimoniale. Poveri ragazzi d'oggi, come siete messi male! Quegli annunci mi divertono parecchio. Questo diceva:

"Quarantenne cerca facoltoso, massimo sessantenne, con la possibilità di viaggiare, con casa propria, auto di grossa cilindrata e bella presenza. Esclusi perditempo".

Più sotto ce n'era un altro della stessa portata.

"Trentacinquenne cerca anima candida massimo sessantenne, con casa propria, che ama viag-giare, auto di grossa cilindrata, spirito libero e aperto, cultura medio alta, bella presenza. Esclusi sposati e perditempo. Casella postale numero......................."

Non vorrei mai essere nato in questi tempi. Probabilmente non mi sarei mai sposato. Poveri giovani. Poi ci lamentiamo se nessuno si sposa più, se nessuno fa più figli.
"Anima candida con casa propria e auto di grossa cilindrata”.
Praticamente un coglione da mettere sotto! O una Carta di Credito da svuotare. E non basta, lo vogliono pure di "bella presenza"! Cazzo! Uno così me lo sposerei anch'io! Manca il senso della misura, quello del reale, su!
E poi, posso anche ammettere la casa propria e la bella presenza, ma l'auto di grossa cilindrata? Che cazzo c'entra? Uno che ha i soldi avrà anche la possibilità di scoparle in un bell'appartamento con un comodo letto! E poi può anche darsi che, benché danaroso, il tipo sia uno che odia le automobili, o peggio ancora, un ecologista convinto!
Ormai pare che per trovar moglie servano le stesse prerogative neces-sarie per essere assunti come magazzinieri in una Ditta di Corrieri.
Ma la colpa è la nostra, di noi uomini, intendo. Abbiamo concesso alle donne diritti che non si aspettavano, e se ne sono subito approfittate. "Abbiamo". "Hanno"! Come mi incazzo quando li sento parlare ai talk show. Sono ancora loro, gli anticonformisti di origine statale. Danno tutto per scontato. Una si fa scopare da trecento uomini e per loro non conta. La moralità di una persona non si vede da quello. E da cosa allora? Meschinetti, sono talmente complici disperati del loro asservimento verso le donne che ormai non riescono più a distinguere una bagascia da una donna onesta.
E quelle che in questa sorta di appiattimento morale ci perdono risultano essere le mogli fedeli, le ragazze che non sono disposte a vendersi per scalare socialmente, le compite, le morali. Se tutto è mafia niente è mafia. Se tutto è "normale" niente è immorale. Se fra una troia e una donna onesta non c'è differenza, allora conviene essere troie. Se fosse viva mia madre, poverina, che mi diceva che ognuno di noi è quello che fa.............……………..
Come mi fanno sbellicare dalle risate gli uomini che asseriscono che le donne sono più intelligenti di noi. Si sentono talmente persi che senza l'adulazione sono certi di non riuscire a scopare mai. Si sa, quando non hai possibilità fisiche o finanziarie non rimane che la lusinga.

In realtà è un luogo comune come un altro.
L'intelligenza non si desume dal sesso, e fare quest'asserzioni gratuite rivela la propria pochezza. E poi, intelligenti proprio le donne! Premettendo che i casi variano da individuo a individuo, nel generalizzante ti accorgi comunque che le donne vanno avanti a schemetti, a percorsi prestabiliti, a prezzari sociali, che se le metti davanti a un ragionamento nuovo prima che ci arrivano è già diventato vecchio.
Il femminismo l'ha inventato Olimpia de Gouges alla fine del diciottesimo secolo con le sue suff-ragette. Ebbene, quando ci sono arrivate le donne? Negli anni settanta. Quasi duecento anni dopo. Più tarde di così.................…….
Le donne sono furbe, non intelligenti, e se permettete c'è una bella differenza. Infatti quelle che tradiscono non sono le ragazzine, le immature, ma le donne adulte, le cinquantenni sposate, ma-ture.
La mentalità "dell'auto di grossa cilindrata", ma anche di piccola, riflette questi canoni d'ap-proccio. Prendi lo stesso individuo e mandalo, in due Sabati diversi, nella stessa discoteca, vestito allo stesso modo ma un Sabato con un utilitaria e l'altro con una Maserati. E' in queste occasioni che ti accorgi quanto baldracche possono essere la maggior parte delle donne. Altro che femmi-nismo! Altro che emancipazione! Solo prostituzione, e mai per strada, sempre travestita da con-suetudine, da normalità.
Devo dire la verità, se non fosse stato per l'automobile difficilmente mi sarei accorto delle varie sfaccettature della società moderna. Aiuta a farti capire con chi hai a che fare. Il bello è che tutte le donne che parlano di maschilismo e di "liberazione" sono immancabilmente scortate da mariti coglioni e cornuti che per chiavarle hanno dovuto darle tutto quel che gli chiedevano. Allora capisci che siamo noi uomini ad essere degli idioti. Loro hanno una sola cosa e devono farla fruttare, e vedono nell'uomo con l'automobile un valido attaccapanni. L'auto è lo specchio fedele non solo delle possibilità economiche, ma anche di una certa mentalità liberista, o libertarista, che permette alle donne di entrare e uscire dai letti dei maschi senza dover rendere conto di nulla a nessuno, e tantomeno ai loro mariti.
Da uno studio recente è venuto fuori che una donna su quattro sposa un uomo per il suo Conto Corrente bancario, reso esplicito in primis dall'automobile che ha. Pare che agli uomini che non hanno possibilità economiche, dopo i ventanni rimangano solo le brutte.
Quando alla Tv sento parlare di "amore vero" non so se mettermi a ridere o a piangere. Lasciano un ragazzo con la BMW per mettersi con un altro che ha il Ferrari Testarossa e la barca. Che puntualmente finirà per essere cornificato col "prossimo acquirente". Non conosco una troia catodica che sia una che quando ha lasciato il marito miliardario lo ha fatto per un muratore. Puttane.
Poi conosci quei "cornuti miliardari". Uomini interessanti come "uno studio sulle pratiche yoga" o l'ultimo album di musica popolare lituana. Vecchi, pelati, con la dentiera, istituzionalmente anticonformisti, che hanno passato la vita a farsi servire o, peggio ancora, a servire, proprio come servi sciocchi, i maestri di corruzione nelle scuole di partito. Brutti, morti, putrefatti. Amore. Ma dov'è?
La cosa che più mi irrita è che sembrano proprio gli uomini, sempre stupidamente smaniosi di mostrare le loro conquiste, a permettere questo genere di comportamenti. E poi finiscono cor-nuti. Oppure nelle aule dei Tribunali a pagare centinaia, o addirittura migliaia, di milioni per aver scopato una donnetta squallida e amorale per qualche anno.
Le auto riflettono tutto questo in maniera sconvolgente.
Mai status symbol fu accuratamente appropriato a quello che succede nel mondo parastatalisti-camente arcaico dei sessi.
Ricordate, dunque. Quando vedete un tizio che sfoggia una auto enorme corredata da im-mancabile bella donna, è solo un futuro cornuto, quanto di più distante possa esistere dal rap-presentare la categoria degli uomini.


III.


Un giorno vado in macchina con mio genero. Dovevo comprare del materiale edile per dare una riverniciata al mio appartamento. Ci diri-gemmo verso il centro cittadino, dove il materiale edile costa sicuramente di meno.
Aprii la portiera e mi ficcai dentro. Usciti dal posteggio dovemmo fermarci. C'era un tipo che nel posteggio non riusciva ad entrarci. Prendeva la rincorsa e inevitabilmente inforcava la traiettoria sbagliata, quella che dava sul paletto di metallo bianco a strisce rosse. Faceva retromarcia e poi tornava in avanti. La stessa cosa.
- Guarda questo deficiente quanto tempo che ci sta facendo perdere. - disse mio genero Francesco - Ora scendo e vado a dargli una mano, altrimenti di qua non ce ne andiamo più.
Uscì dall'auto e andò incontro al principiante. Sì, era un "principiante" con tanto di cartello "scoc-ciato" sul vetro di dietro. Li guardai parlare e vidi che il buono a nulla scuoteva la testa. Di cazzo. Non voleva essere aiutato. Probabilmente aveva preso il tutto come una sfida. Fra lui e i paletti. Morto di seghe. Riparte. Niente. Ci riprova. Niente ancora. Siamo qui, fermi, stretti stretti, con questo deficiente che blocca la strada. Dai! Questa volta sembra farcela. Macché! Dopo una buona mezzora da sofferenti riusciamo a passare.
Tre minuti e ci ferma un semaforo. O meglio, la coda di un semaforo. Il semaforo vero e proprio sarà ad una cinquantina di metri! Scatta il verde. No, siamo troppo lontani per prenderlo. E infatti passano una decina di macchine e torna di nuovo rosso. Aspettiamo. Fermi. In co-da. Non succede assolutamente nulla. Dai, vai! Di nuovo verde. Dai, dai, dai! Niente. Eravamo a sole due macchine di distanza ma non ce l'abbiamo fatta. Di nuovo rosso. E' un giochetto che inizia ad innervosirmi. Non si possono prendere due rossi allo stesso semaforo, su! E' troppo anche per un non-automobilista come me! Riscatta il verde e questa volta riusciamo a passare. Ohhhh! Final-mente.
Essere bloccati ad un semaforo è come star fuori dalla porta di un bagno con la vescica che ti scoppia. Una volta che te la sei fatta addosso poi ti acquieghi, non hai più interesse ad entrare. Dopo un semaforo ti passa la voglia di andare in macchina.
Venti metri e ci tocca frenare. Una vecchina col cane. Attraversa nelle strisce pedonali. Per carità! Non voglio essere coinvolto in un incidente stradale. I muri di casa mia stanno aspettando! Però, sembrava quasi che la vecchina volesse farsi stiracchiare. Hai visto come ci si è buttata sotto? Dalla fretta si è addirittura dimenticata il cane in mezzo alla strada. Cosa credeva! Abbiamo i freni a disco noi! Cristo. Guardala come cammina lenta lenta. E' la rivincita morale del pedone. Le strisce pedonali. Una sorta di territorio "riservato". Una specie di "scala mobile" per chi va a piedi". Ci guarda, mentre passa. Con spocchia.
Dovrei essere contento, e invece m'infastidisce. Non puoi distrarti un'attimo che ti ritrovi, traditore, dall'altra parte della barricata. "Ribaltone" lo chiamano. Molto spesso è a tua insaputa.
Ci guarda e sorride, la vecchia. Mi vien da mettere il piede sull’acceleratore, ma poi ci ripenso. Quanti punti può valere una vecchia col cane? Settanta, non di più. No, troppo pochi. Il massimo è donna incinta con carrozzella equipaggiata da bambino. Cento punti. Le vecchine non conviene tirarle giù, ti tocca pagarle per nuove. Come le giovani. Anche se le assicurazioni non pagano solo in base all'età, ma più in base a quello che vali, a quello che guadagni. Un disoccupato di sedi-cianni vale molto meno di un operatore turistico di cinquanta. Anche se è un mestiere che non ho mai capito. Generalmente sono quelli che per venti milioni ti mandano in vacanza in Egitto, in un albergo a cinque stelle con piscina, e quando sei là dichiarano fallimento. Così ti ritrovi a mangiare nella cuccia del cane del portiere dell'albergo.
Ah, le assicurazioni! Non pagano mai per la perdita che sei, ma per lo stipendio che porti a casa. Certo, anche loro campano male, eh! Sempre alle prese con tutti i pezzi di merda che fanno le "torte". Così si chiamano gli incidenti organizzati nel gergo degli automobilisti. Incredibile. Una corporazione d'ignoranti che ha un gergo. Mah!
Come mi fanno incazzare quelli che si vantano quando riescono a fregare le assicurazioni. Cre-dono di aver fatto un'azione umanitaria, di aver consumato una vendetta a nome di tutti gli assicurati, e invece non è così. Le assicurazioni non ci perdono mai, sono come il Banco del Casinò. Pagano un incidente? Poco glie ne importa! Aumentano le polizze a tutti i clienti e rientrano nelle spese. Così gli unici a rimetterci, incredibilmente, sono quelli che non vanno mai a sbattere. Altro che Bonus-Malus, l'Inferno ci vorrebbe, con le palle di fuoco in bocca!
La vecchina è passata e possiamo ripartire. Arriviamo a Brignole, nei pressi della stazione ferro-viaria. Cinque semafori in venti metri. Li mettono anche per i cani. E' strano, però, come ci si sente a vivere gli ingorghi dall'altra parte della barricata. Io non ho mai avuto la patente e, di conseguenza, neanche la macchina, quindi mi son sempre ritrovato a difendere i diritti dei pe-doni.
Poi mia figlia sposò questa specie di automa, che appena esce una cosa nuova fa subito carte false per averla, ed io mi son visto costretto a fare esperienze diverse col progresso. Progresso. Che parola. Significa nient'altro che "aumento". Eppure ciascuno di noi è convinto che sia sempre una cosa buona. Vorrei guardarvi in faccia il giorno che il vostro padrone di casa suona alla porta dell'appartamento che avete affittato e vi dice: "Complimenti signor inquilino! Il suo affitto è in progresso!"
Qualcosa di molto simile a questa svista è la parola "moderno". Che cos'è il "moderno"? Oggi pare che essere moderni equivalga ad essere nobili. In effetti essere moderni equivale solo a sposare cause in voga, e far questo non è né particolarmente nobile né effettivamente coraggioso. Signi-fica solo esser conformisti. Una volta essere originali significava dire in giro che gli omosessuali sono persone normali. Oggi lo dicono tutti, e gli anticonformisti di origine statale sono quelli che si sono fatti la convinzione che essere moderni e originali voglia dire addirittura saperli accettare. Il concetto di "moderno", quello di "progresso", sono solo escamotage per buttare fumo negli occhi ai giovani, meschinetti, che se la pensano diversamente da quei gatti neri finti vengono imme-diatamente bollati come retrogradi, maschilisti e fascisti. Pare che arrendersi sia diventato di moda.
Io sono anziano, ed ho concetti vecchi, idee retrograde, ma me ne vanto! Non me ne frega niente di essere moderno se esserlo significa considerare una troia uguale a una donna onesta o un omosessuale un uomo come tutti gli altri! Questi anticonformisti convenzionali credono che ognu-no sia libero di fare ciò che vuole, e per queste idee il mondo finirà presto per essere soffocato dall'inquinamento e dall'amoralità. Il progresso per loro è tutto.
Guarda qua, che progresso! Siamo fermi da mezz'ora dentro un veicolo che dovrebbe farti ri-sparmiare tempo! A quest'ora ero andato in negozio, avevo comprato tutto l'occorrente ed ero già tornato a casa!
Ci muoviamo finalmente!
Certo che mio genero guida proprio da far schifo, eh? Va talmente piano che credi di aver preso la ruota panoramica invece che l'automobile. E come ne parlano i giovani! Duecento, due e venti, due e trenta all'ora. Ma dove vai ai duecentotrenta all'ora! E' già tanto se riesci a uscire dal po-steggio!
Com'è comico il fatto che anche a me venga voglia di andare "sparato". Sublimazione. Te ne han parlato così tanto che non vedi l'ora di provarlo. Come la pedofilia al computer. Chissà, forse se mi mettessero in mano una pistola me ne andrei in giro a sparare a questo e a quello, come l'Erostrato di Sartre.
Credo che i politici dovrebbero occuparsi del caso velocità. Insomma. A pensarci bene sono pro-prio loro ad aver deciso il limite dei centotrenta all'ora. E poi permettono che le case costruttrici mettano in circolazione bolidi che fanno i due e venti. Perché non gli si vieta di costruire auto che fanno più del limite stabilito dalla legge?
Questo coglione di mio genero non riesce a districarsi dan mezzo a sto casino e a me sta venendo la voglia di scendere e fare a piedi la strada che rimane, ma poi mi dispiace per lui, non voglio lasciarlo da solo in mezzo a questo marasma. Dopo un'oretta riusciamo a superare l'ingorgo "Brignolesco". Qui c'è sempre la coda. Ci sono più semafori davanti alla stazione Brignole che sullo start dei circuiti di Formula Uno.
Per qualche istante riusciamo ad avanzare, ma subito dobbiamo fermarci nuovamente. Un inci-dente. Una moto a terra. Un corpo straziato. Un pezzo di cervello è a circa cinque metri di di-stanza. Quasi lo schiacciavamo con la ruota. Se lo avessimo fatto forse ci avrebbero chiesto i danni. Guardarlo lì. Non c'è rimasto più niente dell'uomo. Non lo ritroverebbe neppure Diogene. Due e venti, due e trenta..................Ma vaffanculo! Tanto sbattimento per farsi comprare la moto dai genitori, e poi si "spatasciano" contro il primo deficiente che gli frena davanti!
I Vigili Urbani posano per i fotografi del Secolo XIX. Si sa, questo genere di presenzialismo può valere anche una promozione.
Nel frattempo dagli alberi vicini, quelli dei giardinetti, calano alcuni uccellini. Sono lì gli alberi, vicini vicini, sulla strada, anzi, praticamente dentro la strada. Passeggiano nella scena dell'inci-dente entrando e uscendo da quella macabra rappresentazione come fossero parte di una recita a soggetto. Saltellando. E nessuno li manda via. Ad un certo punto uno di loro assaggia, sbec-chettando, il cervelletto del ragazzo. Una, due, tre volte. E' buono? Nessuno si accorge di niente. Mi viene da ridere. Il casco si è aperto in quattro, esattamente come un ananas. Una pubblicità fatta alla Tv dal Ministero degli Interni qualche giorno prima, diceva che il casco salva la vita. Proprio come il telefono.
Beh, sai, dipende contro cosa picchi, e credo che il "culo" di quel camion sia leggermente più duro di un casco.
All'improvviso ricordo di essere senza documenti. Mi prende il tremore. Inspiegabile. Sono sem-pre stato innocente. Sono nato innocente, con la mia "fettina" di debito pubblico sulle spalle, ma innocente. Cosa possono farmi? Non sono mica un serial killer! Sì, insomma, io sono io, l'Aristide, mi conoscono tutti nel mio quartiere. Già, ma qui non siamo a Marassi. Qui possono arrestarti solo perché sei passato accanto al luogo di un incidente senza i documenti in tasca. Ma no, cosa dico! Mi sto facendo prendere dalla paranoia! Cosa c'entro io con questo incidente? E' la stessa cosa che hanno detto Sacco e Vanzetti al loro processo. E subito dopo...……...FFZZZZZZ…….…..
Bruciati vivi. Con la corrente elettrica. Quella non finisce mai. Andassero a petrolio, le sedie elettriche, ci sarebbe anche qualche speranza, invece............................
Caricano il cadavere morto dentro l'ambulanza, e così si apre una sorta di spiraglio attraverso il quale fanno defluire le auto in fila indiana, ad una ad una, come un corteo funebre. Dopo una ventina di minuti riusciamo a passare anche noi. Calmi calmi. Adagio. Francesco non vuole pe-stare il cervello di nessuno. Dice che non lo sopporterebbe. Gli toccherebbe lavarlo via dalle gomme, e il cervello a lui non gli è mai piaciuto, neanche impanato. E poi ha già a che fare col suo. Una frullata.
I Vigili Urbani ci guardano male perché rallentiamo tutte le operazioni di sgombero. Le Grandi Manovre. Alla fine la nostra auto passa definitivamente. Anche di moda.
Arriviamo nei pressi del negozio e mio genero inizia a scrutare la piazza alla ricerca vana di un posteggio. Giriamo e rigiriamo per una buona mezzora senza trovare neanche lo straccio di un buco nel quale schiaffar dentro questa merda di macchina. Tutte le vacche passano e ci guardano con mal celata pietà. Mi sembra di essere un morto di seghe. Alla fine decidiamo che io sarei andato al negozio a piedi, e dopo aver acquistato l'occorrente avrei aspettato lui fuori dallo stesso. Francesco aveva l'intenzione di continuare a girare nella piazza fino a quando si fosse liberato un parcheggio.
Entrai nel negozio. Dovevo prendere un po' di bianco da dare ai muri, lo smalto e la cementite per fare porte e braghettoni, e un po' di stucco con relativa carta abrasiva perché la mia Dora voleva che mettessi a posto la cucina e il bagno. Poi pennelli e pennellini, rulli e rullini, un paio di spatole per stuccare le porte, e quella che dagli esperti del settore è chiamata "manara". Il tutto centosette euro e trenta centesimi. Naturalmente mi tolgono i trenta centesimi. Stronzi. Scontrino e dieci minuti dopo sono già fuori.
Mio genero non si vede ancora. L'ansia iniziò a pervardermi. Come potevo portare a casa tutto quel po' po' di roba se lui non arrivava? Solo le latte di pittura pesavano una trentina di chili l'una. Poi c'erano da camallare anche due sacchetti pieni di cianfrusaglie.
Attesi più di venti minuti, poi lo vidi arrivare. Era sudato, spettinato e ciondolante come un soldato americano. O un negro del Bronx in un film di Spike Lee. Arrivò e io lo accolsi sorridendo. Ansimava. Così gli proposi di dividerci le latte e i sacchetti e andare a bere qualcosa in un bar vicino.
Entrammo. Lui prese il solito Negroni. Stava bevendo sempre più pesantemente, ma non lo si può rimproverare. Essere cornuti non dev'essere una passeggiata di piacere. E' dura da mandare avanti una famiglia. Soprattutto se hai le corna e non lo sai. Poi, con quella megalomane di mia figlia, e con Laura, mia nipote, che si è messa in testa di frequentare gente danarosa di Nervi........ Sapete, sono telefonini per due, parrucchieri, vacanze in qualche isola dei Tropici (tanto per non sembrare quello che si è, dei miserabili), motorino per la sua "bambina" (ma fra qualche anno avrebbe certamente preteso l'auto), e poi vestiti firmati, soldi per la discoteca, per la colazione a scuola, per mangiare la pizza al Sabato sera, per andare fuori la Domenica, per riposarsi il Lunedì, e altri annessi e connessi. La vanità del povero di mezzi è più pericolosa di una guerra mondiale.
Ai miei tempi ci si accontentava di fare il bagno alla foce del Bisagno. Biglietto dell'autobus e camminare con le valigie. La merenda la portavamo da casa, e non ci serviva altro. Il costume era di mio fratello Armando (infatti potevamo andare al fiume, o al mare?, uno alla volta), e un pezzo di straccio per asciugamano. Che poi, chi è che si è mai asciugato?
Non ci siamo accorti di essere entrati in uno di quei bar del centro, bar di lusso, da sinistra di regime (o da destra d'opposizione), dove anche il più insignificante dei personaggi è considerato anticonformista solo perché ha le scarpe da tennis slacciate. Il barman ci guarda storto. Siamo vestiti male. Insomma male, "normale". E poi non siamo mica venuti per fare pompini che avremmo dovuto conciarci come vecchie baldracche! Dovevamo solo dissetarci dopo aver fatto sto cazzo di turn over!
Scolammo le bevande in pochi secondi. Quel viaggio in macchina era stato qualcosa che metteva sete come una partita di pallone. Scambiammo qualche chiacchiera di circostanza, giusto per dimostrargli che, nonostante tutto, lo consideravo un parente a cui volevo bene. Non mi piace parlare con mio genero. Non sa parlare di niente, solo di stronzate. E' più ignorante di un gio-catore di Calcio. Lui mi rispondeva svogliatamente, così decisi di non insistere con quelle do-mande inutili (Hai trovato parcheggio? Dove l'hai messa? Lontano?).
Ecco. Era arrivato il momento di avviarci, di tornare a casa. Era un viaggio difficile, impegnativo, fastidioso d'affrontare. Con un sacchetto e una latta a testa c'incamminammo verso l'auto. Ora, io non sono abituato ad infierire sui morti, non mi sono mai piaciuti quelli che si fanno forti coi deboli e saccenti con gli ignoranti, ma proprio non riesco a capire come ha fatto mia figlia a spo-sare un imbecille come Francesco! Probabilmente, mi dico, per avere la possibilità di mettergli le corna, altrimenti non si spiegherebbe! Mio genero aveva messo l'automobile ad un paio di chilo-metri di distanza dal negozio. Praticamente a casa!
- Tanto valeva venire giù a piedi. - dissi.
Tanto più che non era finita lì. C'era il traffico, gli ingorghi d'affrontare, e alle cinque del pome-riggio, quando tutti smontano dal lavoro, non è così rilassante, e poi i semafori......……….................
Finalmente raggiungemmo l'auto. Mettemmo tutti gli acquisti fatti dentro il portabagagli e ci ap-prestammo a sfidare la strada. Eravamo partiti alle due e mezza, erano le cinque del pomeriggio e ancora dovevamo tornare.
Sono anni che non do più il bianco in casa. Quella volta mi bastò. Convinto di far prima e di non faticare troppo camallando la roba che dovevo comprare, avevo chiesto a mio genero di accom-pagnarmi. Gli avevo pagato la benzina, diecimila euro, gli avevo offerto un Negroni, quattro euro, aveva pagato il parcheggio, perché non era gratis, tutt'altro, tre euro. Quando il padrone del negozio mi disse che facevano anche consegne a domicilio e che costavano una maggiorazione di dieci euro, quasi mi venne un colpo. Avrei anche risparmiato qualche euro, a parte un pomeriggio intero passato a schivare vecchiette e fare code ai semafori. L'utilità dell'auto è tutta qua. Chi parla di necessità forse non ha mai dato il bianco in casa sua. Provate, di pomeriggio, ad andare in centro con l'automobile e ve ne accorgerete.
Quel viaggio finì per persuadermi, se ancora ce n'era bisogno, che l'auto è solo uno status symbol, come lo erano le Timberland negli anni ottanta, quando si asseriva che erano belle e comode per scusare la presa per il culo dei soldi che si spendevano.
Ci vuole troppa comprensione per definire "utile e necessaria" una cosa che non serve più allo scopo per cui era stata inventata. Non si fatica mai così tanto come quando si va in auto. La comodità, chiusi in una scatoletta, non è mai esistita, e lo sappiamo bene. La velocità è un mito. Riesci ad andare veloce solo di notte e qualche volta in autostrada. L'auto ti fa perdere tanto di quel tempo e tanta di quella pazienza che dopo esser tornato a casa ti giuri di prenderla soltanto la Domenica, per andare in campagna.
Non riuscii a dare il bianco che due giorni dopo. Ero troppo nervoso. Per fortuna mi venne tal-mente male che mia moglie non mi chiese mai più di pitturare l'appartamento. Preferiamo farlo fare a gente del mestiere. Almeno loro sono abituati ad andare a comprare il materiale, e hanno anche i permessi per entrare nelle "isole pedonali". Lo so, alla fine tocca a noi pagare quei per-messi, ma meglio pagare un permesso oggi che avere un infarto domani.




UNA VITA PASSATA DI MODA


I

Stavo dando le ultime pennellate di bianco quando la mia Dora, dalla cucina, mi urla che il caffè era pronto. Scesi dalla scala e mi diressi in cucina. Bevvi l'intruglio nero guardando mia moglie. Era seduta al tavolo nel quale mangiamo e stava leggendo una di quelle riviste demenziali per sole donne, di quelle che mandano i loro reporter (che iperbole!) a nascondersi dentro la tazza del cesso dei cosiddetti "Vips", e saltando fuori all'improvviso gli fotografano il culo mentre escono dalla doccia. Poi corrono in Redazione e consegnato tutto il materiale ai compositori che montano i cliché, foto e didascalia. Quindi pubblicano.

"Scoperta la Tal dei Tali (personaggio interessante come la genesi delle mucche valtellinesi) mentre usciva dalla doccia. Guardate il suo pancino. Sembra gonfio. Che stia aspettando un bambino?"

No, doveva ancora andare a cacare. Vado sulla spalla di mia moglie Dora e distrattamente leggo:

"Storia finita fra la Campbell e Briatore?"

Sono davvero convinti che queste cazzate interessino i cittadini. Certo, sei lì, ci puoi dare un'occhiata, non costa nulla, ma come non costa nulla sentir parlare il passeggero dell'autobus mentre sei sull'autobus o comprare le sigarette a un tuo amico quando stai andando a comprare le sigarette per te. Dicono che questi giornali vendono più che altro al sud. E non c'entra molto la scuola che si è fatta (quelli che guardavano il Grande Fratello erano per lo più candidati alla maturità! e laureandi!!!), ma la voglia di uscire dall'anonimato. Si sa, la speranza di diventare parte di un mondo di privilegiati va nutrita anche con le immagini di quel mondo e di quei privilegiati. Uscire dall'anonimato oggi è una sorta di fede messianica. Una fede che colpisce gli ignoranti. Esattamente come la dottrina della transustanziazione e l'Ufologia.
Una volta esistevano le "comari". Si vedevano sulla porta di casa, portavano fuori le seggiole e iniziavano vicendevolmente a raccontarsi i cazzi degli altri. Oggi sono riusciti a trasformare in moneta sonante anche questa cattiva abitudine. Gossip, lo chiamano. Spettegolare. E non ci sono discipline che si offrono così tanto e bene alle chiacchiere come l'Alta Moda e il mondo della Tv e del cinema. Spesso mi chiedo perché.
I vestiti che si vedono sfilare non si trovano mai per strada, e se ne vendono al massimo tre o quattrocento capi l'anno. Sono abiti per megalomani alle prime armi, per sfrenati esibizionisti che hanno perso il senso della misura, per vanitosi che hanno completamente smarrito i parametri per giudicare l'eccesso, che non sanno più cos'è "lo sproporzionato alla causa". E' difficile credere che qualcuno possa indossare quei "cenci milionari" per recarsi ad un party o a ritirare un pre-mio, ma si dice in giro che questa accada. Seguendo giornali e Tv pare che la Moda abbia miliardi di seguaci. Ogni volta mi chiedo chi sono. Ci dev'essere qualcosa sotto. Gli uomini li posso anche capire, a parte gli amici degli stilisti, finocchi senza rimedio, gli altri vanno a quelle "sfigate" solo per tentare di scoparsi qualche modella, ma le donne? Tra l'altro il novanta per cento di quelle che vanno a vedere le sfilate sono anche dei cessi senza alcun spiraglio di miglioramento, oppure donne vecchie e bisunte. Niente. Non si capisce perché l'Alta Moda sia uno dei luoghi più fre-quentati.
Incredibile davvero. Si spacciano per tipi originali, questi stilisti. Come se per essere anticonfor-misti basti estraniarsi dalla massa, essere froci e parlare con l'erre moscia. Quello che ci rende unici non è il numero ma la testa, il modo di ragionare. Ma loro dicono di essere artisti, e i giornalisti te li presentano come una volta ti presentavano Jean Luc Godard o Picasso.
Tutto questo va anche bene, per carità, ma ciò che peggiore è che appena inizia la stagione te li ritrovi ogni giorno in Tv, a discutere di abiti e società. E non solo a programmi per sottosviluppati mentali del tardo pomeriggio, quelli presentati dalla moglie di qualche direttore di Rete o da qualche altra risibile leccaculo maestra nell'allargare le gambe, no, addirittura te li ritrovi nelle code dei Telegiornali!
E' sera, diciamo che sono le diciannove, diciannove e venti. Terzo Canale Nazionale. Una volta lo chiamavano Tele Kabul. Una passerella. Lunga. Ragazze che sfilano. Sono assolutamente stu-pende, ma così assolutamente che non ti smuovono nessuna "ciccia".
Sotto il servizio una voce che parla, spiega la sfilata.
L'inviata è una specie di tavolino a tre gambe, di quelli da seduta spiritica, che la Rete Nazionale manda, per altro a spese dei contribuenti, nelle città più belle d'Europa a fare la cronaca di quel-l'inutilità. Una volta i giornalisti veri erano quelli che andavano a Saigon, a Praga o a Kinshasa, oggi corrono dietro agli stilisti.
Dall'altra parte del video l'operaio. Ha fatto due ore di straordinario, col Capo Reparto che gli urlava nelle orecchie perché secondo lui non rispettava i tempi di lavorazione, e senza trovare il tempo neppure per andare al gabinetto. Sente, ascolta sofferente, e forse si fa anche un opinione.
Il biglietto costava un milione e mezzo perché gli stilisti hanno deciso di fare un po' di solidarietà. Ai bambini del Iraq. Lo dicono in Tv. Bello. Stupendo. Così come pubblicità sono a posto anche per l'anno prossimo. L'operaio guarda.
L'inviata treppiedi, col suo inglese stentato, cresciuta a raccomandazioni e reportage acquiescenti dalle sedi di partito, tenta d’intervistare una famosa rock star. Non si perde una sfilata. Si dice in giro che porti sfiga. Ogni volta che canta lui qualche suo amico muore. C'è gente che appena lo vede arrivare tenta di sfuggirgli. Casomai glielo presentassero. Quando entra in un atelier crea un fuggi fuggi generale da carica di Polizia a manifestazione antiglobalismo. Un mese prima è uscito il suo ultimo album, è inedito, nessuno lo ha ancora sentito, e tutti hanno sfilato toccandosi i coglioni. Gli uomini i loro, le modelle quelli dei vecchi riccastri che le mantengono per scoparsele. L'operaio guarda.
La rock star parla veloce. L'inviata a tre gambe non riesce a tradurre. Pare uscita dalla Radio Elettra. Il servizio fa anguscia. Lui, la rock star, sembra mia nonna. E' vestito come una pro-stituta da bordello algerino ante guerra. Si dice in giro che sia anche capace di suonare il piano-forte. Difficile crederlo se si guardano i suoi occhiali. Enormi, rosa a stelle blu. Qualche sua can-zone l'ho sentita. Una volta gli artisti si chiamavano Bach, Mendelsshon, Armastrong, Mingus. Oggi hanno le zeppe ai piedi e vanno in giro vestiti di viola e coperti di paiettes.
Dopo trenta secondi la rock star se ne va. Mandando affanculo l'inviata treppiedi. Dell'intervista non si è capito un cazzo. Proprio un servizio di merda. L'operaio continua a guardare.
Sfilano gli abiti. Così dovrebbe essere. In realtà tutti guardano i culi delle modelle, l'unica cosa che hanno di bello. I capi sono roba stravagante. Mai visto nulla di più inverosimile. Dicono che è perché chi li acquista lo fa per indossarli solo alle feste. Lo credo bene. Bisognerebbe avere la faccia come il culo per andarsene in giro conciati in quella maniera. Quelli delle donne sono gli stessi che usano le bagasce di notte, quando vanno a battere i marciapiedi. Quelli degli uomini sono maschere di Carnevale, insoliti, bizzarri, stravaganti, di quella stravaganza fastidiosa, che fa prudere le mani.
L'operaio guarda.
Il servizio sta per finire. Manca solo l'irrimediabile intervista allo stilista. Dice che ha organizzato la presentazione del "suo armadio" a Parigi perché è stato colpito dalle immagini dei bambini iracheni che muoiono di fame e di malattie. Che cazzo c'entra Parigi? Perché non è andato direttamente a Baghdad? Forse perché non hanno alberghi abbastanza speciali per uno come lui.
Ma no, non è finito! Il "tavolino a tre gambe" parte, "improvvisa macchina in spalla". Via! Dentro i camerini delle modelle. Entra. Una si fa intervistare con le tette di fuori. Non che per tutta la sfilata abbia nascosto qualcosa, eh? Però l'intervista è un angolo personale, e se ti fai vedere così significa che sei proprio così! Poi, tette, insomma. Non esageriamo. Per chiamare tette quei due brufoli lì bisogna essere degli inguaribili ottimisti. Le uniche due cose che hanno di bello le foto-modelle sono il culo, me ne sono accorto anch'io, e, quasi sempre, i capelli. Per forza hanno il par-rucchiere gratis! Per il resto sono delle "assi". Assi da stiro. Eccitanti come l'anta di un armadio. L'operaio continua a guardare.
Ora il "tavolino" intervista una delle modelle più famose del pianeta. Dicono sia ninfomane. Dalla faccia non si direbbe, sembra una bambina. Invece si è fatta scopare da tutti, cani e porci. Non ha più amiche perché dicono che appena conosce i loro fidanzati fa di tutto per "farsi fare". Come dire, una troia. Parla ora, risponde al tavolino a tre gambe. Praticamente un medium avventizio. Dice che la sua "arte" è qualcosa che l'assorbe completamente, che passa ore e ore a provarsi i vestiti e a provare le sfilate. Si allena a camminare. Che ridere. La cosa più spassosa è che crede davvero di essere un'artista. Emily Dickinson e Virginia Woolf sono delle "spazzine".
E' curioso l'uso improprio che si fa del termine "artista". E' vero che la Moda può anche esser considerata "creazione", e da questo punto di vista può anche essere il caso dello stilista (co-munque non della modella), ma l'arte vera deve avere come prerogativa "l'essere alla portata di tutti"! I suoi eventuali limiti dovrebbero essere intellettuali e non economici! I limiti economici sono qualcosa che ha a che fare col mero mercato, non con l'arte! E poi l'arte è una cosa che da piacere mentale, che aiuta la nostra capacità d'astrazione, espressiva, critica, che forma quella dura crosta cerebrale che ci abitua alle cose belle, mentre l'unica cosa che fa indurire una sfilata in un atelier sono le parti genitali!
Niente. Il "tavolino a tre gambe" li segue anche al ristorante. Ed è lì che capisci che l'Alta Moda non è altro che un ricettacolo di froci e lesbiche. Finalmente il servizio è finito davvero. Non resta che spegnere. Il voltastomaco ormai ci è venuto, ce lo siamo pagato insieme al canone televisivo.
L'operaio vessato e mobbizzato rimane intontito. Sa che tutte le cose vuote e inutili che ha visto, e di cui non gli frega assolutamente niente, sono state "girate" coi suoi soldi. Sente il nervoso che gli monta, il sangue gli bolle, la testa gli scoppia. Cosa fare?
Il giorno dopo, davanti al quotidiano che c'informa che quell'operaio ha dato due coltellate a sua moglie, poi ha aperto il gas con l'intenzione di sterminare il resto della sua famiglia e invece ha tirato giù l'intero palazzo di otto piani con trenta famiglie dentro, noi scuotiamo la testa, dissen-tiamo. Ma ci vuole davvero tanta, troppa forza d'animo per sopportare la vista di queste ingiu-stizie plateali. Molti ce l'hanno e se ne fregano, altri proprio non ce la fanno. Ma non c'è solo que-sto.
L'operaio arriva a casa dopo una giornata di duro lavoro. Mangia davanti alla Tv. Mette sulla ter-za Rete Nazionale e sente parlare di politici risibili come se fossero degli statisti, di calciatori, convinti che la "figura letteraria" sia quella che si mette al limite dell'area di rigore per provare le punizioni in allenamento, come fossero dei direttori d'orchestra o eccezionali pittori di fama mon-diale, di starlette catodiche, sicure che la "figura retorica" sia l'attore non protagonista di un film, che fanno la loro fortuna mostrando guerse e culi e tette all'intero paese sorridendo ammiccan-ti........Davvero non ne può più! Quello era il suo canale preferito, quello che una volta si chiamava Tele Kabul, lasciateglielo, almeno quello! Niente. La nuova sinistra non s'interessa più degli ope-rai, ma solo di Internet e New Economy. Sapete perché? Sono convinti che la categoria non esista più. In realtà in Italia ci sono ancora più di nove milioni di operai, che sono lasciati in balìa del "mercato". Di più. L'operaio si vede propinare queste cose proprio da coloro che riteneva "com-pagni".
Non voglio dire che debbano esserci cose di destra e cose di sinistra, ma qualche confine do-vrebbe pur esistere, altrimenti qual è la differenza? Dov'è? Si potrebbe benissimo mettere la crocetta, o, in questo "tempo uninominale", scrivere il nome del candidato ad occhi chiusi! Questo confine è dato proprio dai gusti, che oggi più che mai sono la vera essenza politica.
Il grosso guaio è che ormai pare non ci sia più alcuna differenza. Le cose non sono più nette come una volta, come speravamo restassero. Tutti vogliono fare ed essere qualsiasi cosa in qualunque parte. Ma non è così che si vincono le guerre. In Italia il sette per cento dei cittadini ha in mano la metà della ricchezza del paese. E loro, i politici, dicono che "stiamo" bene. Lo so, state bene. Questa ricchezza va a danno dell'altro novantatré per cento, e solo tale fatto dimostra che c'è una diretta correlazione fra la quantità e qualità della ricchezza e la quantità e qualità della povertà. Chi è ricco è perché quel qualcosa in più che ha l'ha preso ad uno che è povero. Per essere ricchi non conta l'ammontare di soldi che si hanno, ma ciò che la maggior parte dell'altra gente non ha. Se i cittadini avessero dieci miliardi a testa non saremmo tutti ricchi ma tutti poveri.
L'Alta Moda è solo l'ennesimo esempio lampante d'iniquità sociale, di privilegio, proprio come il mondo del Calcio, quello della musica leggera e quello della televisione. Pianeti nei quali si campa egre-giamente sfruttando la religiosità agnostica e materiale della gente, che ritiene quelle falsità un riflesso della propria vita, e finisce per confonderle con la realtà delle cose.


II.


- Non fanno mai niente in questa cazzo di Tv. - mi dice il Maurino - Non si capisce bene perché mai dovremmo pagare il canone d'abbonamento. Ormai la Tv nazionale fa più pubblicità di quella privata!
Ero andato a casa sua per chiedergli se aveva dei pennelli piccoli da prestarmi, ma poi ero ri-masto lì con lui, a bere qualche bicchierino di Grappa. Si sa, i vicini servono solo a prestarci quello che a noi manca. Subito dopo aveva iniziato a parlare dei miei documenti, e quando gli avevo detto che mia nipote era stata presa per fare della pubblicità alla Tv, eravamo finiti sull'argo-mento.
Il Maurino era simpatico, ma aveva un difetto: non potevi guardare la Tv con lui perché girava continuamente canale rendendoti nevrastenico. E poi gli piacciono quei programmi, contraf-fattori di realtà, che fanno del "gossip" il centro gravitazionale di casalinghe e povero di mezzi.
Finalmente si fermò su un canale. Privato. Uno dei tre che ha il Capo dell'opposizione. Si parlava di Moda. Modelle fantastiche fanno una lunga passerella, come se fossero allo sportello della Posta. Sembra di vedere lo steccato di una fattoria maremmana.
- Non capisco che cazzo ci guadagnano le televisioni a mandare in onda i servizi sull'Alta Moda. - dissi io con una simulata e ostentata smorfia di disgusto - Li guardano in quattro! E di solito sono arrapati come lupi!
- Ci guadagnano, ci guadagnano. - risponde lui - Ho un amico che lavora al Secolo XIX, fa il giornalista. Ebbene, lui mi ha detto che gli stilisti, per i servizi televisivi e giornalistici, pagano, sia le Tv che i quotidiani.
- L'ho sempre sospettato. - dissi io compiaciuto - Non si spiegava mica perché.......................
- Un po' di pubblicità. - mi spiega il Maurino - Altrimenti chi la seguirebbe?
- E' vero. Il sospetto ti viene. Quelle sfilate sembrano delle specie di riunioni segrete, di car-bonari, di massoni che vogliono farsi i cazzi propri, ma non si sa come mai i giornalisti riescono sempre ad entrare. - conclusi allargandomi in un sorriso.
- Mai faccenda mi si presentò così tremendamente oziosa come la "causa del vestiario". - disse il Maurino - E hanno il coraggio di definirla "arte"! Un ricettacolo di troie d'alto bordo! Ecco cos'è.
- E di froci. - aggiunsi io già che c'ero.
- Il bello - continuò lui - è che quando le invitano in Tv le zoccole parlano sempre di "femmi-nismo" e di "diritti delle donne". Proprio loro, che senza la mentalità maschilista avrebbero fatto la fame.
- Quello sarebbe "nulla". Mi fanno sbellicare quando parlano di moralità! Hi, hi, hi, che ridere ra-gazzi. Donne che si guadagnano da vivere passeggiando su una passerella con abiti che le coprono a malapena il buco del culo! Dimmi quale differenza ci può essere fra loro e le baldracche!
- La tariffa. - rise il Maurino - Mentre per scoparti una mignotta che passeggia per la strada di notte bastano ventimila lire, per fotterti una di quelle che passeggiano per conto degli stilisti devi avere la barca e la casa al mare, un conto corrente in un paradiso fiscale e quella mentalità che ti fa accettare le corna senza farti venire la voglia di strangolare. Il Femminismo! Che ridere! Da Olimpia de Gouges alle “Letterine”!
- La colpa è di noi uomini. - dissi io.
- Non completamente. - rispose lui riaddrizzandosi sulla sedia
- La vanità spinge le donne a fare di tutto per essere notate.
- Ma oggi la vanità non è più prerogativa solo femminile.
E' vero che esiste ancora qualcosa che appartiene esclusivamente al modo di ragionare delle don-ne, ma oggi la vanità ha contagiato anche certi uomini.
- Secondo me non è tanto una questione di vanità, ma più di soldi. Ti faccio un esempio. Quando andavo allo stadio io il Calcio non era quello che è diventato adesso, era molto meno ricco. E in-fatti non vedevi una donna a pagarla oro. Oggi invece lo stadio è pieno di donne, ma non guar-dano la partita. Cingono d'assedio la tribuna Vip con le spalle rivolte verso il campo. Dove ci sono i soldi là troverai anche le donne.
- Ah, ah, ah. Lo so, lo so. E devi vedere i campi d'allenamento! Circondati da troiette con la minigonna e le tette di fuori che non vedono l'ora di farsi scopare dai giocatori. Se i nostri ragazzi riescono a combinare ancora qualcosa quando scendono in campo la Domenica, è un vero mira-colo.
- La chiamano "liberazione", emancipazione". - rise Maurino.
- Sì, sono libere di darla a chi vogliono. Tutto qua. E la loro emancipazione è tutta nell'anticipare l'età nella quale inizieranno a farsi "fare". Si sono "emancipate". Invece che a diciotto anni inizia-no a farsi scopare a quattordici.
- Più piccole sono meglio è. Hai visto chi prendono gli stilisti come modelle? Delle bambine di tredicianni con le tettine appena accennate, il faccino colmo di lentiggini e un culetto che ti sta in una mano sola. Fra qualche anno allestiranno una "nursery" nei camerini e faranno sfilare diret-tamente le bambine di sei anni. E poi parlano di pedofilia!
- Bisogna essere uomini coi nervi saldi per non saltarle addosso.
- Sai quante bambine di tredicianni dell'est europeo finiscono nei letti di vecchi miliardari e stili-ste lesbiche? Poi si ritrovano incinte a quattordicianni, gli stilisti non le vorranno più e i loro geni-tori dovranno mantenersele insieme al figlio che hanno "cacato".
I miliardi di fatturato che il mondo della Moda esibisce quasi per giustificare la sua "ragion d'essere", passano in secondo piano sentendo e leggendo queste cose. Le donne. In realtà le mo-delle privilegiate sono poche. La maggior parte di loro sono ragazzine che qualcuno (molto spesso i propri genitori) ha "montato" dicendole che erano belle, stupende, che erano sprecate per una vita "normale". Così, verso i dodici-tredicianni, iniziano a fare le prime fotografie per allestire un "book". Spediranno, manderanno, spesso finendo nelle mani di veri e propri magnaccia, i loro volti e i loro corpi. Questi papponi le faranno sfilare per qualche sartino di provincia, e poi se le porteranno dietro, nelle discoteche, nei night club, per venderle come fossero pesce fresco, come "carne di prima scelta", a facoltosi, vecchi bavosi, delinquenti, persone per bene, veri meschini, che le useranno per qualche tempo, pagandole come troie, e poi le butteranno via.
Qualcuna finisce davvero a fare la prostituta d'Alto Bordo. Certo, di quelle da un milione a notte, ma pur sempre una prostituta. Disposta a tutto. Altre finiscono all'obitorio col naso tappato dalla cocaina. Altre ancora ritornano a fare la vita di sempre, magari con un figlio appres-so, per il quale, negli anni a venire, dovranno lottare per trovargli un padre, infinocchiato uomo per bene, facoltoso, meglio se anziano e in grado di mantenere sia lei che il bambino.
Ma che vita è questa? La vanità, prerogativa femminile. Rovina famiglie, persone, individui. S'inizia a dare importanza alle stupidaggini, e in quel microcosmo si può anche arrivare ad ucci-dere, o anche solo a fare cose squallide, per avere successo.
E' la vita che hai sempre sognato. Si finisce per confonderla con le cose importanti fino a renderla effimera, solo una cosa passata di moda.

III.

Un giorno mia figlia Daniela arriva a casa mia e dice che sua figlia Laura, mia nipote, è stata assunta per fare uno spot pubblicitario. Pensavo sempre più spesso che il mondo girasse e andasse avanti per la vanità dei singoli individui. L'ho letto in uno studio scientifico.
L'ottanta per cento dei cittadini dell'occidente democratico libero e liberale (nonché libertario), è caduto nelle mani degli "esperti". Questi si radunano e decidono per noi quello che dobbiamo indossare, mangiare, bere e pensare. E' per questa ragione che in giro si vedono ragazzi che, per sembrare più moderni e belli, vestono in maniera omologata, con targhette, marchi, firme e firmette, convinti di piacere. E piacciono. Perché l'ottanta per cento della cittadinanza occidentale è stata raccolta intorno all'idea che bisogna vestire in un determinato modo, che bisogna posse-dere l'auto, il telefono cellulare e il computer. Che "bisogna", insomma. Non sanno di far pubbli-cità gratis. Non sanno di essere caduti nella "Rete degli esperti", che sfruttano il loro rincretini-mento e la loro superficialità.
Un palese invito alla megalomania è stato il programma televisivo "Grande Fratello". Io riesco a digerire poco le telenovelas, figuriamoci quel programma che è stato studiato per essere una "brutta telenovelas"! Questi programmi non sono altro che stupido "analfabetismo di ritorno". Lo vediamo nella società.
Porto Cervo. Cinquecento persone riunite in un molo davanti a un natante aspettano che qual-cuno esca. Chi c'è dentro? Einstein, Bach, Proust? No. Anna Falchi.
Porto Cervo. Un albergo invita Federica a passare l'Estate da loro, tutto spesato, vitto e alloggio. La sera dovrà andare in discoteca a fare la ragazza immagine, quella che attira i clienti. Ma chi la conosce questa Federica? Chi è? La sorella di Alessia Merx. Neanche Alessia Merx, che Dio perdoni la sua pochezza, la sorella!
Ancora Porto Cervo. Ancora una Federica. E' diventata famosa dal giorno alla notte. Prima face-va la valletta in un programma sportivo di una rete regionale ligure. Fino a quando non è stata fotografata sulla barca di Tronchetti Provera. E' stata ritratta proprio mentre lui le diceva: "Ma si può sapere chi cazzo sei?" E' diventata immediatamente celebre.
Le donne parlano di emancipazione e di liberazione, ma non sono mai state così schiave come lo sono oggi. Una volta erano costrette a fare "l'oggetto", oggi ci si sottopongono volontariamente. Così vediamo ragazze di ventanni che diventano famose solo perché i produttori dei programmi televisivi hanno inventato un ruolo apposta per loro, le co-presentatrici. In realtà mantengono la promessa che le hanno fatto quando se le sono scopate. E infatti le vedi, non sanno fare asso-lutamente nulla. Ti fanno vedere un po' di tette e un po' di culo, e ridono come povere deficienti. L'unica cosa in cui sono maestre è "nello sdraiamento orizzontale". E poi te le vedi, nelle tra-smissioni di gossip fatte dalla stessa Rete in cui "lavorano", uscire a braccetto con un collega che ha più del doppio dei loro anni.
Meretricio. Che parola, eh? Applicata alle donne di strada è sinonimo di vite spezzate. Nell'alta società invece non si usa mai. Evidentemente è solo una questione di prezzo. Una puttana è puttana perché si fa scopare per venti euro, se chiedesse un milione o solo un posto come valletta sarebbe "una donna liberata". E' con questo nuovo modo di vedere le cose che si distrugge la società. E' come per il SuperEnalotto. Ogni individuo non si accontenterà mai di quello che ha, perché vede in quelle vite da gossip la possibilità d'innalzare il profilo socio economico della sua vita, e lascerà la porta sempre aperta ad eventuali ripensamenti. Le donne sposano "l'uomo della loro vita" ma non disdegnano guardarsi intorno, sono sempre alla ricerca di qualcosa di meglio. Ma perché? Per avere la possibilità di stare al centro dell'attenzione, di farsi notare.
Così vediamo figli che sgozzano i genitori per ereditare i loro averi e spenderli facendosi belli in discoteca, e altri che vanno a rubare per permettersi quello stile di vita che abbaglia amici, cono-scenti e ragazze. Questi sono gli uomini, ma le donne? Le donne vendono il loro corpo, una minie-ra biologica.
Il mondo è diviso fra quest'ottanta per cento caduto nelle mani degli "esperti" (che mettono nelle loro teste e nei loro cuori delle ambizioni fuori dalla loro portata), un dieci per cento di asociali, disillusi che non vogliono far parte del mondo proprio perché si sono accorti che farne parte significa subirne la sublimazione, e un altro dieci per cento che produce bene e, intelligentemente, non si fa catturare dal circolo vizioso degli "status symbol". Gli esperti, pagati dai loro padroni, hanno spinto ed esacerbato a tal punto gli animi, che il mondo ormai è pervaso e conquistato una volta per tutte dalla voglia di apparire, da una mistica materiale e materialista che si è im-possessata delle persone, del loro spirito, dei loro pensieri.
Ci sono ragazze che venderebbero volentieri la propria madre ai beduini pur di finire in tele-visione, e ci sono ragazzi disposti a fare qualsiasi cosa per potersi comprare un'automobile di grossa cilindrata.
Molte persone di quell'ottanta per cento fanno della propria immagine una sorta di altarino che prevale su tutto. Non esistono affetti, né gioie, né contrizioni di spirito che valgano l'esser guar-dati, desiderati, sognati la notte. Malgrado la vanità sia prerogativa femminile, oggi anche gli uomini ne sono invasati. Ogni tanto alla "Tv dei ragazzi" vedo due tipi che, con la scusa di di-vertire i bambini, fanno cose che in un Cotolengo riterrebbero stupide. Ogni volta mi dico:
- Cosa non si farebbe per campare!
Ma poi capisco che non è per campare che quei due ragazzi fanno gli spastici in Tv, ma per essere riconosciuti quando tornano nel loro quartiere! La disoccupazione non giustifica un comporta-mento da focomelici. E poi ci sono migliaia di modi per vivere, e di solito in Tv non ci si finisce per caso o perché si è disoccupati! Almeno, di solito è così.
E cosa non farebbero le donne! Ci sono ragazze di ventitre-ventiquattro anni che sembrano delle vere e proprie mignotte. Minigonne ricavate da cravatte, tacchi da trampolieri, reggi seni appesi al lampadario per tirare su il tutto, che altrimenti, già a venti anni, meschinette, resterebbe giù, espressioni da vacche metropolitane e trucco da teatrino cinese delle Cose Immutabili. Si metto-no a ballare. Capisci che non l'hanno mai fatto. Allora cantano, e tu corri subito in bagno perché pensi che ci sia una perdita nella conduttura idraulica. Quindi recitano, e tu fai una smorfia, convinto che ti stiano prendendo per il culo. Non sanno fare assolutamente niente! L'unica loro possibilità è mostrar le chiappe.
Si dice che la Tv privata sia stata un bene, perché ha costretto la Tv pubblica a migliorarsi per vincere la dura lotta dell'audience. Questo potrebbe essere vero in America o in Inghilterra, ma in Italia non è stata una rincorsa a scalare, quanto un inseguimento giù da un precipizio. In Italia la concorrenza invece che alzarlo il livello l'ha abbassato. Paragonando i varietà e le trasmissioni di qualche tempo fa a quelle di oggi, ti accorgi che la competizione ha alimentato solo la corsa verso il successo, e che, attirando qualsiasi stravaganza perché "alla gente piacciono" (così dicono gli esperti), ha prodotto come unico risultato il "meretricio dell'immagine, dell'idolo". Oggi non c'è più nulla di artistico alla Tv, più nulla di originale, copiamo tutto dall' America e ci siamo omolo-gati al loro modo di essere. Gli americani non sanno nulla del mondo in cui vivono. Il 97% di film che si guardano negli Stati Uniti sono prodotti dagli stessi Stati Uniti, come fanno a conoscere il mondo? E anche da noi sta diventando così. Quel poco di arte che una volta si poteva vedere nella Rete nazionale oggi è stata spazzata via dalle Reti private, che sono solo Uffici di Collo-camento per amici e conoscenti che, ciclicamente, si recuperano.
Come mi fanno ridere i "personaggi stagionati" che tentano disperatamente di stare al passo coi tempi, di "rientrare in quel mondo", di stare attaccati, non perdere contatto con questa "involu-zione catodica". Ci sono alcuni individui che gli autori dei programmi invitano solo perché hanno già un nome. Così si è inventato un altro tipo di personaggio televisivo: l'ospite. Di mestiere. Mi ricordano quei personaggi che, un tempo, dopo la "fuitine", si chiamavano a far da testimoni in matrimoni improvvisati, e, inconsapevoli del loro ruolo, partecipavano a qualcosa non di "com-binato", ma di "scombinato". Questi tizi fanno la stessa cosa. A qualche milionata la puntata. In realtà le loro partecipazioni a quei programmi altro non sono che una forma di pensione.
Edoardo Vianello. Ad ogni Capodanno puntualmente te lo ritrovi in Tv. Ma siccome ha fatto solo canzoni estive, allora è costretto a cantare pezzi di altri "artisti". Nell'ultimo Capodanno ha fatto "Guarda come dondolo". Ma più che "ballare il twist" sembrava avere il morbo di Parkinson. Subito dopo sono partite le varie "Tristezza" di Toquino, "Brazil" eccetera. Tutti gli anni ci sfracellano le palle con quelle canzoni datate. E poi gli esperti.
La Graziottin. Sessuologa. E' ventanni che ci strapazza i coglioni parlandoci del "calo maschile del desiderio". Come dire, un invito all'autosufficienza. Se fosse stato vero oggi nel pianeta ci sa-rebbero una miliardata di persone in meno. Secondo me non ha mai scopato in vita sua. Ogni anno ci propina le stesse conclusioni tratte dagli stessi sondaggi fatti con le stesse domande. Sembra un servizio del TG sulle vacanze a Ferragosto. E' come se avessimo fatto un sondaggio fra i babilonesi nel duemila avanti Cristo chiedendogli cosa ne pensano della Tv. E poi Alberoni, "esperto di coppie". Basta guardarlo in faccia per capire perché i nostri giovani non si sposano e non fanno più figli.
Ci sono donne, squallide soubrette di terza categoria, che campano egregiamente facendo le ospiti di mestiere. Così te le ritrovi in tutti i talk show che elucubrano su psicoanalisi e femminismo, tradimento ed emancipazione. Nei programmi del mattino parlano di fiori e di cucina, in quelli del pomeriggio danno consigli a ragazzi e ragazze, in quelli della sera spiegano qual è la tecnica migliore per praticare un rapporto orale. Insomma, delle stronze di "tuttologhe".
Ogni tanto, un po' azzardatamente, qualcuno gli fa fare un balletto, gli fa dare un'opinione, o gli fa cantare una canzone datata che ormai ha rotto i coglioni a tutta la nazione. E loro lì, con sufficienza, convinte di essere "artiste", convinte di piacere, ti guardano, ti prendono per il culo perché credono fermamente di essere donne vissute, che ne hanno viste e passate tante.

Di cosa lascio immaginare a voi.
C'era un incredibile personaggio, denominata "la coscia lunga della sinistra" (che di sinistro non aveva altro che l'immancabile presenzialismo), che per qualche anno non ha fatto altro che stare dentro la Tv. Niente da dire, per carità, una gran bella donna. C'erano periodi nei quali, pra-ticamente, te la dovevi sorbire in ogni sorta di programma. E canta, e balla, e parla di politica, di uomini, di femminismo, di omosessualità, di gravidanza assistita, di scienze, di calcio, di tutto! L'ho vista perfino parlare di Teologia. E senza dir nulla di particolarmente cruciale. Sempre cose che si adattavano benissimo allo "spirito dei Tempi". Un'anticonformista di origine statale. Come Rocco del Grande Fratello, come Maurizio Costanzo. Per carità, ognuno fa le figure di merda che più gli aggradano. Ciò che in quelle occasioni mi chiedevo era: "Ma non ce l'avrà un marito o un fidanzato, sant'Iddio, che le dica di restare un po' a casa? O per lo meno di non immischiarsi in cose di cui non capisce l'A? Che se parla con esperti di Politica o di Religione lei, messa a confronto, fa davvero la figura di quella che sta partendo mentre gli altri sono già tornati?"
Niente. Un giorno, ricordo, l'ho vista parlare di maschilismo ad uno di quei programmi per sottosviluppati mentali che guarda la mia Dora. Appena parlava un uomo subito se ne usciva con quella specie di acronimo, il C.D.M., o "complesso della mamma". Forse credeva d'impressionare qualcuno facendo intendere che se ne capisse di Psicologia e Psicoanalisi, certa che la Psicologia fosse una scienza provata che non poteva essere messa in discussione da nessuno, un po' come la Matematica. Io la guardai, provando vergogna per lei. Aveva passato i quarant’anni ormai, un po' tardino per mettersi lì a fare sfide di genitali in pubblico. E nessuno la fermava, meschinetta.
Diceva in giro di essere di sinistra, quindi umanista. Poi, un anno, si è svergognata davanti a tutta la nazione. Per l'ennesima volta chiamarono una ragazza straniera a co-presentare il Festival di Sanremo, dove si rappresenta ogni anno la musica più inutile del mondo. Lei, sicuramente innervosita per esser stata messa da parte ancora una volta, iniziò a girare per i programmi della Tv facendo una manfrina incredibile, protestando per questa presunta, e non provata, esterofilia degli italiani.
L'ipocrisia è uno dei più tremendi difetti. Si è sempre umanisti quando c'è da accettare stranieri che, sappiamo, non entreranno mai in competizione con noi. Allora abbiamo sempre un "pove-rini" a disposizione. E' facile far parte di questa sottospecie di umanisti. E si ha anche il coraggio di dare dei "razzisti" ad operai che hanno paura di perdere il posto di lavoro. Ma tutto cambia quando ci siamo di mezzo noi, vero? Non si è mai abbastanza umanisti per trasposizionarci nella massa in modo completo.
Poi c'è la sua pseudo antagonista, quella della destra. Sappiamo tutti di chi sto parlando, di Belfagor fatto donna, di un personaggio greco che di greco ha giusto il nome, non certo la cultura. Mi dispiace vederla mettere al confronto con "la coscia lunga della sinistra", che anche se è una isterica suffragetta è pur sempre una gran bella donna, una che non è diventata femminista perché non la scopava nessuno e l'unico modo di godere era buttarsi sulle lesbiche. Comunque "Zorba il greco" ultimamente è stata sostituita da un altro cesso in calze a rete, una delle tre sorelle bionde, quella con la faccia talmente tirata che somiglia ad una mummia della ventiduesima dinastia. Si sa, i soldi possono anche farti diventare fascista. Il fascino dei ricchi, per chi non ha ricevuto nulla d'intellettuale dalla vita, è l'unica ragione per non svenarsi. Lei guarda il capo del centrodestra ammaliata, con la bocca aperta, sperando che questi ci cachi dentro. E' proprio un'osmosi. Vede in lui l'emanazione fascinosa di una vita il cui santuario vorrebbe violare, e dandogli il voto e prestandosi come testimonial per le sue stronzate le sembra di partecipare con lui alla sua ricchezza, di prendere parte alla sua celebrità. In verità tutto l'elettorato del centrodestra italiano è fatto così, infatti credo sia l'elettorato più idiota del mondo.
Ebbene, prendono queste due donne e ce le presentano come modello delle coalizioni che rap-presentano. E loro? Beh, ci credono tutti e finiscono per crederci anche loro due. Quindi si pre-sentano e, dal tubo catodico, ci vogliono spiegare come si vive, cosa dobbiamo fare per il nostro bene, chi dobbiamo votare per il bene del nostro paese, della nostra società. Dicono queste cose proprio loro, che nella società non ci sono mai state! Sono delle alienate sociali, come tutta la gente che lavora in Tv, che non si rendono conto assolutamente di niente, e soprattutto non si rendono conto che i consigli si chiedono, non si danno.
Comunque sia. Mia nipote si presentò al provino. Li chiamano così ma in realtà, per chi visiona le ragazze, sono una sorta di "puttan-tour". Le guardano, le squadrano, e decidono se prenderle o scartarle. Naturalmente questa decisione non dipende mai da quello che sanno fare (e questo la dice lunga sul livello professionale di chi lavora in Tv), ma in base alla loro disponibilità. In due parole: se ti fai scopare ti prendono altrimenti non vai bene. Certo, non la devi dare subito, ma dopo, per ringraziamento. Diversamente sarà l'ultima trasmissione che farai. A meno che tu non esca con qualche personaggio televisivo.
Da questo capisci che le ragazzine che si muovono sul tappeto di quella musica senza arte né parte nei programmi del pomeriggio, non sanno farlo semplicemente perché non è il loro mestiere. Sono avventizie. Avventizie del cazzo. Come i coreografi che allestiscono quegli incre-dibili balletti.
Molte ragazze che si presentano sanno già come andrà a finire, e tante sono anche disposte a "darla". Quelle che non sono disponibili dopo la prima volta non si presentano più.
Mia nipote fu presa. Quando il primo ciak dello spot fu girato iniziarono ad arrivare le richieste, i primi approcci, neanche troppo velati. Lei decise di andarsene. Penso che non lo fece perché è una ragazza onesta e seria, non più di tutte quelle che invece la danno, ma perché doveva darla via ad un uomo di cinquantanni che non le piaceva. Chissà, forse se l'individuo in questione avesse avuto trentanni, oggi sarebbe diventata una star della Tv.
A questi personaggi non farei nulla di odioso. Non li castrerei, come molti, forse perché gelosi della loro privilegiata posizione, suggeriscono di fare. Basterebbe condannarli a guardare in perpetuo, per tutta la loro vita, i programmi che allestiscono. Non li metterei in galera. Dentro potrebbero scrivere un libro sull'ingiustizia subita e diventerebbero ricchi vendendolo. Forse bisognerebbe condannarli soltanto a vivere normalmente, facendo i manovali edili sottoposti a muratori calabresi o sardi o siciliani che ti prendono a calci nel culo dalla mattina alla sera e ti urlano dietro anche solo se sbagli a respirare. Forse solo così capirebbero cos'è la vita vera.
Ci sono tizi, con faccia orrendamente butterata, che dopo esser stati palesemente accusati di lenocinio, ricatto e sfruttamento della prostituzione, sono usciti indenni da quelle squallide storie. Molto spesso perché erano proprio le ragazze che li accusavano, probabilmente speranzose di ricavarne qualche promessa, a scagionarli ritrattando tutto. Poi te le vedi in Tv, queste ragazze, col culo aperto in quattro e, dopo aver ammesso, nelle loro iniziali accuse, d'averlo preso dap-pertutto, solo vittime di scherni e derisioni. Sovente proprio da ragazze che, come loro, hanno passato lo stesso iter, per così dire, "sburrocratico", ma con un po' più di fortuna.
Queste storie, chissà per quale ragione, sono abituato a raffigurarmele con la faccia di quello che si è fatto fregare dalla Tv.
Un anticonformista di origine statale.

FINE

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