martedì 7 giugno 2016

FRA QUALCHE ANNO L’ITALIA SARA’ SOLO UN RICORDO

“Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. Peggiorerà”. Così Roberto Orsi, italiano emigrato a Londra per lavorare presso la London School of Economics, prevede il prossimo futuro del Belpaese. Che la crisi ormai sia sistemica sono in pochi a non averlo capito (Renzi e Padoan). Negli ultimi 6 mesi del 2015 in Italia hanno chiuso 280 mila esercizi pubblici. I fatturati del terzo settore (commercio) sono crollati. Non si può pretendere da ragazzi di 18 anni che lavorano 4 ore al giorno per 10 euro di voucher che una volta usciti dal lavoro vadano a prendersi un aperitivo o a comprarsi un libro o un disco. Il debito pubblico ormai è insostenibile (132%) e la disoccupazione aumenta costantemente. La gente non ha soldi da spendere e il commercio ne risente. Come reagisce il governo di fronte a questa catastrofe? Come De Mita 30 anni fa; sgravi fiscali alle aziende e precariato, chiamato “tempo indeterminato” dal Premier. Nel frattempo le tasse aumentano, e le disuguaglianze anche. Sì, perché le tasse non aumentano per tutti. Molti tessono le lodi del “grande” manager Marchionne e dell’operazione Fiat-Chrysler. Ma cosa è successo davvero? E’ successo che la fusione l’ha pagata il governo americano con un mega-prestito alla famiglia Agnelli. Il governo americano? No, in realtà no. Fatta la fusione, prima Letta e poi Renzi hanno permesso alla Fiat di de localizzare in Olanda e in Inghilterra, facendogli risparmiare ben il 18% di tasse. Marchionne non ha fatto altro che prendere quei soldi e, invece che versarli all’erario italiano che ne ha così bisogno, girarli al governo americano per ripagare il debito. Così gli italiani, tramite Renzi, hanno salvato il posto di lavoro agli operai della Chrysler e fatto guadagnare un bel po’ di soldi alla famiglia Agnelli. In cambio di cosa? Non si sa. La Fiat da società industriale è diventata una holding. Nel 2001 la Fiat aveva una ventina di miliardi di euro di debiti. Oggi è in attivo. Senza tirare fuori un soldo. Ma chi ha coperto all’erario quell’ammanco del 18% di tasse non pagate dalla Fiat? Noi. Quindi, usando un facile sillogismo, la fusione della Fiat con la Chrysler l’ha pagata il popolo italiano. In Italia la produzione è dimezzata. Solo nell’era Marchionne la Fiat ha perso 21 mila occupati. Queste notizie nessuno ve le dirà mai. In Italia i giornalisti sono quello che sono e la giustizia non funziona. Negli Stati Uniti Marchionne si è preso una denuncia per aver corrotto due quotidiane pagandoli per truccare al rialzo le vendite del gruppo FCA. I sistemi in questo paese sono questi qui. La massa, il popolo, sono solo un mezzo dietro il quale nascondere un metodo per favorire amici e finanziatori. Tutto questo mentre l’Italia affonda, e come dice l’economista Roberto Orsi della London School of Economics, fra qualche anno non sarà che un’espressione geografica.