lunedì 8 settembre 2008

L'ITALIA DEI MISTERI. ANZI, DEI MISTERIUCCI.

Riguardando a distanza di tempo alcuni dei delitti misteriosi dell'Italia di qualche anno fa, viene da grattarsi la fronte. Siamo cornuti? Qualcuno ci ha fatto becchi? O siamo noi a forzare le cose spacciandoci per fessi?
Nella storia di Tangentopoli ci sono stati oltre 30 suicidi. Sono suicidi più o meno normali, atti dettati dalla paura di finire in carcere, di finire sputtanati a livello nazionale, e di finire e basta. Gli unici suicidi che puzzano di omicidi sono tre: quello di Cagliari, di Raul Gardini, e di Castellari.
Il problema, che poi fa nascere i dubbi, è che questi tre uomini erano legati dalla stessa inchiesta; la maxitangente Enimont.
Cagliari, Presidente dell'Eni, viene trovato morto nelle docce del carcere di San Vittore con un sacchetto di plastica sulla testa stretto da una specie di cappio. Morire di plastica non è certo una novità, ma scusate se io non sono mai stato capace di figurarmi questo gesto come auto dannoso. Il suicidio prevede che l'atto con il quale lo si inizia sia senza ritorno (una revolverata, una caduta da un ponte, assunzione di barbiturici, impiccagione), cioè, una volta che si è data vita al gesto tutto diventa consequenziale e auto-terminante. In poche parole; si ti spari in testa ci vuole il coraggio solo per premere il grilletto, dopo fa tutto il proiettile. Ma se ti strangoli devi continuare a stringerti la gola da solo, e questa non è un'azione così semplice, perchè puoi ripensarci, perchè morendo possono mancarti le forze e così ti salveresti, perchè potresti darti il tempo per avere dei rimorsi. Inoltre, il sacchetto sulla testa è una delle armi più usate in carcere per commettere degli omicidi silenziosi.
Dopo pochi giorni dalla dipartita di Cagliari, nella sua camera da letto viene trovato morto Raul Gardini, Presidente del gruppo Ferruzzi e della Montedison. Lui è stato più scientifico; si è sparato alla testa. Peccato che la pistola sia a quasi due metri dal suo corpo, riposta sul comodino, che non ci siano tracce di polvere da sparo sulle sue mani sul cuscino nel quale è adagiato, e che quella stessa mattina doveva essere interrogato dal PM Antonio Di Pietro.
Non passa molto tempo che anche Castellari ci lascia. Era il terzo protagonista della vicenda. Vice Capo Gabinetto ai Lavori Pubblici, faceva da collante fra il pubblico (Cagliari) e il Privato (Gardini), ossia, fra Eni e Montedison. Anche lui si spara, ma non avendo a disposizione un comodino rimette, prima di morire si suppone, la pistola dentro la cintura. In questo ultimo caso c'è un mistero nel mistero, sì perchè i polpastrelli sono maciullati in modo che le impronte digitali non si riescono a prendere. "Mangiate dagli uccelli", dicono i magistrati. Sì, dagli uccelli "deviati".
Ricostruendo la vicenda della compartecipazione Eni-Montedison (40% all'Eni, 40% alla Montedison e il 20% in Borsa) che diede vita all'Enimont, si viene a sapere che Gardini era intenzionato a strappare il resto delle azioni allo Stato per creare un unico grande polo chimico, che si sarebbe piazzato sesto o settimo nel mondo. Quando scoprì che lo Stato non avrebbe mai mollato a lui le proprie azioni, e che nell'affare si erano inserite altre "strane società", società in odore di mafia, cominciò a darsi da fare per tirarsi fuori da quella manovra finanziaria. Purtroppo non ne ebbe il tempo.
Pare che in Italia i misteri abbiano sempre gli stessi protagonisti; mafia, servizi deviati, politica. Qualche volta ce n'è un quarto: il Vaticano. E' incredibile come, indagando sulla comparsa di Manuela Orlandi, vengano fuori gli stessi nomi dei protagonisti del caso "Crak Ambrosiano"; la banda della Magliana, Marcinkus, Carboni. E' un mistero? Una novità? Sì, un mistero italiano.
Anzi, un misteriuccio.

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