venerdì 23 gennaio 2009

Cristianità; apologia di un compromesso

Oggi, fra gli studiosi, esegeti e teologi, si dibatte sul vero motivo che portò Gesù alla morte. Il risultato che tale diatriba ha prodotto può essere considerato da alcuni sorprendente; Cristo fu ucciso non per questioni religiose, ma per faccende politiche.
Quando Pilato chiese agli ebrei radunati al processo pubblico di Cristo se doveva Egli mettere a morte Gesù, il "Loro Re", gli ebrei risposero; "Non abbiamo altro Re all'infuori di Cesare".
Gesù stesso, durante il suo ministero, predicò che la politica non doveva riguardare i veri cristiani; "Date a Cesare quel che è di Cesare", andava molto al di là del semplice esempio dell'effige della moneta. "Io non faccio parte di questo mondo come voi non fate parte di questo mondo. Se facessimo parte di questo mondo il mondo avrebbe affetto per ciò che è suo. Ma ora il mondo vi odia". Naturalmente Gesù non intendeva dire che lui e i discepoli erano fuori dal mondo in senso fisico, ma lo erano per quanto riguardava le questioni del mondo; guerre, affari, politica...
Gesù fu spesso "tirato per la giacca" dai capi religiosi del suo tempo con l'intenzione di farlo compromettere politicamente. Ma lui non ci cascò. "Date a Cesare quel che è di Cesare" pare voler dire "comportatevi bene, pagate tutte le tasse e rispettate i vostri governanti, ma non prendete parte alle loro azioni, perchè voi, i cristiani, siete qui per proclamare un altro governo". Per così dire, avete già votato, per Dio, e non potete votare due volte.
"Io prego per loro; non prego per il mondo, ma riguardo a quelli che mi hai dato". Queste parole, Giovanni capitolo 17 versetto 9, dimostrano che Gesù non si curava di "questo sistema di cose", anzi, predicava che la sua fine è imminente, e che i veri cristiani la devono accogliere come una liberazione dalla schiavitù.
Un altro esempio fu l'episodio del suo arresto. L'apostolo Giovanni, vedendo che il suo Rabbi veniva portato via, reagì colpendo una guardia, tale Malco, staccandogli un orecchio. Gesù disse:
"Riponi la tua spada al suo posto, perchè tutti quelli che prendono la spada periranno di spada. O credi che non mi possa appellare al Padre mio perchè mi provveda in questo momento più di dodici legioni di angeli?"
Anche quando si trattò della sua propria vita, Gesù non cadde nella tentazione di risolvere le questioni con i modi bellicosi del mondo. Questo insegnamento è determinante per capire ciò che deve essere il cristiano; rispettoso dell'autorità e delle Leggi, ma solo fino a quando queste non entrano in conflitto con i principi cristiani.
Nel 236 d.C. (ben lontano dalle leggi papali e cattoliche) un centurione romano si recò a casa di Massimiliano di Tebessa per notificargli la proscrizione al servizio militare. Questi si rifiutò di ritirare l'atto. Alle minacce del centurione, Massimiliano di Tebessa rispose:"Io obietto in piena coscienza al servizio militare, poichè sono cristiano...Tu puoi farmi tagliare la testa", disse rivolto al centurione romano", ma io non servirò il potere in questo mondo. Dopo, servirò il mio Dio".
Da buon cristiano ubbidì ai comandamenti di Cristo, tenendo fede al principio che un cristiano non deve uccidere, neanche per difendersi. Tale episodio, in seguito fatto passare dalla chiesa cattolica come un atto marginale e soggettivo, era in realtà la regola per i primi cristiani; ubbidendo a Cristo, Massimiliano di Tebessa fece prevalere il principio cristiano davanti all'arroganza del governo romano. Anche a scapito della propria vita. Ad imitazione di Cristo. Una bella differenza con la chiesa di oggi.
Meno di 150 anni dopo tutto cambiò. L'Imperatore romano Costantino, adoratore del Dio Mithra, battezzatosi solo sul letto di morte, adottò il cristianesimo come religione di Stato. Ma, attenzione, non adottò il cristianesimo di Cristo. Nella primordiale dottrina cristiana inserì uno svariato numero di dottrine pagane estranee al cristianesimo primitivo; la trinità, l'immortalità dell'anima, l'inferno di fuoco, il battesimo dei bambini, il culto della dèa madre (devozione mariana), il sacerdozio salariato e molti altri, svuotando il vero cristianesimo di principi e fedeltà alla religione da cui derivava, l'ebraismo. Ogni cosa fu fatta per politica ecclesiatica. L'esempio più palese è l'inserimento della dottrina pagana della trinità. La trinità era venerata in tutto l'impero romano con nomi diversi e diverse caratteristiche degli dèi che la componevano. La religione era molto spesso causa di conflitti (come oggi), che portavano l'Impero a estenuanti guerre di riconquista delle regioni ribelli. Ecco l'idea. Costantino unificò tutte queste trinità in una sola; sfruttando una frase del Vangelo, quella della formula del battesimo, battezzò la nuova trinità in Padre, Figlio e Spirito Santo, gli affiancò un'intercettrice come Maria e così tutti i popoli furono condotti ad un unico credo, quello cattolico (che significa appunto universale). Il più grande compromesso della storia, perchè compiuto su scala mondiale. Da allora ogni decisione doveva necessariamente passare attraverso Sinodi e giudizi papali. Ma non era più cristianesimo, era politica.
Durante il dopoguerra, quando i blocchi contrapposti, est e ovest, si osteggiavano soprattutto in campagna elettorale, i preti e le suore, con velate minacce di tormenti all'inferno, "suggerivano" ai parrocchiani chi dovevano votare;"Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no". E, in effetti, in Italia ha governato per 50 anni la Democrazia Cristiana. La Chiesa Cattolica, sbugiardando Gesù, dimostrò di essere politicamente attiva, senza praticare quella neutralità proclamata dal Vangelo, perchè l'uomo va salvato, a prescindere dalle sue idee politiche.
Perchè stare separati dal mondo? La Bibbia risponde:"Tutto il mondo giace nel potere del Malvagio". Quando Satana nel deserto tentò Cristo lo fece toccando tre punti che potevano essere valide contropartite: lo spinse a mettere alla prova Dio ("Gettati dal parapetto e Lui manderà due angeli a salvarti"), con i bisogni quotidiani ("se sei il Cristo dì a queste pietre di divenire pane") e, guarda caso, col potere politico ("Ti darò in mano tutto il mondo se solo ti prostri e mi fai un atto di adorazione"). Ma cosa si legge fra le righe di quest'ultima proposta? Satana non poteva offrire a Gesù qualcosa che non era suo. Il potere politico è fatto di doppiogiochismi, tradimenti e compromessi; l'esatto contrario dei principi cristiani, il vero motivo per cui Cristo fu ucciso.
Rispondendo a Pilato che gli chiedeva se fosse un Re, Cristo disse:
"Il mio Regno non fa parte di questo mondo. Se il mio Regno facesse parte di questo mondo i miei servitori avrebbero combattuto perchè non ti fossi consegnato. Ma ora il mio Regno non è di qua".
Fate un'analisi di questa frase. Gesù stava forse dicendo che il suo Regno era in un altro posto? forse nei cieli? No. Il suo Regno non era parte di questo sistema di cose, nel quale un Re che vuole essere ucciso viene difeso con la spada dai suoi soldati, proprio ciò che Gesù ha vietato di fare perchè andava, e va, contro i principi cristiani.
"Io sono puro. Del sangue di quest'uomo ve la dovete vedere voi", disse Pilato. "Che il suo sangue ricada su di noi e sulla testa dei nostri figli", risposero gli ebrei di quel tempo. Siamo tutti figli di quegli ebrei, alla ricerca confusa di un salvatore che non abbiamo saputo riconoscere, perchè nessuno di noi mette Dio al primo posto. Prima dei propri interessi economici, prima della politica, prima degli agi e di un benessere costruito violando proprio quei principi per cuiCristo, del quale ipocritamente ci facciamo seguaci, si è fatto ammazzare.

venerdì 16 gennaio 2009

Mio fratello è figlio unico (dedicato)

Siamo sempre stati in due. Per noi era due volte Natale, due compleanni, due volte Pasqua e due Ferragosto. Forse abbiamo avuto perfino due famiglie, una a testa. Anche se, lo sappiamo benissimo entrambi, era la stessa. Abbiamo avuto la stessa vita. Diversa. Per tutti e due, diversa. GiustificaSiamo sempre stati tutti e due comunisti, perché eravamo “contro”, e chi era “contro” era comunista. Speravamo entrambi in una libertà diversa da quella americana. Credevamo che si potesse vivere liberi e felici solo se lo erano anche gli altri. Sentivamo la necessità di una morale diversa. Era la nostra forza, il nostro volo, il nostro sogno. Uno slancio, il desiderio di cambiare le cose, di cambiare la vita. Eravamo comunisti proprio perché con accanto questo slancio ciascuno di noi era come se fosse più di sé steso. Eravamo come due persone in una; da una parte la nostra personale fatica quotidiana, e dall’altra la consapevolezza di appartenere ad una razza diversa che voleva spiccare il volo per cambiare davvero la vita. No. Fino a poco tempo fa non avevo rimpianti. Forse già allora molti di noi avevano aperto le ali senza avere la capacità di volare, come dei gabbiani ipotetici.
Ma oggi?
Anche oggi ci si sente come in due. Da una parte io, l’uomo inserito che attraversa ossequiosamente quello che tu definisci “lo squallore della propria esistenza quotidiana”, e dall’altra tu, il gabbiano, senza neanche più l’intenzione del volo, perché ormai il sogno si è rattrappito.
Sei malato. Malato di quel male ingiustificabile, e per questo quasi incurabile. Perchè quello che ti porti dentro è un assassino, ed è difficile vivere con gli assassini dentro. Probabilmente è più facile vivere con gli assassini fuori, visibili, riconoscibili, che ti sparano addosso dalle strade, dalle cattedrali, dalle finestre delle caserme, dai palazzi reali, dai balconi col tricolore. Assassini che in qualche modo puoi combattere; li vedi, sai cosa fanno, e qualche volta si possono anche ammazzare. Assassini vecchi, superati, cialtroni. Che non hanno mai cambiato nessuno. Cambiato, intendo, dal di dentro. Prevedibili e schematici anche nella cattiveria, che al massimo possono toglierti la libertà, mai le tue idee.
Chissà che non sia questo il tuo problema. Le idee.
Ogni epoca ha le sue malattie. Ricordi nonna Usai? Ci parlava sempre della “spagnola”. Drammatica, violenta, ma adattissima agli umori umani del suo tempo. Abbiamo sempre detto che si poteva studiare la storia dal linguaggio delle malattie. E poi la “tisi”, “il mal sottile”, che attaccava deliziosamente un’umanità stanca, illanguidita, attaccata alle tende.
Si muore come si deve, l’epoca lo esige.
L’importante è non arrendersi alle malattie. L’importante è non invecchiare. Essere vecchi significa non trovare più quella parte eccitante fisica da interpretare, e cadere in quello stupido riposo dentro il quale si attende solo la morte. Mica l’abbiamo rubato il gusto di vivere, ci spetta di diritto.
Però oggi, forse, non basta più difenderlo come una volta, con l’urgenza degli eventi, con le lotte comuni, col “mal comune mezzo gaudio”. E’ come se sentissimo il bisogno di un “rigore”. A scanso di equivoci da reinventare ogni giorno. No, non sto parlando di un simil-poliziotto, ma piuttosto di un “guardiano di noi stessi”; la libertà di non essere liberi.
"Il mio caro Angelo" , Mariapia Volpini

mercoledì 7 gennaio 2009

I Patti Lateranensi, Monsignor Marcinkus e gli amici di Mammona

"Non si può governare la Chiesa con le Ave Maria".
Verrebbe da pensare che questa sia la frase detta da qualche personaggio anticlericale, che so, Napoleone. No, non è Napoleone. Questa frase la disse uno dei personaggi più foschi della storia recente vaticana; Monsignor Marcinkus.

Il nome di mons. Paul Casimir Marcinkus, morto ad 84 anni nella città di Sun City (in Arizona, dove da alcuni anni risiedeva e curava la parrocchia di San Clemente), resta indissolubilmente legato alla vicenda del crack del Banco Ambrosiano ed alla oscura morte del suo presidente, Roberto Calvi

Nato a Cicero, nei sobborghi di Chicago, il 15 gennaio 1922, Marcinkus studiò teologia a Roma divenendo sacerdote nel 1947. Negli anni ‘50 lavorò nella sezione inglese della Segreteria di Stato vaticana. Lì Marcinkus conobbe Giovanni Battista Montini, che nel 1963 divenne Papa col nome di Paolo VI. Sotto il pontificato di Montini la carriera di Marcinkus, sponsorizzata anche dal segretario del papa, mons. Macchi, decollò. Soprannominato "Il Gorilla" per il suo aspetto imponente e le maniere spicce, ebbe l'incarico di organizzare il servizio di guardia del corpo al papa. Nel 1969 venne nominato vescovo e presidente dello Ior, l'Istituto per le Opere di Religione, fondata da Pio XII nel 1942.

Come capo della Banca Vaticana, e di una banca che non pubblica un bilancio annuale e non dà informazioni sui propri investimenti, Marcinkus fece accordi anche con Michele Sindona, uomo d'affari siciliano con agganci nel mondo della mafia, presidente della Banca Privata, che in quegli anni comprò o fondò moltissimi tra istituti di credito e società finanziarie, spesso creati in paradisi fiscali grazie alle prerogative derivanti dalla extraterritorialità dello Ior.

Ma nel 1974, con l'accusa di bancarotta mossagli dal governo americano, Sindona cade in disgrazia. Arrestato a New York nel 1976 ed estradato in Italia nel ‘79, viene condannato per vari reati e poi, nel 1986, anche per l'omicidio di Giorgio Ambrosoli, liquidatore di una delle sue banche. Morì nel supercarcere di Voghera, avvelenato da un caffè al cianuro nel 1986.

(Nella foto; Gelli, Calvi, Sindona e Marcinkus)

Alla morte di Paolo VI (6 agosto 1978), divenne papa, col nome di Giovanni Paolo I, per soli 33 giorni, Albino Luciani, deceduto, in circostanze mai del tutto chiarite (non fu fatta l'autopsia sul corpo), nella notte tra il 28 e il 29 settembre 1978. Il collegio dei cardinali respinse tutte le richieste di procedere ad una autopsia, ma voci interne sussurrarono che l'autopsia non fu concessa... perché era stata già eseguita. In un suo libro del 1984, "In nome di Dio. La morte di papa Luciani", il giornalista inglese David Yallop ipotizza che Luciani fosse stato vittima di una congiura "di palazzo". Secondo Yallop, l'intenzione di operare un ricambio immediato ai vertici delle finanze vaticane (a partire da Marcinkus), e di allontanare gli ecclesiastici in odore di massoneria non sarebbe estranea alla morte del papa che, fu detto, venne trovato morto con in mano il libro «l'imitazione di Cristo»; si disse poi che si trattava in realtà di fogli di appunti, di un discorso da tenere ai gesuiti ed infine qualcuno ipotizzò che tra le sue mani vi fosse l'elenco delle nomine che intendeva rendere pubbliche il giorno dopo (anche su chi ritrovò effettivamente il corpo del papa vi sono diverse versioni, così come sull'ora reale della morte).

Sotto il pontificato di Giovanni Paolo II la posizione di Marcinkus divenne ancora più forte.
Essendo lo Ior una banca che non doveva rendere conto a nessuno se non al papa, in quegli anni la Banca Vaticana gestisce e raccoglie capitali enormi, spesso di incerta provenienza. Soldi che vengono utilizzati per finanziare gruppi e movimenti di opposizione ai regimi comunisti, in particolare Solidarnosc in Polonia.

Attraverso Sindona, era entrato in rapporto con Marcinkus anche Roberto Calvi, che da semplice impiegato diventa nel 1975 presidente del Banco Ambrosiano, strettamente legata allo Ior. Calvi arriva a costituire - grazie ai rapporti con il mondo malavitoso, i servizi segreti e la loggia massonica segreta P2 - con Marcinkus, Gelli (capo della loggia P2) e il finanziere Umberto Ortolani, una sorta di comitato d'affari che opera attraverso banche e consociate estere, spostando capitali, manovrando fondi neri o provenienti da operazioni o fonti illecite, ma anche esportando valuta aggirando le norme bancarie. Tra le operazioni più eclatanti del gruppo, la scalata, nel ‘76, dell'editoriale Rcs-Corriere della Sera.


Dopo la scoperta, nel 1982, della lista degli affiliati alla P2, Calvi viene arrestato per reati valutari e condannato in primo grado. In attesa del processo di appello, viene messo in libertà provvisoria e torna ai vertici del Banco Ambrosiano. Cerca, insieme al faccendiere Flavio Carboni, l'aiuto dello Ior. Ottiene da Marcinkus alcune lettere di patronage, ma non riesce ad arginare la crisi. Viene trovato impiccato il 18 giugno 1982 sotto il ponte dei Frati Neri sul Tamigi.
Secondo i calcoli fatti dall'allora ministro del Tesoro Beniamino Andreatta (la cui denuncia sulle collusioni tra Ior e finanza deviata gli costarono un lungo "purgatorio" politico), il Vaticano fu coinvolto nello scandalo per una somma di 1500 miliardi di lire. Rimborsò anni dopo solo una parte della cifre con cui Calvi si era indebitato.

In una lettera del 5 giugno 1982 pubblicata nel libro di Ferruccio Pinotti Poteri forti (Bur, 2005), Calvi scriveva a Giovanni Paolo II: "Santità, sono stato io ad addossarmi il pesante fardello degli errori nonché delle colpe commesse dagli attuali e precedenti rappresentanti dello Ior, comprese le malefatte di Sindona...; sono stato io che, su preciso incarico dei Suoi autorevoli rappresentanti, ho disposto cospicui finanziamenti in favore di molti Paesi e associazioni politico-religiose dell'Est e dell'Ovest...; sono stato io in tutto il Centro-Sudamerica che ho coordinato la creazione di numerose entità bancarie, soprattutto allo scopo di contrastare la penetrazione e l'espandersi di ideologie filomarxiste; e sono io infine che oggi vengo tradito e abbandonato...".
Nel febbraio 1987 il giudice istruttore del tribunale di Milano, Renato Bricchetti, emette un mandato di cattura contro Paul Marcinkus, Luigi Mennini e Pellegrino de Strobel, i vertici dello Ior, individuando gravi responsabilità della Banca Vaticana nel crack del Banco Ambrosiano, ma la Cassazione non convalida il provvedimento, a causa dell'art. 11 dei Patti Lateranensi, che recita: "gli enti centrali della Chiesa sono esenti da ogni ingerenza da parte dello Stato italiano".
Nel 1990 Giovanni Paolo II promulga i nuovi statuti dello Ior. Tra le figure di garanzia, quella di un prelato che garantisca l'eticità degli investimenti dello Ior. Carica che ricoprirà mons. Donato De Bonis, già braccio destro di Marcinkus. Mons. Marcinkus si ritira in una parrocchia dell'Illinois e poi presso la diocesi di Phoenix, dove è morto.

Molti, oggi chiedono l'abolizione dei Patti Lateranensi. Come abbiamo visto la Chiesa Cattolica usa quel concordato fatto con l'Italia sanguinaria e fascista di Mussolini a proprio piacimento; per far scappare all'estero delinquenti in tonaca e per prtoeggere i propri investimenti anche quando questi sono di dubbia provenienza (leggi riciclaggio del denaro sporco).

Perchè meravigliarsi se il Vaticano non recepisce più d'ufficio le Leggi dei governi italiani? In realtà non le ha mai recepite, ha sempre fatto ciò che gli conveniva al momento. Oggi, nel mondo, la Chiesa Cattolica si può definire la più Grande Amica di Mammona. Non rimane che restituirle pan per focaccia; non recepisce le nostre leggi? E noi non recepiamo le sue, che con Cristo, oramai, non hanno più niente da spartire. Abbandoniamoli alle loro inutili elucubrazioni, alle loro nostalgiche rivendicazioni lateran-fasciste. Sig Heil Benedetto! Sig Heil!

la dittatura dei soldi